Medico condannato per lesioni ed escluso dal concorso Inps, il Tar: «L'ente valuti la gravità del reato in base al lavoro da svolgere»

Medico condannato per lesioni ed escluso dal concorso Inps, il Tar: «L'ente valuti la gravità del reato in base al lavoro da svolgere»
di Roberta GRASSI
3 Minuti di Lettura
Venerdì 27 Maggio 2022, 21:43

È stato escluso dal concorso Inps dopo aver superato le prove, perché è spuntato a suo carico un decreto penale di condanna per lesioni. Il Tar del Lazio, ha però stabilito che la circostanza non è di per sé rilevante, sebbene nel bando ci fossero preclusioni per chi aveva riportato condanne: «Non è sufficiente a impedire l’instaurazione del rapporto di impiego», ma serve una valutazione precisa della «gravità del reato» in riferimento alla «disciplina dell’Ente». 

I fatti

Nello scorso autunno un medico salentino partecipa a un concorso pubblico, per titoli ed esami, che prevedeva 189 assunzioni di professionisti di prima fascia. Supera le tre prove con voti eccellenti, ma nell’aprile del 2022, per posta elettronica certificata, arriva la batosta: escluso per «violazione dell’obbligo dichiarativo». L’Ente aveva attivato verifiche sulle autocertificazioni, ed era emerso un decreto penale di condanna di cui, il diretto interessato non sapeva nulla (per mancata notifica). 
Fatti i dovuti approfondimenti al casellario, il candidato ha effettivamente appreso di essere stato destinatario di un decreto penale di condanna per lesioni personali. La pena: 2.500 euro di multa, con la sospensione condizionale. 
Primo responso del Tar: «L’obbligo dichiarativo delle condanne penali, ancorché non passate in giudicato, non può ritenersi riferito ai decreti penali di condanna», che possono essere emessi solo in casi molto lievi. 
Poi c’è un altro punto. Il requisito richiesto dall’Inps, non era genericamente quello di non aver mai riportato una condanna penale. Ma di non aver subito verdetti «che impedissero la costituzione o la prosecuzione del lavoro con la pubblica amministrazione». E quindi per reati «contro la personalità dello Stato, contro la Pubblica amministrazione, contro la fede pubblica e il buon costume, o nel caso di interdizione dai pubblici uffici». 
Non concetti di buona condotta, insomma, in generale.

Ma solo elementi inerenti con la particolare tipologia di impiego. Una “macchiolina” sulla fedina penale, dunque, non è sufficiente a precludere la possibilità di trovare un lavoro proporzionato ai propri studi e alle aspirazioni. 

Il passo successivo


Ora l’Inps, prima di riammettere il candidato alla procedura concorsuale, dovrà fare una valutazione puntuale e dettagliata sulla tipologia di reato commesso, rispetto al quale, per altro, la persona in questione si è sempre professata estranea ai fatti. 
Una lite privata, per banalizzare, non è paragonabile a una truffa in danno dello Stato o una corruzione. E non può essere preclusiva, anche quando abbia comportato l’instaurazione di un processo penale. 
Le spese di lite sono state compensate fra le parti «in ragione della novità delle questioni trattate». 
Un verdetto, quello del Tar del Lazio, che fissa un principio importante, in rifermento a molti casi simili. Considerato che in quasi tutti i concorsi pubblici c’è la stessa “clausola”: «Non aver riportato condanne penali». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA