Anna Dello Russo: «Riscopriamo il piacere della lentezza. La terra è la nostra forza»

Anna Dello Russo: «Riscopriamo il piacere della lentezza. La terra è la nostra forza»
di ROSARIO TORNESELLO
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Giovedì 21 Maggio 2020, 17:56 - Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 12:19
Cita tre volte il padre e i suoi insegnamenti, altrettante la nonna, di cui custodisce un quadro in casa e una frase nel cuore. Un paio di riflessioni le mutua da Tiziano Terzani, dal suo mondo, dalla sua visione delle cose e della vita. Infine, esalta le virtù taumaturgiche del Rosario: non parla di chi scrive, ma ringrazia il vago accento salentino dell’intervistatore per averle fatto affiorare ricordi d’infanzia (tuttavia i “mo’ è” sparsi qua e là dall’intervistata dicono, con suadente eleganza, dei suoi natali levantini più a nord, a Bari). E tutto questo per concludere che ora, nella fase 2 del liberi tutti o quasi, dopo giorni, settimane e mesi di quarantena, ora, finita la lunga attesa, la prima cosa da fare è andare a trovare la madre. Il mondo della moda non è solo sfondo e cornice: la forma spiega molto della sostanza. E lei dello stile è un’icona internazionale: quasi due milioni di follower, narrazioni che sono già leggenda (le scarpe, i vestiti, i gioielli, le feste) e una canzone scritta da lei medesima esplicativa di un’epoca: I’m the guardian of fashion. Riavvolgiamo il nastro.
Anna Dello Russo, come sta?
«Bene. Sono nel mio trullo di Cisternino da due mesi e mezzo».
Sorpresa in Puglia dal lockdown?
«Ma no. Ormai da due anni vivo tra Milano e la Valle d’Itria. Ho diviso i miei impegni: mi godo questo luogo se non ho eventi in presenza. Sono rientrata dopo le sfilate di Parigi e qui sono rimasta».
Avrebbe mai immaginato una simile esperienza?
«Assolutamente no. Come poterlo prevedere? Catastrofi ce ne sono state, ma come questa mai».
L’emergenza rimbalza dall’Est. Lei è creative editor di Vogue Japan. Nessun sentore dell’onda d’urto in arrivo?
«Il Giappone vive una situazione particolare. Per cultura non possono imporre leggi drastiche, ma solo persuadere le persone. È un altro mondo».
Fino all’ultimo speravano nelle Olimpiadi...
«Dalla Champions alla Formula Uno agli spettacoli, tutto si è fermato. Ogni singolo comparto, stop».
Per la moda, al lavoro sempre in anticipo sui tempi, un arresto alquanto brusco.
«Vero. Eppure è un settore abituato a operare in simultanea in vari angoli del pianeta, perciò sempre a contatto con gli scossoni. Le Torri gemelle, il terremoto in Giappone, la crisi del 2008... Se giri il mondo sei avvezzo alle crisi. Ma una cosa del genere, mai vista. Ci ha messi in ginocchio».
Come ne usciremo?
«La crisi porta sempre con sé, al di là dei risvolti distruttivi e devastanti, e perciò dolorosi, i germogli della ripresa, il fermento di nuove opportunità. Basta guardare in modo immediato alle implicazioni tecnologiche e agli stravolgimenti già in atto. Soprattutto per i giovani, sarà una grande occasione. Tocca a loro riscrivere il futuro. Nuovi alfabeti e linguaggi; nuovi percorsi. Noi adulti dobbiamo solo resettare tutto».
Operazione non semplicissima.
«Abbiamo affrontato una grande prova di resistenza, consapevolezza e meditazione. Da questo momento possiamo apprezzare tante cose».
Tipo?
«Non essere travolti dalla frenesia della carriera o dai tempi impazziti. Anche per questo da due anni ho rallentato i miei ritmi. Non c’era più spazio per la rigenerazione psichica e fisica. Bisogna ritrovare l’essenza delle cose, apprezzare le pause. Questo brusco stop ci può aiutare».
A rispettare la natura, sicuramente.
«La moda è preveggente: da anni parlava di ecosostenibilità, impatto sull’ambiente, riduzione dei consumi. Oggi questi argomenti divengono priorità assoluta. Le nuove generazioni sapranno esprimersi al meglio, con nuove forme espressive e tecnologie all’avanguardia. I giovani designer già lo fanno, lavorando in streaming per sfilate digitali. Sarà molto interessante vedere come tutto questo evolverà: da una parte si rallenta, dall’altra si accelera. Yin e yang, nella cultura orientale; la monge e la ponge, detto in barese. Da una parte si perde, dall’altra si guadagna».
Ci riusciremo?
«Sicuro. Le pandemie sono cicliche, come un tempo anche le guerre. Si apre una nuova era. Soffia sempre un vento di rinascita».
Intanto, però, sul turismo, nostro punto di forza, in Italia, in Puglia e in Salento, soffia un vento gelido.
«Facciamo come suggeriva Tiziano Terzani in un suo libro, “Un indovino mi disse”: non si può volare? bene, allora andiamo a piedi. Camminiamo. Godremo del territorio e del panorama da un diverso punto di vista. Ci può essere un turismo di territorio, di prossimità, che non sperimentiamo più. Sarà avvincente. Il viaggio è un percorso, un’esperienza mentale: significa trovarsi in situazioni diverse. Da un borgo all’altro tutto può cambiare, come da Milano a New York. Per trent’anni ho viaggiato in tutto il mondo; gli aeroporti sono dei limbi in cui smarrisci il senso dell’altrove: puoi essere in Europa o in Asia, sono tutti uguali. Riappropriamoci della nostra terra, delle nostre diversità».
Belle parole, ma temo non saranno sufficienti a risollevare il morale.
«Tutti ci stiamo disperando. Ma dobbiamo e possiamo trovare altre dimensioni. Da tanto tempo volevo andare a Matera, ad esempio, per rivederla ora nelle vesti di meta mondiale della cultura, o al Pulo di Molfetta. Dopo aver viaggiato per i cieli, vorrei tornare a farlo con i piedi per terra. Lentamente».
Quali saranno le nuove attrazioni?
«Riscopriamo i posti di cultura e spiritualità come Castel del Monte o la cattedrale di Troia. Il Salento, ad esempio, è pieno di risorse e bellezze straordinarie. Basta con il solito refrain, solo e soltanto spiagge. Ci omologhiamo. Diamo spazio a quei luoghi molto spesso ignorati dai cliché di un turismo massificante. Mai come in questo periodo mi piacerebbe riscoprire le chiese».
Un percorso mistico.
«Per me, di formazione cattolica, è stato importante riavvicinarmi alla religione. Siamo parti di un tutto, granelli nell’universo. Ci sentivamo invincibili, e sbagliavamo».
Le è stato di conforto?
«Ho sempre lavorato tanto su me stessa. Yoga e meditazione fanno parte della mia vita. Trovo nutrimento nelle discipline orientali, ultimamente anche nelle preghiere. Recitare un’orazione come il Rosario, condiviso sul web come le canzoni ai balconi, aiuta a tenere sotto controllo ansia, paranoie e incertezze. I meccanismi psichici possono saltare al cospetto di un nemico devastante e invisibile. Come la mente, nutrita ed elastica, anche l’anima ha bisogno di particolari attenzioni».
Siamo tutti un po’ più liberi. Cosa aspettava di fare?
«Andare a trovare mia madre, a Bari. Ha una certa età, abbiamo cercato di preservarla in tutti i modi. Dobbiamo proteggere i nostri anziani, tutti: sono un pozzo di affetto e saggezza. Secondo mio padre, la famiglia ideale ha quattro generazioni».
Che rapporto ha avuto con i suoi anziani?
«Mio padre, psichiatra, era spesso fuori per lavoro. Ho trascorso lunghi periodi dalla sua mamma, a Gallipoli. Aveva una casa nel centro storico. Lei mi ha forgiato completamente. Ipercreativa, dipingeva di notte. Quadri bellissimi sulla campagna pugliese. Ho sofferto quando quella casa è stata venduta. Per reazione ho cercato un posto altrettanto bello. Ed eccomi nel trullo di Cisternino, il mio buen retiro. Gallipoli d’estate è un luogo invivibile. Qui ho ritrovato i paesaggi che disegnava mia nonna».
Il panorama è molto cambiato. La xylella è stata un flagello epocale.
«Non disperiamo. Qui ho uno dei quadri di cui le parlavo. Uno dei tipici scorci del Salento: alberi, muri a secco. Mia nonna me lo indicava spesso: oltre quel muretto c’è la felicità, diceva. Ho capito che l’investimento è sulla terra».
Perché?
«La nostra terra è stupenda. Secondo mio padre, è la California d’Italia: clima mite, mare, collina, varietà di luoghi e risorse, una vera ricchezza. Trovo nella natura una maestra di stile e di vita insostituibile. Ti accoglie, ti insegna le cose, ti mostra l’equanimità, l’impermanenza, la transitorietà delle stagioni. Sono valori astratti che la natura ti spiega in silenzio: il passare del tempo, la pazienza, l’attesa. Gli alberi e le piante sviluppano fiori e colori meravigliosi, pian piano, senza stress. Dovremmo imparare a farlo anche noi. Qui e ora. La migliore rinascita possibile».

 
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