Impennata dei costi per la produzione di cozze di Taranto: è protesta

Cozze in mar Piccolo
Cozze in mar Piccolo
di Nicola SAMMALI
3 Minuti di Lettura
Lunedì 28 Febbraio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:20

Il significativo aumento del canone per i titolari di concessioni demaniali marittime (legge 126 del 13 ottobre 2020) rappresenta un grave danno per la produzione locale della cozza di Taranto

Lo sostengono gli operatori del settore della mitilicoltura tarantina, che questa mattina (dalle 9.30) saranno davanti alla Prefettura per un sit-in di protesta finalizzato a portare all’attenzione delle istituzioni la difficile situazione che grava sulle loro spalle. Confcommercio e Unicoop Taranto chiederanno un incontro al prefetto Demetrio Martino, per sottoporre alcune proposte che aiutino il comparto a non sprofondare.

I rincari

Da gennaio 2021 il canone è passato «da poco meno di 400 euro a circa 3.500 euro» (+775 per cento), ma non è questo l’unico peso sostenuto a livello economico, perché in aggiunta ci sono i rincari dell’energia e del gasolio che impattano sull’attività. L’ordinanza della giunta regionale del settembre 2018 (“Misure sanitarie straordinarie di controllo del rischio diossina e Pcb nelle produzioni di mitili di Taranto), ordina che entro il 28 febbraio di ogni anno sia effettuata la movimentazione del novellame dal primo seno del Mar Piccolo nel secondo seno o in alternativa in Mar Grande. 
Quindi, con questi costi, le operazioni per l’acquisizione e l’allestimento di nuovi specchi acquei incidono in maniera determinante sulla competitività delle imprese sul mercato dei mitili. «Siamo penalizzati rispetto ad altre marinerie», ha confermato il presidente dei mitilicoltori di Confcommercio Taranto, Luciano Carriero.

Le richieste

Le richieste al prefetto Martino sono chiare: la riduzione del canone del 50 per cento (su cui dovrebbe intervenire la Regione Puglia per effetto dell’ordinanza che obbliga il trasferimento del prodotto); nuovo regolamento sul rilascio delle concessioni demaniali («vogliamo chiarezza sull’iter amministrativo del rilascio delle concessioni - in essere - ampliamenti - nuove concessioni - adeguamento alla maglia produttiva che è di 20mila metri quadri -, che va messo nero su bianco col Demanio»); legalità («più controlli, perché l’illegalità ci penalizza»); argine al fenomeno delle importazioni del prodotto dall’estero (che viene immerso nel mare di Taranto), «perché sulle concessioni deve esserci scritto chi deve fare cosa: se il permesso è per il prodotto autoctono, non posso immergere il prodotto che arriva da altre zone». 
Per il rilancio del settore della mitilicoltura a Taranto (si sta attivando un percorso di promozione e riconoscimento in sinergia con Slow Food e altri enti accreditati nel settore dell’enogastronomia tipica) un aspetto fondamentale è quello delle «bonifiche» del Mar Piccolo, ferme da un anno e mezzo (occorrono misure ad hoc per favorire la produzione della cozza).

Il tema è centrale per il futuro della mitilicoltura a Taranto (una parentesi aperta quasi dieci anni fa), per un comparto già mortificato e a rischio collasso. 

Il prossimo incontro 


Legacoop agroalimentare, Unci pesca, Agci pesca, Agripesca, Cgil, Cisl e Uil incontreranno invece il 9 marzo il commissario prefettizio del Comune di Taranto Vincenzo Cardellicchio, per proseguire il percorso cominciato a luglio 2021 e puntare ad alternative e agevolazioni (sottoscritte in un documento). Mancano però le risposte attese ormai da tempo. Entro oggi devono essere completate le operazioni di trasferimento del novellame dal primo seno (dalla parte ancora utilizzabile per la captazione del seme) al secondo seno del Mar Piccolo o in Mar Grande, a seconda della concessione. I costi per i mitilicoltori tarantini lievitano in maniera esponenziale rispetto ad altre realtà, con un problema di concorrenza sbilanciata. Un altro aspetto che potrebbe incidere pesantemente è quello legato al clima: un aumento repentino della temperatura potrebbe significare una enorme riduzione della produzione di cozze, come accaduto l’anno scorso. In queste condizioni diventa impossibile programmare, e c’è spazio solo per l’incertezza. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA