Aborto clandestino in casa: salvata in extremis

Aborto clandestino in casa: salvata in extremis
di Michele IURLARO
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Domenica 31 Marzo 2019, 18:45 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 08:16
Pur abortendo in maniera volontaria entro le 12 settimane, lo aveva fatto senza ricorrere a strutture sanitarie, pubbliche o private, come previsto dalla legge. Inoltre, allo scopo, avrebbe utilizzato dei farmaci acquistati in maniera fraudolenta, aprendo ad ulteriori indagini su un fenomeno particolarmente preoccupante.
A finire nei guai, una 32enne di origini nigeriane residente a San Vito dei Normanni, accusata del reato di interruzione volontaria di gravidanza, pur entro 12 settimane di gestazione, senza ricorrere, appunto, alle strutture sociosanitarie. Il tutto, in violazione dell'articolo 18 della discussa Legge 194. I fatti nei giorni scorsi, quando la donna è stata colta da un'emorragia mentre si trovava, da sola, all'interno della sua abitazione a San Vito. Costretta a chiamare il 118 e, quindi, a chiedere l'intervento dei soccorsi, la poveretta era stata poi condotta per accertamenti all'ospedale Dario Camberlingo di Francavilla Fontana. In realtà, il personale sanitario intervenuto in emergenza aveva subito capito che qualcosa, nel racconto della donna, non quadrava.
La signora, infatti, si era mostrata piuttosto reticente davanti ai paramedici, prima fornendo un anno di nascita differente da quello reale nel tentativo di dissimulare la sua identità e poi nascondendo le cause dell'emorragia in atto, evidentemente tutt'altro che casuale. Il fiuto degli operatori del 118 è stato, poi, condiviso con l'equipe medica del Camberlingo e, pure, con i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia della Città degli Imperiali che, arrivati in ospedale, hanno innanzitutto identificato la donna per poi, con i mani i risultati delle analisi e dei controlli eseguiti, avviare le indagini su quanto, realmente, fosse accaduto. Alla fine, la verità è venuta fuori. L'emorragia era stata causata dall'aborto provocato in maniera autonoma, e quindi fai da te, dalla stessa 32enne. L'interruzione di gravidanza era stata provocata dall'assunzione di alcuni farmaci specifici, chiaramente acquistati tramite canali tutt'altro che ufficiali e, quindi, senza alcun tipo di supporto medico.
Resta il dubbio su come, appunto, quei farmaci siano stati reperiti, per un fenomeno, quello del mercato nero, che continua a preoccupare ed impegnare le forze dell'ordine. Ad ogni modo, se non è in discussione il diritto di una donna ad abortire, la già citata Legge 194 setta con precisione i paletti circa l'interruzione della gravidanza e la tutela sociale della maternità. L'articolo 18 prevede che chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l'inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna.
Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l'acceleramento del parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto.
 
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