Restaurata la facciata di San Domenico a Taranto

La facciata della chiesa di San Domenico
La facciata della chiesa di San Domenico
di Domenico PALMIOTTI
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Lunedì 4 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 17:14

«Un momento importante non solo per la comunità della Diocesi e dei fedeli ma per Taranto. Col recupero della facciata della chiesa di San Domenico, è tutta una storia che si rinnova e si contempla in modo più chiaro, a partire da quello splendido rosone che a buon diritto dovrebbe stare su tutti i libri d’arte». 

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La cerimonia

Inaugurando ieri sera nella città vecchia la “rinnovata” facciata di San Domenico, dopo un accorto lavoro di pulizia e di restauro durato alcuni mesi, l’arcivescovo Filippo Santoro - nel colloquio con "Quotidiano"- affida all’evento un significato più ampio. È una luce, rileva Santoro, che si accende sull’isola antica ma è anche un ulteriore invito a considerare questa parte di città un punto di ripartenza per Taranto.

L’arcivescovo, il parroco, monsignor Emanuele Ferro, la confraternita dell’Addolorata, col commissario Giancarlo Roberti, hanno scelto una serata simbolo per l’inaugurazione di San Domenico, illuminata dalle luci del Mysterium Festival, la manifestazione di arte e di musica che precede i giorni della Settimana Santa. Hanno scelto l’ultima domenica di Quaresima, con la quinta Via Crucis e i confratelli dell’Addolorata che in abito di rito e col Crocifisso hanno attraversato via Duomo, partendo da Sant’Agostino, per la meditazione delle 14 “stazioni” della Passione. 

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Verso la Settimana Santa

Da oggi Taranto sarà ancora più immersa nel clima del Giovedì e Venerdì Santo e lo fa con un luogo di pregio come San Domenico ritrovato e riscoperto. «Siamo in San Domenico - osserva Santoro - mentre si avvia quella che un tempo si chiamava Settimana di Passione. Ci prepariamo dunque alla Settimana Santa con i nostri Riti sacri che ci fanno diventare un riferimento di vita sociale e di vita cittadina. E non c’è cosa più bella di questa riscoperta di San Domenico col rosone che racchiude l’agnello immolato, fonte di vita e di speranza per ciascuno di noi. L’agnello che è la celebrazione della Pasqua». L’arcivescovo, che ha benedetto la facciata tardoromanica di San Domenico, parla di «un grande segno di fede, di speranza e di rinascita». 
«Il recupero della città vecchia - sottolinea - va avanti a partire dalle opere che la caratterizzano. Ma questo momento di ripresa deve anche portare alla rinascita di tante altre parti della città vecchia, senza naturalmente trascurare il resto di Taranto che necessita di cure e attenzioni. Torno a chiedere un grande investimento sulla città vecchia dal punto di vista culturale, educativo e sociale e non solo con le opere e i cantieri - afferma l’arcivescovo -. La città vecchia sia centro di vita e di cultura e non nascondiglio di droga o di altre attività illecite». 
«Il grande investimento sulla città vecchia - spiega Santoro - la Chiesa lo ha già messo in campo perché non si è agito solo su San Domenico, una eccellenza dal punto di vista artistico. C’è anche il recupero di San Giuseppe dal quale verrà fuori una chiesa ed un insieme, fatto dal campetto dei ragazzi e un salone per incontri, dibattiti e cineforum. Eppoi il restauro dei Santi Medici e di San Gaetano. Realmente - afferma l’arcivescovo - un investimento forte è stato fatto ed è un segnale che si può ricostruire la città. La vita può riprendere guidata dall’amore per bellezza della cultura che fa rinascere il contesto sociale». 

I lavori di restauro


I lavori a San Domenico hanno visto all’opera un team formato dall’impresa Icoser di Francesco Chirico, dalla restauratrice Isabella Piccolo, dagli ingegneri Stefano Tomassi, Gianfranco Tonti, Giorgio Tonti e Carmelo Lippo, dall’architetto Leda Ragusa e dal commercialista Francesco Falcone. La Soprintendenza ha vigilato sul tutto e un rilievo in tecnologia laserscanner, effettuato da Geostudio, ha infine documentato quanto fatto. La stessa Piccolo ha spiegato che per San Domenico «ai classici fattori di degrado che si riscontrano abitualmente sulle facciate, si è aggiunto anche quello derivante dall’inquinamento atmosferico, contrassegnato dai depositi ferrosi che caratterizzano cromaticamente tutta la città». 
«Era triste riscontrare questo primo strato di depositi e un po’ scioccante vedere che già dopo il primo lavaggio, la superficie cominciava a prendere un colore differente - ha spiegato la restauratrice -. La condizione della pietra, a inizio dei lavori, ci ha anche sorpreso. La pietra si è presentata non completamente nuda ma protetta da vari strati di bianco di calce che si usava dare per proteggerla. E l’ha effettivamente protetta, perché l’inquinamento e i depositi neri che si sono formati, hanno trovato questi strati. Laddove la pietra era scoperta, priva degli strati manutentivi di calce, la crosta nera si è invece adesa». «Gli effetti si possono vedere - ha detto la restauratrice - nella scalinata barocca. Porzioni della balaustra sono consumate per il degrado mentre il rosone e il protiro sono stati protetti dagli strati di bianco di calce». 

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