"Ambiente svenduto", parte il giudizio d'appello: ad aprile prima udienza

Due anni fa la sentenza della Corte d'Assise con 26 condanne per tre secoli di reclusione

"Ambiente svenduto", parte il giudizio d'appello: ad aprile prima udienza
"Ambiente svenduto", parte il giudizio d'appello: ad aprile prima udienza
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Giovedì 14 Dicembre 2023, 07:07 - Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre, 13:21

Prenderà il via il prossimo 19 aprile il secondo grado di giudizio del processone nato dall'inchiesta "Ambiente svenduto". Il presidente della Corte di Assise d'Appello Antonio Del Coco, infatti, ha fissato la prima udienza del secondo grado di giudizio del procedimento con al centro il disastro ambientale di Taranto e sotto processo i volti della grande industria siderurgica.

Si comincia alle 10 del 19 aprile del prossimo anno nell'aula bunker della vecchia sede della Corte d'appello. Riflettori su 39 imputati e tre società, dopo la valanga di condanne che ha chiuso il primo grado di giudizio. Nella prossima primavera, quindi, si riaccenderanno i riflettori sul disastroso inquinamento ambientale contestato agli ex proprietari dello stabilimento Ilva.

Il processo

Un processo caratterizzato da numeri record. Basti pensare che per racchiudere gli atti del dibattimento, che in primo grado si è snodato per circa 330 udienze, sono stati necessari quasi 500 faldoni. Una mole imponente di documenti che, nelle scorse settimane, è stata trasferita nella sede della Corte d'Appello, nel quartiere Paolo VI. Numeri impressionanti che da sempre hanno fatto da contorno all'indagine prima e al processo successivamente. E non ha fatto eccezione, in questo senso, ovviamente, il decreto di citazione in Appello firmato dal presidente Del Coco. Un atto di 43 pagine in cui, oltre al lungo elenco di imputati, è presente quello lunghissimo delle parti civili e dei componenti dell'ampio collegio di difesa.
Si torna in aula, quindi, nuovamente con i fari puntati sui veleni industriali sversati su Taranto.

Si parte dal verdetto con il quale in primo grado la Corte d'Assise, presieduta dal giudice Stefania D'Errico, a latere il giudice Fulvia Misserini, inflisse condanne durissime a industriali e dirigenti della grande industria riconosciuti responsabili del grave inquinamento della città. Il processo di primo grado, come si ricorderà, si concluse con la lettura del dispositivo, di ben 83 pagine, a fine maggio di due anni fa.

Per la lettura di quel verdetto e delle ventisei condanne decretate dalla Corte per un totale di quasi tre secoli di carcere, furono necessarie oltre due ore. Una fatica di non poco conto che, ad un certo punto, costrinse la presidente D'Errico, a passare il testimone nella lettura al giudice Misserini.
Tra le condanne che rimbombarono quel giorno nell'aula Magna della scuola della Marina Militare di San Vito, spiccano quelle a ventidue anni di reclusione per Fabio Riva, a venti anni per il fratello Nicola, e a ventuno anni per Luigi Capogrosso, l'ex direttore della grande fabbrica dell'acciaio accomodata a poche centinaia di metri dal rione Tamburi. Condanna a ventuno anni di reclusione, inoltre, anche per Girolamo Archinà, l'ex responsabile dei rapporti istituzionali del gruppo, ritenuto dagli inquirenti una sorta di eminenza grigia degli ex proprietari della fabbrica e regista dei rapporti intessuti con la politica e non solo.

Sotto i fendenti durissimi di quella sentenza di oltre due anni fa, infatti, non sono caduti solo i vertici del più importante gruppo industriale italiano e proprietario, proprio a Taranto, del più grande polo siderurgico d'Europa. Ma anche un volto simbolo della politica e della sinistra italiana, come quello di Nichi Vendola, l'ex presidente della Regione condannato a tre anni e mezzo di reclusione per concussione aggravata. L'ex Governatore, come l'ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido, condannato a tre anni, e gli altri politici inseriti tra gli imputati, è stato condannato in primo grado con l'accusa di aver prestato il fianco a quella grande industria gestita con modalità "criminali", come sostenne durante la sua requisitoria il pm Mariano Buccoliero. Una contestazione grave condivisa, in primo grado, dalla Corte d'Assise come dimostrano le pesanti condanne. Adesso il processone ad aprile riprenderà nell'aula bunker di Paolo VI. Proprio uno dei rioni costretto a vivere gomito a gomito con le ciminiere, le acciaierie e le cokerie spuntate negli anni 60 come simboli di sviluppo e gradualmente diventate l'immagine della sofferenza di una comunità.

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