Sud fra sprechi e ritardi: per l'Europa resta poco competitivo. I dati di Ance

Federica Brancaccio, Raffaele Fitto, Valentino Nicolì ed Ettore Caroppo
Federica Brancaccio, Raffaele Fitto, Valentino Nicolì ed Ettore Caroppo
di Pierpaolo SPADA
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Domenica 29 Gennaio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 05:22

Profondo rosso, sotto ogni profllo. Il Sud si allontana dagli standard di benessere nazionali ed europei, collocando la più competitiva delle sue regioni ben al di sotto dell’ultima delle regioni polacche, che continuano a crescere a ritmo doppio. Lo dicono i numeri. Lo dicono le proiezioni elaborate dal centro Studi di Ance, esposte all’Apollo di Lecce dal direttore Flavio Monosilio, prima che il presidente provinciale dei costruttori, Valentino Nicolì, e soprattutto la presidente nazionale, Federica Brancaccio, avanzassero le proprie richieste e i propri suggerimenti al ministro Raffaele Fitto, per ottenere più coinvolgimento nell’annunciata rivisitazione del Pnrr e dunque realizzare gli investimenti necessari alla crescita del Sud. 

I dati e l'analisi

Ance ha proposto uno screening del Mezzogiorno, che ha recuperato i livelli pre-Covid come il Centro-Nord, sia in termini produttivi che di investimenti nelle costruzioni. Ma è sul lungo periodo che la performance meridionale esprime tutti i suoi deficit, cominciando dal Pil, che negli ultimi vent’anni si è ridotto, contrariamente a quanto accaduto in ampie porzioni del resto d’Europa. «Il Pnrr è davvero l’occasione, forse l’ultima, per valorizzare tutto ciò che il Sud può dare al Paese. Ma dobbiamo affrontare il grande gap che ci separa dal resto del Paese. La domanda - ha spiegato la presidente Brancaccio - è quindi come il Sud farà a garantirsi le cospicue risorse che gli spettano, anche alla luce delle tante competenze di cui necessitiamo e che stiamo perdendo con la migrazione verso Nord. Dobbiamo garantire una prospettiva di lavoro a lungo termine, non fino al 2026. Dal 2008 al 2020 è stato un disastro. Ma adesso dobbiamo rimboccarci le maniche, dobbiamo rispondere e contribuire a creare le condizioni per fare il salto di qualità. Il tema sono dunque le regole per realizzare il Pnrr, investire i fondi di Coesione e ridurre il divario che oggi penalizza il Sud».
E divario è sinonimo di mancanza di infrastrutture. Quella ferroviaria non consente omogenea velocità nei collegamenti. Monosillo ha illustrato il distacco che in tal senso esiste tra Mezzogiorno (fascia adriatica) e Centro Nord (fascia tirrenica). Nicolì ha posto sul tema il suo accento più pesante: «A causa dei problemi di collegamento le nostre imprese sopportano maggiori costi di trasporto. Solo la Campania è interessata al Sud dall’Alta velocità. Le tratte regionali sono state abbandonate al loro destino. La mobilità ferroviaria è diventata un incubo per i pendolari del territorio e pertanto è giornalmente disincentivata. La politica nazionale ha privato il Sud di investimenti, anche per i collegamenti aerei». E che dire delle forniture? «Nel Mezzogiorno - ha spiegato il direttore del Centro studi Ance - è sprecata più della metà (52,3%) dell’acqua, contro una media nazionale del 43,7% (Arera, 2020). Un milione e mezzo di famiglie meridionali subiscono interruzioni della fornitura idrica (Istat, 2020).
È in questo contesto che assume rilevanza il Pnrr, con i suoi 222 miliardi di euro, di cui 108 destinati alle costruzioni, con una quota del 42% (45 miliardi) rivolta al Mezzogiorno, dove, l’apertura di 108mila cantieri per 20 miliardi di euro grazie ha già ben reso l’idea delle potenzialità di determinati investimenti.

L'andamento della spesa

Per ora, in tema di Pnrr, Ance rileva l’andamento lento della spesa. Fin qui sono stati spesi 20,5 miliardi contro i 33,7 previsti ad aprile. E nel 2023 sono attesi maggiori investimenti per 26 miliardi. Sfida ambiziosa, per la cui riuscita serve disponibilità di manodopera, al momento ancora scarsa: al 2025 occorreranno 64.400 persone, di cui 53.800 operai e 10.600 impiegati. Ma c’è anche il fattore inflazione a ostacolare l’attuazione del Piano. Il prezzo di materie prime ed energia volato alle stelle: +37,2% per l’acciaio, +34,3 per il bitume, +142,5 per l’energia elettrica e +179,7 % per il gas. I costi delle opere sono, dunque, raddoppiati. Ragion per cui Rfi, prima di Anas, ha dovuto sospendere i bandi programmati nel 2022 spostando nell’ultimo mese dell’anno - in concomitanza con l’assegnazione fondi contro caro materiali - gare per quasi 6 miliardi di euro. Ecco le difficoltà connesse al Pnrr. Quelle legate ai Fondi strutturali insegnano: la media della spesa del Sud è del 63% al 31 ottobre 2022. A parte Puglia, Basilicata e Sardegna, tutte le regioni del Mezzogiorno sono in coda alla classifica, come lo sono - insieme alle prime - anche per capacità amministrativa, «depotenziata da anni di blocco del turn over». Secondo i dati della Banca d’Italia proposti da Ance, il numero dei dipendenti pubblici negli ultimi vent’anni è crollato soprattutto al Sud (-30%), con un’età media nel 2019 pari a 55 anni e un terzo degli addetti che ne ha più di 60. Ance evidenzia poi la difficoltà dei Comuni del Sud di investire le risorse del Pnrr. Inevitabili dubbi sorgono, dunque, anche con riferimento alla nuova programmazione dei Fondi strutturali 2021-2027: 148,8 miliardi, dei quali ben 107 riservati al Sud. La presidente Brancaccio ne è certa: «Abbiamo la capacità e la volontà per farcela».

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