Sei chili di droga, tra eroina e cocaina. E duecento dosi di bianca già pronte per essere piazzate. Ma anche un arsenale di 11 pistole. Due delle quali sporche di sangue. Continua a riservare sorprese il sotterraneo delle case parcheggio del rione Tamburi in cui, l'altra sera, è stato giustiziato il 39enne Graziano Rotondo. Un delitto efferato per il quale la squadra Mobile di Taranto ha fermato i tarantini Vincenzo Balzo, 40enne conosciuto con il soprannome di sceriffo, e suo cognato Carmelo Nigro.
In quel cunicolo sotto la palazzina di via Machiavelli in cui abitano i due indagati, infatti, dopo il loro fermo sono continuati i controlli dei poliziotti. Nel dedalo di fanghiglia, tubature e fosse, è stato scovato, infatti, un vero e proprio deposito della droga e un arsenale di tutto rispetto. Pistole e stupefacenti che, secondo la Polizia, appartengono al gruppo che farebbe capo a sceriffo. «Il Balzo - ha spiegato ieri il capo della Squadra Mobile di Taranto Fulvio Manco - era già ai domiciliari ed è una vecchia conoscenza delle forze dell'ordine. In passato era già stato arrestato per reati in materia di stupefacenti. Da tempo - ha aggiunto - era considerato al vertice di quella piazza di spaccio delle case parcheggio». E a spiegare la portata del traffico di stupefacenti che viene contestato al gruppo di Balzo ci sono quegli oltre sei chili di droga rinvenuti nelle tubature in disuso e nelle nicchie controllate palmo a palmo, anche sotto la luce delle fotoelettriche, dagli agenti. Nel dettaglio sono stati sequestrati due chili e mezzo di eroina, tre chili e mezzo di cocaina in pietre, e duecento dosi della stessa sostanza.
Le undici pistole, alcune delle quali erano custodite nelle casseforti chiuse a chiave e cementate nel terreno e nelle pareti dello scantinato, danno anche la dimensione della pericolosità e del sodalizio.
Gli investigatori sono convinti di avere indizi solidi contro di loro. A cominciare dal fatto che la vittima è stata assassinata nello scantinato ritenuto in uso a Balzo, anche perché i due cognati abitano proprio al piano di sopra. In quelle abitazioni sono stati fermati dai poliziotti piombati in via Machiavelli dopo l'allarme lanciato dal fratello della vittima. I due indagati avevano appena fatto la doccia e ora si cercano gli abiti che indossavano, presumibilmente sporchi di sangue e di fango. Sospette, inoltre, sono ritenute le vistose ferite sulla fronte di Nigro. L'uomo ha sostenuto di essersi fatto male mentre era al lavoro. Per gli investigatori gli ematomi, invece, sarebbero il risultato dell'estremo tentativo di difesa della vittima.
Ieri sera, infine, il prefetto Demetrio Martino si è complimentato con il questore Giuseppe Bellassai e i poliziotti per la rapidità con la quale si è risposto al gravissimo fatto di sangue. «Questo ulteriore successo della Polizia - ha detto il prefetto - premia la costante attività sul territorio, rinsaldando e accrescendo la fiducia dei cittadini verso lo Stato».