Omicidio di Eleonora e Daniele, parla il testimone oculare: «Dallo spioncino di casa vidi l'assassino avvicinarsi e dare quattro coltellate»

Omicidio di Eleonora e Daniele, parla il testimone oculare: «Dallo spioncino di casa vidi l'assassino avvicinarsi e dare quattro coltellate»
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 6 Luglio 2021, 21:33 - Ultimo aggiornamento: 7 Luglio, 09:16

Spunta un testimone oculare del massacro di via Montello. Andrea Laudisa, fotografo. Quell’Andrea abitante anche lui nello stesso palazzo al civico 9, quell’Andrea urlato da Eleonora Manta mentre la sera del 21 settembre dell’anno scorso vedeva la morte sopraffarla sotto le ferite profonde delle 38 coltellate inferte dall’omicida reoconfesso Antonio De Marco
Quell’Andrea diventato per questo il sospettato numero 1 per poche ore, fino a quando fu chiarito che Eleonora non avesse fatto il nome del killer ma avesse chiesto il suo aiuto: «Mi misi dietro lo spioncino della porta di casa per vedere cosa stesse succedendo», ha raccontato ieri mattina Andrea Laudisa nell’aula bunker nel corso del processo che contesta a De Marco, 22 anni, di Casarano, l’accusa di omicidio volontario della coppia Eleonora Manta-Daniele De Santis, 30 e 30 anni, aggravato dalla premeditazione, i futili motivi e l’efferatezza. «Vidi in controluce la silhouette una figura che si trascinava per terra. Poggiò la schiena alla ringhiera della scala, poco dopo un’altra figura si avvicinò e la colpì quattro volte». Raccontando questo particolare Laudisa ha mimato il gesto dell’avambraccio che dall’alto va verso il basso. Con il pugno chiuso. «La persona a terra ha urlato quattro volte: basta, basta, basta, basta. La mia compagna mi intimò di non uscire da casa, vidi l’assassino allontanarsi senza fretta, allora aprii la porta ed urlai: “Dove c...stai andando, sto chiamando la polizia. Pensai a quel punto di mettergli paura, poi chiusi la porta e la mia compagna chiamò il 118».

Le parole in Aula


Ha raccontato gli ultimi attimi di vita di Daniele De Santis, Andrea Laudisa. Era rientrato a casa verso le 20.35-20.40 con la compagna, cinque minuti dopo sintonizzò la televisione su un canale che trasmetteva una partita di calcio. Poi un rumore dal piano superiore, un tonfo di mobili che cadono. La compagna, incinta, credette che fosse un terremoto. Lui sostenne invece che fossero i ladri: «Dalle urla capii che stava succedendo qualcosa di molto grave. Chiudemmo le finestre e chiamammo il 113. Poi ancora urla e poi una voce femminile: “Ci stai ammazzando”. Fu la mia compagna a sentire l’implorazione “Andrea, fermati”. Sollecitammo ancora l’intervento della polizia, dopo pochi minuti le urla si spostarono nelle scale. Aprii la porta e gridai: «Che c... sta succedendo? Sto chiamando la polizia. Fu allora che mi misi a guardare dallo spioncino». 

L'altra testimonianza


La testimonianza di Andrea Laudisa si è incrociata con quella del ragazzo fermo davanti alla palazzina di via Montello, allarmato dalle urla: «Urla strazianti, per diversi minuti», ha riferito pochi minuti prima Luigi Ashnaj alla Corte d’Assise (presidente Pietro Baffa, a latere il giudice togato Francesca Mariano ed i giudici popolari), al pubblico ministero Maria Consolata Moschettini (presente anche il procuratore Leonardo Leone De Castris), agli avvocati difensori Giovanni Bellisario ed Andrea Starace, nonchè ai legali delle famiglie delle vittime, ossia Francesco Spagnolo, Stefano Miglietta, Fiorella D’Ettorre, Luca Piri, Renata Minafra, Mario Fazzini e Paoloantonio D’Amico per il Centro internazionale diritti umani (Cidu). Ashnaj vide la sagoma di Daniele distesa sulle scale. E vide De Marco scendere le scale della palazzina, attraversare il cortile e dirigersi verso via Martiri D’Otranto con in mano il coltello. Consapevole, Asnaj, che si fosse accorto della sua presenza.
«Ero libero dal lavoro quella sera, portai il cane a spasso dalle parti dove abita mia madre», il racconto del testimone che per primo chiamò le forze dell’ordine. «Sentii delle urla molto forti, urla di una ragazza. Urla strazianti, per alcuni minuti. E un tonfo di ceramica o di vetro, come se fossero caduti dei mobili. Poi si accesero le luci delle scale ed attraverso i vetri notai i piedi e le gambe di una persona distesa a terra, mentre un’altra scendeva giù. Una volta nel cortile quella persona si sarà accorta della mia presenza perché ha portato una mano dentro una tasca ed ha estratto qualcosa. Istintivamente mi sono messo a distanza di sicurezza, poi ho visto passare quel giovane con un grosso coltello in mano. Non correva, camminava a passo svelto verso via Martiri D’Otranto». Alle 3 di quella notte i carabinieri del Nucleo investigativo e del Ros mostrarono ad Ashnaj il filmato dell’impianto di video sorveglianza della casa al civico 27 di via Martiri D’Otranto. E lui confermò: sì, era quello l’assassino.
Si torna in aula il 5 ottobre e poi ancora il 2 novembre per l’esame di altri testimoni.

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