Il caro bollette frena il calcio. La proposta della Serie C: «Giochiamo solo di giorno». Oggi si discute in consiglio

Il caro bollette frena il calcio. La proposta della Serie C: «Giochiamo solo di giorno». Oggi si discute in consiglio
di Giuseppe ANDRIANI
6 Minuti di Lettura
Venerdì 7 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:33

Il caro bollette sgonfia anche il pallone. La proposta non vale per Serie A e Serie B, che sembrano intoccabili per via dei diritti tv, ma già la Serie C ha quasi deciso - da vedere se e come sarà attuabile la soluzione - di giocare soltanto di giorno. In inverno, quindi, tutte le partite spalmate tra il sabato e la domenica ma solo alle 12.30 e alle 14.30. E i turni infrasettimanali? Anche.

Andare avanti è difficile per tutti e - come si suol dire - piangono anche i ricchi. Non sorprende più di tanto, quindi, l’uscita di Simona Gioè, direttore generale dell’Hellas Verona (club di Serie A) che lamenta un aumento del costo dell’energia elettrica di quasi mezzo milione di euro rispetto a qualche anno fa. E se i ricchi piangono, i poveri? Ancor peggio. È l’intero sistema che rischia il collasso e dopo la pandemia, il problema esiste. Eccome. Un club di Serie A, che non sia Juventus, Inter o Milan, arriva a spendere - quando gestisce direttamente i costi dell’energia -, arriva a spendere circa un milione di euro all’anno.

Chi si allena altrove, magari riesce a risparmiare. Ma la sostanza non cambia. E in un mondo del pallone decisamente diverso rispetto a quello di dieci anni fa, sicuramente più morigerato (al di là di qualche comprensibile eccezione), l’impatto è importante. E c’è chi pensa, quindi, di giocare di giorno. 

 Basta partite di sera, si gioca soltanto di giorno, quindi esclusivamente con la luce del sole, salvo maltempo. O quantomeno si ridurrà l’impiego dei fari, che potrebbero essere accesi magari per il deflusso degli spettatori o per gli ultimi minuti di gioco. Si tratta, per altro, di fari che devono rispettare determinati principi e che hanno consumi molto alti. Nella mattinata di oggi ci sarà il consiglio direttivo della Lega, nel quale il presidente Francesco Ghirelli porterà questa soluzione: il consiglio dovrebbe approvarla, poi per renderla operativa servirà un’assemblea con i club, ma è questione di giorni. «Sui consumi dell’energia continuiamo a lavorare, perché quella che stiamo vivendo è una crisi che sarà di lungo periodo e la conseguenza è la necessità di cambiare gli stili di vita, anche quelli del calcio - ha dichiarato il numero uno della Lega Pro -. Importante è anche il lavoro che abbiamo avviato grazie ai progetti europei». C’è da considerare, però, che questa è solo una parte del tutto. È chiaro che per un club di calcio i costi derivano anche da allenamenti, docce, lavanderia, prezzi più alti per le trasferte (come un effetto domino tra hotel e ristoranti, provati dai rincari). E la Serie C prova a tirare la cinghia, lanciando non solo una proposta quanto un allarme. Le dimensioni della crisi energetica, dei rincari, del caro bollette si riflettono anche su un mondo che negli ultimi vent’anni è stato colpito soltanto dalla pandemia. 

Il segnale

Insomma, il segnale è che per le piccole società del calcio professionistico il caro bollette è una crisi vera, che si sente. Ed è un problema serio. Tanto che appena un mese fa il primo grido d’allarme, caduto nel vuoto, fu di Gabriele Gravina, presidente della Figc: «In attesa di capire cosa succederà nelle fatture del gas, con gli aumenti del 300% sulle bollette elettriche i 15 mila campi calcistici italiani rischiano già la serrata. È una situazione - spiegò all’Ansa - che diventa insopportabile per le società più piccole che faticano a tenere aperti gli impianti dove insiste oltre il 90% dell’attività calcistica italiana. Lo sport - conclude il presidente della federcalcio - crea benessere e il calcio è la componente fondamentale di un settore che deve essere considerato al pari degli altri in un momento di così grande difficoltà. Dopo la pandemia - conclude - il rally dei prezzi generato dalla guerra in Ucraina potrebbe essere il colpo definitivo».

Il calcio minore

E figurarsi cosa vuol dire, invece, questa situazione per tutti gli altri. Al momento non vi sono comunicazioni dalla Lega Nazionale Dilettanti, che organizza in primis la D e poi i tornei regionali con i vari comitati. In Serie D, del resto, si gioca soltanto alle 14.30 (almeno in inverno) ma tutti gli altri costi diventano un’incognita per quelle piccole società che vanno avanti con molti sacrifici e spesso grazie alla generosità di un presidente appassionato di calcio. Il discorso è ancor più delicato per le società di promozione, prima e seconda categoria o per quelle del calcio femminile. Un aumento delle tariffe vuol dire rischiare seriamente di vedere il pallone sgonfiarsi sotto i propri occhi, per chi è abituato a vivere il calcio come un hobby e nulla di più. E in questo caso rientra con forza il marasma di accorgimenti che stanno prendendo i Comuni. Nei campi sportivi di provincia, talvolta, è il Comune a gestire i costi dell’energia. In altri casi, invece, è tutto sulle spalle dei club. Qualunque sia, però, la situazione non cambia il risultato finale: per qualcuno, che sia l’ente pubblico o una piccola società sportiva, ci sarà una stangata difficilmente sopportabile. E c’è già chi chiede ristori e aiuti, un po’ come per tutte le attività produttive: del resto il calcio non è altro che questo. Il caos, però, spaventa soprattutto i piccoli. E non è da escludere nemmeno una ripercussione sugli sport minori o sui centri sportivi di piccolo calibro: quelli, per intendersi, dove si gioca a calcetto. I titolari delle strutture hanno due strade: aumentare i prezzi oppure diminuire i ricavi. Sempre che il tutto sia sostenibile. Per ora regna solo la paura e se persino il Verona, in Serie A, lancia l’allarme, figurarsi cosa può succedere a Grottaglie, Novoli, Locorotondo, Sava e così via. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA