Tribunale, il Comune perde il rimborso da 2,7 milioni

Tribunale, il Comune perde il rimborso da 2,7 milioni
di Erasmo MARINAZZO
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Domenica 20 Ottobre 2019, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 10:06
Il rimborso totale delle spese di giustizia sopportate dal Comune di Lecce? Il rimborso totale invece che il contributo parziale versato dallo Stato fino al 2015, quando quelle spese sono passate a carico del ministero della Giustizia? Sarebbero entrate diverse centinaia di migliaia di euro nelle casse di Palazzo Carafa se il Consiglio di Stato avesse accolto il suo ricorso. Sarebbero entrati nelle casse innanzitutto quei quasi due milioni e 700mila euro riconosciuti dal Tar Lazio come contributo per le spese sostenute nel 2011 come sede di Corte di Appello e di Tribunale. Mai incassati e che mai saranno incassati dal Comune sia perché intanto il Consiglio di Stato ha annullato anche quella parte della sentenza del Tar e sia perché il Ministero della Giustizia ha stabilito un tetto di spesa per le spese di giustizia da versare ai Comuni con rate da estinguere in 20 anni.

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Se l'esito fosse stato favorevole il Comune avrebbe potuto dare il via alla richiesta di avere riconosciuta per lo stesso anno 2011, nonché 2012, 2013, 2014 e parte del 2015 la differenza fra le spese effettivamente sostenute ed il contributo intanto riconosciuto.
Ed invece è arrivata la doccia fredda: la sentenza dei giudici della quarta sezione del Consiglio di Stato (presidente Antonino Anastasi, estensore Roberto Caponigro) non ha accolto il ricorso basato sul principio che a supportare i costi per l'esercizio della funzione giustizia dovrebbe essere il titolare della funzione stessa. Il ministero, ossia.

Le ragioni di questo orientamento sono spiegate nella sentenza depositata nei giorni scorsi e che se fosse stata favorevole al Comune di Lecce avrebbe creato un potenziale introito in una fase storica in cui le disponibilità di cassa non sono particolarmente floride.
Il ricorso degli avvocati Pietro e Luigi Quinto si è basato sul mancato accoglimento del Tar Lazio di sollevare una questione di legittimità costituzionale delle leggi del 1941 e del 2012 che disciplinavano le spese di giustizia in capo ai Comuni. Per il principio che la giustizia è gestita a livello centrale e non periferico. A Roma e non dai Comuni. Anche perché la legge del 2014 - hanno fatto osservare i legali di Palazzo Carafa - ha cambiato tutto, disponendo che le spese fossero a totale carico dello Stato.

«La prospettazione non può essere condivisa», dice la sentenza del Consiglio di Stato che cita la legge del 2014: «Ha stabilito che, a decorrere dall'1 settembre del 2015 le spese obbligatorie necessarie per i locali ad uso uffici giudiziari sono trasferite dai comuni al ministero della Giustizia. In sostanza dal 1 settembre del 2015, le spese degli uffici giudiziari sono state trasferite al ministero della Giustizia. La novella del 2014 è espressione di discrezionalità legilslativa. In altri termini la circostanza che la legge del 2014 abbia modificato il soggetto passivo dell'eobbligazione relatiova alle spese di funzionamento degli uffici giudiziari non incide si per sé sulla legittimità costituzionale del precedente assetto normativo».

Accolto invece l'appello incidentale proposto dall'avvocatura generale dello Stato che ha annullato anche quella parte della sentenza del Tar Lazio che ha riconosciuto al Comune di Lecce il contributo di circa due milioni e 700mila euro quale contributo per le spese dell'anno 2011. Tanto perché i giudici del Tar Lazio e del Consiglio di Stato hanno dato una diversa interpretazione dei principi della spending review: «La norma di contenimento della spesa pubblica, al contrario di quanto ritenuto dal primo giudice, si riferisce non già alle spese sostenute dai comuni nel corso del 2012, ma al bilancio statale del 2012, in quanto impone di assicurare risparmi per la spesa pubblica», sottolinea l'ultima sentenza. «In termini di minori contributi ai comuni per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari - non inferiori ad euro 30 milioni per il 2012, sicché, in ragione del meccanismo di erogazione dei contributi, incide sulla determinazione dei contributi relativi alle spese sostenute nel 2011. Infine, ad abundantiam, occorre rilevare che l'Amministrazione comunale nemmeno ha provato in che modo e per quale ragione la riduzione in contestazione possa avere arrecato un effettivo vulnus alla sua autonomia finanziaria».
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