Biblioteca e museo: per i lavoratori un futuro di nubi

La biblioteca provinciale
La biblioteca provinciale
di Sonia GIOIA
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Giovedì 24 Marzo 2016, 10:57
BRINDISI - Lavoratori in mobilità e riforma Delrio: chi resta nella biblioteca e nel museo provinciale, quando gli operatori oggi attivi saranno destinati altrove? La domanda è destinata a restare sospesa, ma la risposta che si profila all’orizzonte è tutt’altro che rasserenante, visto che entrambi i presidi di resistenza culturale rischiano di fatto di restare contenitori vuoti. Per discutere di mobilità si è riunita ieri la seconda commissione consigliare delle assise regionali, alla presenza del sindacalista dei Cobas Bobo Aprile che ha chiesto e ottenuto audizione a nome dei lavoratori del museo Ribezzo.

«Come sempre gli interessi privati nella gestione della cosa pubblica sono prevalsi alla norma oltre che al buon senso e la Regione Puglia, dopo aver annunciato anche in sede pubblica, attraverso la voce dell’assessore Nunziante, di voler “finalmente” assumersi la propria responsabilità cominciando dai luoghi della cultura (musei, biblioteche e pinacoteche provinciali) ha di fatto dato forfait – ha tuonato Aprile a muso duro - aspettando “strategicamente” che l’organico degli stessi possa nel frattempo smembrarsi, rispondendo all’incrocio domanda-offerta di cui alla piattaforma elettronica della Funzione Pubblica per la mobilità del personale».

Conclusioni assai affini a quelle cui è giunta l’assemblea dei lavoratori della Provincia di Brindisi convocata nei giorni scorsi dalla Cgil Funzione Pubblica cui ha aderito la Uil. Numerosa e naturalmente assai sentita la partecipazione dei dipendenti sia tra i soprannumerari delle funzioni non più fondamentali per la legge Delrio (biblioteca, museo, servizi sociali, protezione civile, turismo, agricoltura, caccia, centri per l’impiego, formazione professionale, polizia provinciale) che tra quelli fondamentali (viabilità, edilizia scolastica, ecologia ed ambiente).
Dopo le istruzioni per l’uso del portale della mobilità, online dal 9 marzo, l’assemblea ha registrato che mancano circa il 50% dei posti necessari per il riassorbimento dei soprannumerari, dando fondo alle valutazioni politiche del caso, e del caos.

Se la riforma della pubblica amministrazione voluta dal governo Letta era finalizzata alla riorganizzazione degli enti per assicurare ai cittadini migliori servizi migliorando al contempo la gestione delle risorse umane ed economiche, il governo Renzi su quelle buone intenzioni ci ha messo una pietra tombale. Almeno, secondo la Cgil. Il nodo della questione restano infatti «gli sconsiderati prelievi dai bilanci ed il taglio del 50 per cento del personale delle Province che hanno decretato la morte dei servizi e come minimo la precarietà del personale che gli stessi garantivano».
Responsabilità non solo governative, seguite a ruota dalla «strumentale indifferenza e l’attendismo calcolato del governo regionale Vendola, confermata da quello successivo di Emiliano che non hanno mai avuto in agenda il problema Province».

Ce n’è anche per consiglieri regionali e Upi, Anci e segreterie sindacali regionali della funzione pubblica e compagnia cantante, accusati di «torpore, mancanza d’iniziativa politico-sindacale e silenzio assordante», al pari di «presidente della Provincia, l’inesistenza politica del consiglio provinciale, la latitanza dell’assemblea dei sindaci». In sintesi «un deserto politico, sindacale, intellettuale, umano». «I figli di Papà non andavano in Biblioteca a studiare – è la chiusa del documento firmato dalla Cgil - ci andavano quelli che grazie ai servizi comuni, gratuiti, qualificati hanno potuto realizzare un sogno destinato altrimenti a restare tale per la disponibilità economiche delle loro famiglie»
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