Lecce, in ascensore sul campanile: per i turisti una nuova attrazione

Lecce, in ascensore sul campanile: per i turisti una nuova attrazione
di Vincenzo MARUCCIO
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Sabato 2 Aprile 2022, 07:32 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 12:26

Cinquanta secondi per salire fino in cima. Una gabbia di vetro e acciaio in un cuore di pietra leccese. Si apre la porta dell'ascensore, spunta la balaustra barocca, la balconata del campanile si affaccia sul cielo azzurro. Senso di vertigine, come è normale che sia. Metà paura e metà stupore. Quarantatré metri di altezza dalla piazza a Lecce: è lì che, oltre le campane, si fermeranno i turisti. Sessantadue metri fino all'ultimo piano: fin quassù era concesso salire solo ad arcivescovi e maestranze. Giù - in basso, molto in basso - c'è la città mai vista dall'alto: tetti, terrazze, cupole, guglie, macchie di verde, qualche albero qua e là, le stradine-labirinto del centro storico, le persone piccole come formiche, i viali in lontananza, i palazzi che si perdono nelle periferie, la macchia blu dell'Adriatico che s'intravede all'orizzonte. Mozzafiato. E questa volta non è un modo di dire.

 

La vista mozzafiato

La balconata ha quattro lati: centomila abitanti racchiusi in un lungo sguardo a 360 gradi. Nord, sud, ovest, est. Fra qualche settimana qui ci saranno leccesi, salentini, pugliesi e, poi, i turisti che non vedono l'ora di vedere che effetto fa: americani, francesi, inglesi, gruppi organizzati pronti per prenotare. Serve ancora un po' di tempo per terminare l'opera: la pavimentazione originale da ripristinare al pianterreno, le rifiniture sulle terrazze dei livelli inferiori, il vetro di protezione da tirare a lucido, gli ultimi dettagli per questo marchingegno di alta tecnologia ben piantato nel sottosuolo e installato dagli operai della ditta Marullo.

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Quasi un milione e 200mila euro (dopo piccole modifiche in corso d'opera e l'aggiornamento per il caro materiali) e solo in piccolissima parte con aiuti pubblici.

Un miracolo se la parola non suonasse stonata qui, nel cuore del cattolicesimo della città-chiesa seicentesca: gli incassi dei biglietti dei visitatori di Leccecclesiae reinvestiti nel cantiere. Operazione autosostenibile, come si dice in questi casi. E che continuerà ad esserlo nel futuro prossimo: ci sarà un biglietto per salire fino in cima e con il ricavato si farà manutenzione, divulgazione, valorizzazione, promozione.

L'ideatore del progetto

Paolo Babbo è l'ideatore di questo che, fino a qualche mese fa, sembrava un azzardo. «Sarà il secondo campanile scalabile in ascensore, in Italia c'è solo San Marco. Non ci sono altri esempi. Solo Lecce e Venezia, su altri campanili si sale solo a piedi»: una bella differenza e l'orgoglio è palpabile. «Un'opera possibile grazie alla lungimiranza dell'arcivescovo Michele Seccia e alla disponibilità di monsignor Flavio Pascali parroco della Cattedrale».
Babbo guida la cooperativa ArtWork che già gestisce i tour guidati delle chiese barocche con il ticket unico: una trentina di stipendi ogni mese senza aiuti pubblici, un corso di alta formazione appena terminato e la visita in ascensore che sarà presto il fiore all'occhiello della città d'arte. Un must. Tappa obbligata per i turisti.
«La consegna dei lavori dell'ascensore è fissata per venerdì 15, antivigilia di Pasqua, ma per aprire serve qualche settimana in più. Meglio fare le cose per bene». Forse il Ponte del Primo maggio, forse poco prima dell'estate.
Babbo è il cicerone che illustra, mostra i particolari e annuncia sorprese. Una, in particolare, molto suggestiva: tre schermi touch screen agli angoli della balconata. Ben oltre i soliti pannelli a cui siamo abituati. «Sarà come una grande mappa per individuare i principali monumenti della città - dice Babbo - e l'idea, utilizzando il QrCode, è quella di attivare le rispettive foto di ingrandimento. Il turista inquadrerà la posizione di Santa Croce e si aprirà l'immagine della facciata e del rosone. Ma non fatemi dire di più».
Tira vento quassù, ma è bello sentirlo sul punto più alto di Lecce. Così lo immaginò Giuseppe Zimbalo, l'architetto che terminò di costruirlo nel 1682 per un'altezza complessiva di 72 metri fino alla guglia: la vetta della città che poteva vedersi da tutto il Salento. E da quattro secoli chi può lascia la firma incisa sul muro dell'ultimo piano: prelati, parroci, nobili, operai privilegiati addetti alle riparazioni. Nomi e cognomi, sconosciuti per lo più, illustri in alcuni casi.

La magia

Una fortuna vederla da quassù la città quando ancora non c'erano aerei, immagini televisive, droni. Lo stesso stupore all'alba del terzo millennio armati di telefonini e pronti per i selfie. Solo che questa volta non è come sulla Torre Eiffel o sull'Empire State Building. Qui è un po' come ritrovare se stessi. Lo sguardo torna giù e ciascuno cerca il luogo preferito nel dedalo apparentemente inestricabile: la piazzetta più amata, la propria casa, il condominio dei genitori, il parco dove si andava a giocare, il palazzone delle scuole superiori, la strada dello shopping, la via tortuosa del ristorante preferito, le colline verso Galugnano, la striscia del mare in direzione Albania.
Gioco, magia, gara a chi fa prima, quasi una caccia al tesoro dei luoghi finora visti sempre ad altezza uomo. Conta il senso di orientamento, l'abitudine con i punti cardinali, una piccola dose di coraggio a sporgersi un po' di più. Giù c'è piazza Duomo dove i turisti sono piccolissimi e distinguerli è impossibile: quasi un abisso, ma ormai il cor più non si spaura. Il sole si fa largo, filtra tra le nuvole e una nuova luce inonda la città. A un passo dal cielo.

(Foto e immagini video di Claudio Longo)
 

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