Noi di via Marcianò, vicini carissimi tra parole al balcone e cura dei gatti. In attesa della grande festa

Noi di via Marcianò, vicini carissimi tra parole al balcone e cura dei gatti. In attesa della grande festa
di Giorgia SALICANDRO
6 Minuti di Lettura
Venerdì 27 Marzo 2020, 13:17 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 15:53
Via Girolamo Marcianò è una strada tranquilla alla periferia di Lecce, nell’area della città che si protende verso la vicina Monteroni. Un ufficio postale è l’unico luogo densamente frequentato e anche l’unico riferimento condiviso per chi non abita da queste parti. Sul vicino Piazzale Rudiae, il grande spiazzo che si apre nei pressi del sottopasso, due pompe di benzina quasi adiacenti l’una all’altra, una palestra e un supermercato. Diversamente dalle stradine del centro qui la carreggiata è larga, spaziosa, attraversata su entrambi i lati da palme alte tre piani. A volersela cantare un po’, nelle giornate di sole quella prospettiva sembra quasi il boulevard di una piccola Los Angeles italiana.
 
 

Per il resto, palazzi a pochi piani, famiglie, qualche studente fuorisede che frequenta le lezioni del vicino Campus Ecotekne, un barber shop noto tra gli hypster modaioli, un forno, un fioraio e pochi altri minuscoli negozi con insegne garbate, che quasi si mimetizzano tra le case private. Buongiorno, buonasera. Come nel resto d’Italia gli scambi con il vicinato si consumano nel giro di una decina di secondi. Certo, trovandoci in una frizzante cittadina del Sud quantomeno tra gli inquilini dello stesso palazzo non ci si risparmia larghi sorrisi, e chi abita qui da tempo ne conosce anche i nomi, magari con qualcuno ha fatto pure amicizia. Per il resto, una comune, pudica cordialità.

Poi è arrivato il coronavirus e il divieto di uscire di casa, frequentare amici, andare a pranzo dai genitori la domenica e a prendere una boccata d’aria al mare. I vicini sono diventati l’unica presenza certa nelle nostre lunghe giornate appese alle trame della Rete. E allora è cominciata la piccola rivoluzione di via Marianò. La data fondativa è il 13 marzo. Da ventiquattro ore tutta Italia è asserragliata d’obbligo in casa, e si dà appuntamento alle 18 sui balconi per scacciare via i demoni dell’angoscia cantando insieme. Anche in via Marcianò si partecipa al flash mob. Il giorno dopo, e quello dopo ancora, si decide di replicare: noi ci siamo. Ma ci presentiamo anche il lunedì, quando la routine della settimana lavorativa (pure in smart working) altrove fa scemare l’iniziativa. E così martedì, mercoledì, giovedì… Adriano Celentano, Rino Gaetano e Nino Manfredi come da calendario, ma qui si canta (e si balla) anche Raffaella Carrà, e ovviamente non manca una pizzica di Antonio Castrignanò in un generale moto di orgoglio salentino. Ci si commuove intonando “Meraviglioso” sulla scia di Giuliano Sangiorgi dai tetti di Milano, e “La prima cosa bella” con cui accogliamo la nuova stagione. “Maledetta primavera” no, quella la evitiamo: nei giorni incerti della pandemia, in via Marcianò ci stringiamo piuttosto intorno alla benedizione della leggerezza.

Non sempre, comunque, ce la sentiamo di cantare. Alcuni pomeriggi ci è bastato affacciarci e scambiarci un saluto, due chiacchiere sulla conduzione della giornata nelle rispettive famiglie. Le 18 sono la nostra ora d’aria e di gioia. Un nuovo “pianerottolo” virtuale, poi, è il gruppo Facebook “I vicini di via Marcianò & dintorni”, creato ad hoc come ulteriore punto d’incontro tra i residenti. Conta appena una quindicina di membri, soprattutto tra i dirimpettai più attivi anche dal vivo, meno qualche partecipante pur affezionato ma poco avvezzo ai social. Si utilizza il gruppo per condividere simpatici quanto improbabili video in diretta, ma anche auguri di compleanno e foto dei piatti delle “quaranCene” che si fanno invidia l’un l’altro in queste serate di salotto e “comfort food”. Si ragiona sul “calendario” dei brani, e se sia il caso di cantare in questi giorni tragici. C’è chi inizia a suggerire di smettere, per rispetto ai morti, chi obietta che la musica è rimasta l’unico esercizio “laico” dell’anima in questi giorni da separati in casa. Ci si confronta con garbo, sommessamente, nessuna parola fuori posto, nessuna sbavatura: qui non ci sono leoni da tastiera perché oltre le tastiere tutti conosciamo le nostre facce, anzi semmai sono gli schermi ad aver contribuito a fissarle nella nostra mente, e ad assegnare a ognuna il proprio nome e cognome. Anche le dirette, all’inizio un must per richiamare i vicini e farci due risate, a poco a poco si diradano perché preferiamo condividere questo momento unico della giornata nella sua interezza: dal vivo, senza distrazioni.

A mano a mano si consolidano i rituali della strada. Come il pianista – il suo nome è Luca, come rivela un sondaggio informale che sul balcone non si è mai visto ma ogni giorno, puntuale, saluta il vicinato suonando “Imagine”. O il piccolo Emanuele, il dj ufficiale di via Marcianò, che richiama tutti all’ordine accendendo le casse dello stereo. Musicisti professionisti e non si mescolano senza soluzione di continuità: pianoforte, violoncello, ma anche chitarre, castagnette, gli immancabili tamburelli, chi non ha di meglio tiene il ritmo battendo un cucchiaio sulla ringhiera. Gli appuntamenti si rivelano anche un utile mezzo per fare finalmente il punto sulle innumerevoli identità dei gatti di quartiere. Due, tre, quattro nomi “affibbiati” agli stessi esemplari che passeggiano indisturbati da una casa all’altra, accolti con coccole e croccantini in quantità - per una fortunata coincidenza, la strada pullula di “gattari” per vocazione. Così veniamo a sapere che Scherzetto, il gatto striato che sbuca a tradimento ogni volta che apriamo il portone del palazzo, in realtà si chiama Codamozza – secondo i più - ma anche Codino o Scodino per via di quella coda perduta in chissà quale disavventura di strada. E che Tyson, il gattone massiccio e dallo sguardo che non perdona, per altri è “il Roscio” e addirittura Bombolino, in omaggio al lato pacioccone che riserva a pochi (ma c’è chi sostiene che il suo nome sia piuttosto “Bombolone”, data la stazza). E poi Betty anche detta Bianchina, Pezzata meglio nota come Brighella...

Si scopre poi che i vivaci uccellini che abitano le palme, nonostante non manchino di “colpire” con mirabile precisione tutte le auto parcheggiate ai loro piedi, con il loro dolce cinquettìo si sono conquistati un posto nel cuore di vari vicini - dopo i gatti naturalmente. Ma ci si confronta anche sul “cuore” di via Marcianò. Sui punti di riferimento, sui ricordi legati a questo luogo. I flirt e gli amori esplosi in questi appartamenti. I figli nati qui, che renderanno per sempre questa strada indimenticabile per i loro genitori. Strappano un sorriso alcune vivaci famiglie del rione Casermette, i cui improperi si spandono nell’aria per centinaia di metri, ma anche i litigi a tutto spiano che si consumano senza distinzione in ognuno dei nostri appartamenti, per i quali ora ci si scusa un po’ imbarazzati, un po’ divertiti.

Il gruppo fisico e virtuale, comunque, non è solo un momento d’evasione. Ci mancano le mascherine, come a tutti, e dobbiamo andare a fare la spesa. Ce lo raccontiamo in uno degli appuntamenti sul balcone. Il giorno dopo Ada ce ne fa trovare un paio cucite a mano nella buca delle lettere. E sempre dal balcone fioccano altre proposte di mutuo soccorso: una fetta di torta di mele appena sfornata, zucchero, caffè, persino carta igienica (sì, questo strano stato di necessità ha decisamente accelerato la confidenza) che ci si offre di lasciare dietro la porta, per evitare di tornare al supermercato. «Quando finisce tutto, dobbiamo fare una bella festa» ripete sempre Gabriella, nascosta alla nostra vita dalla chioma di una palma. In effetti ne abbiamo voglia un po’ tutti, e lo ribadiamo passandoci la staffetta dell’iniziativa. Chissà se sapremo davvero raccogliere i frutti di umanità seminati a mani aperte dai balconi, in questa primavera inedita per il nostro vicinato e non solo. Un giorno, speriamo, la ricorderemo anche con un piccolo sorriso. Quella stagione in cui siamo stati vicini ma lontani, lontani ma vicini.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA