Lidi, l'Unione Europea mette in mora l'Italia: «No alle proroghe, fate i bandi»

Lidi, l'Unione Europea mette in mora l'Italia: «No alle proroghe, fate i bandi»
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Giovedì 3 Dicembre 2020, 16:12 - Ultimo aggiornamento: 16:38

La Commissione europea ha inviato oggi all’Italia una lettera di messa in mora relativa al rinnovo automatico delle concessioni balneari. Ci sono ora due mesi di tempo per rispondere alle argomentazioni sollevate dall’Europa. Poi, potrà passare alla seconda tappa della procedura d’infrazione, inviando un parere motivato. 

La Commissione Ue chiede all’Italia di «garantire trasparenza e parità di trattamento» nell’assegnazione delle concessioni demaniali marittime. In particolare Bruxelles ritiene che la normativa italiana in materia «sia incompatibile con il diritto dell’Ue e crei incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggi gli investimenti in un settore fondamentale per l’economia italiana e già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane».

La normativa italiana a cui la Commissione europea fa riferimento è la 145/2018, che ha disposto l’estensione delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2033. Tale legge, secondo l’Europa, sarebbe in contrasto con la direttiva Bolkestein del 2006 sulla liberalizzazione dei servizi, nonché con la sentenza della Corte di giustizia europea “Promoimpresa” del 14 luglio 2016 che aveva dichiarato illegittime le proroghe automatiche e generalizzate sulle concessioni balneari. Poi, nel 2018 il primo governo Conte aveva stabilito una nuova estensione fino al 2033, giustificandola non come una proroga automatica bensì come un “periodo transitorio” necessario ad attuare una riforma organica del settore che l’ex ministro Gian Marco Centinaio stava concordando con Bruxelles. 

Secondo quanto afferma la lettera di messa in mora, «gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali come le spiagge, siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi.

L’obiettivo è fornire a tutti i prestatori di servizi interessati – attuali e futuri – la possibilità di competere per l’accesso a tali risorse limitate, di promuovere l’innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo nel contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse. L’Italia non ha attuato la sentenza della Corte di giustizia europea e inoltre ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione».

L’Italia aveva subìto una procedura di infrazione europea già nel 2009, quando era ancora in vigore il regime di “rinnovo automatico” delle concessioni balneari ogni sei anni al medesimo soggetto. Nel 2010 la norma fu abrogata dall’ultimo governo Berlusconi portando la Commissione Ue a chiudere la procedura di infrazione, e da allora l’Italia è andata avanti con diverse proroghe (prima al 2015, poi al 2020 e infine al 2033), ma senza mai attuare la necessaria riforma complessiva sul demanio marittimo che possa conciliare il diritto europeo con le aspettative degli attuali concessionari.

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