Una calza in agave per coltivare la cozza tarantina: sperimentazione in corso del Cnr

La calza di agave utilizzata per le cozze
La calza di agave utilizzata per le cozze
di Anna Emanuela VINCENTI
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Sabato 15 Gennaio 2022, 09:45 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 13:44

L'Istituto di ricerca sulle acque del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) di Taranto ha avviato una sperimentazione sull'uso di fibre naturali dell'agave per la realizzazione delle retine che contengono i mitili, che potrebbe portare all'eliminazione completa della plastica. Un progetto che era stato annunciato nei mesi scorsi e che ora entra nella sua fase attuativa.

ll progetto


Passeggiando su litorali e spiagge tra i vari rifiuti che il mare porta in superficie, molte sono le retine in propilene usate per l'allevamento delle cozze. La speranza per un futuro plastic free arriva ora dall'agave sisalana, la pianta grassa che fa parte della famiglia delle Agavaceae, originarie dell'America centrale, ma molto diffuse anche nell'Europa Mediterranea. La fibra estratta dall'agave sisalana, è estremamente resistente, biodegradabile ed è molto diffusa per la produzione di corde, spaghi e complementi d'arredo.
Proprio per la sua resistenza è stata utilizzata dai ricercatori del Cnr dell'Istituto ricerca sulle acque di Taranto per una sperimentazione avviata durante il primo lockdown. Il team composto da Ester Cecere, Antonella Petrocelli e Giuseppe Portacci aveva già avviato la sperimentazione sulla canapa, risultata inefficace, perché si sfalda dopo circa quaranta giorni in mare.


Durante il periodo più duro della pandemia, il tecnico biologo Giuseppe Portacci ha testato la validità della sisal costruendo una retina con questa fibra. Sono stati eseguiti due cicli produttivi con le retine in agave sisalana (sisal è il suo nome commerciale), realizzate in laboratorio, sul modello delle calze in propilene.
Durante le fasi in mare è stata testata la resistenza dell'agave, la sua permanenza in acqua, la trazione causata dall'aumento di taglia dei mitili e i risultati sono confortanti, paragonabili all'accrescimento dei mitili in reti in propilene. Risultati incoraggianti e più che soddisfacenti negli indici biometrici del peso del mollusco indipendentemente dalla conchiglia, della larghezza e della lunghezza, ed anche in rapporto tra la polpa edule sono leggermente migliori.

I ricercatori


«Gli esiti positivi di questi primi test, avvenuti durante la pandemia, in un periodo di restrizioni e quindi anche complicati da seguire ha spiegato Ester Cecere - ci incoraggiano a proseguire nella sperimentazione, la rete sisal in acqua si comprime, non c'è perdita di prodotto e facilita l'attecchimento.

Il nostro scopo era quello di trovare un innesto in propilene perché negli anni '70 le cime erano di fibre vegetali di sparto. Ritornare a queste fibre era un'operazione complicata e non più replicabile a tutti i produttori, ma solo ad alcuni esperti e con una perdita di una grande quantità di prodotto. Per noi era importante trovare una fibra vegetale per realizzare delle calze tubolari, che ci consentissero di utilizzare la stessa tecnica di innesto utilizzata con la retina in plastica per non arrecare danno alla mitilicoltura».


La rete in agave resiste per tutto il ciclo dell'innesto, sei mesi, e non c'è perdita di prodotto, si utilizza con la stessa facilità di quella in plastica e l'insediamento dei mitili è veloce e allo stesso tempo le performances di accrescimento potrebbero anche essere superiori.
«La sperimentazione racconta Cecere - è stata realizzata in laboratorio, ma abbiamo fatto delle ricerche per capire se le aziende possono realizzare delle retine uguali a quelle in propilene: ci sono, ma il prototipo realizzato non è stato ancora testato. Intendiamo rifare il ciclo completo usando anche le cime in sisal, per la captazione del seme, insemestarli e innestarli nelle calze. Realizzando tutta la filiera per l'allevamento dei mitili con la calza in agave. Miriamo a sostituire completamente la plastica, anche quella delle cime trasversali a cui sono sospese le retine. Sarebbe bello realizzare nel territorio tarantino l'intera filiera, partendo dalla coltivazione dell'agave, riuscendo a creare le fibre e poi anche la trasformazione in loco delle calze ed eventualmente riutilizzarle per altri prodotti. Creando anche un circolo virtuoso dell'economia circolare dove non si butta niente e viene tutto riutilizzato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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