Pnrr e grandi opere, tempi ridotti. Allarme sindacati: «Serve personale qualificato al Sud»

Pnrr e grandi opere, tempi ridotti. Allarme sindacati: «Serve personale qualificato al Sud»
di Alessio PIGNATELLI
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Lunedì 30 Gennaio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:50

Tempi stretti, opere a rilento e rischio ingolfamento. Potrebbe trasformarsi in un vero e proprio corto circuito l’attuazione del Pnrr, anche e soprattutto in relazione all’endemica lentezza tutta italiana della realizzazione delle grandi opere. E al Sud, con una latitanza di personale qualificato, la situazione diventa più preoccupante. Il grido d’allarme lanciato durante il convegno di Ance a Lecce tenutosi sabato è rimpolpato dalla controparte dei costruttori edili: i sindacati di categoria confermano le difficoltà del settore soprattutto nell’ottica di dover necessariamente rispettare i cronoprogrammi imposti dall’Europa. Alcuni dati raccontano plasticamente la situazione.

Ance ha spiegato che le opere di efficientamento dal punto di vista energetico e gli interventi di rigenerazione urbana hanno tempi medi di 9 anni. Il Pinqua - il programma innovativo nazionale sulla qualità dell’abitare finanziato dal Pnrr con questo obiettivo - deve chiudersi entro 6 anni. Tre anni in meno, un terzo del tempo. E proprio questo programma vede la Puglia in prima linea poiché è la Regione con il maggior numero di progetti finanziati: oltre ai 16 progetti degli enti comunali (di cui uno pilota) presenta anche tre progetti ordinari della Città Metropolitana di Bari e due regionali, per un totale di 21 progetti.

L'allarme

«In maniera realistica siamo un po’ preoccupati - osserva Antonio Delle Noci, segretario generale della Filca Cisl Puglia - Ci stiamo adoperando per fornire corsi di formazione, la Puglia per esempio è una delle regioni scelte in maniera sperimentale per formare extracomunitari. È ovvio, però, che per le grandi opere c’è bisogno di figure altamente professionali.

La verità è che molte infrastrutture non sono ancora partite a parte la Bari-Napoli o il raddoppio della linea ferroviaria sulla Termoli-Lesina: ecco, in prospettiva potrà esserci una criticità nel momento in cui tutte le grandi opere partiranno».

Il numero uno regionale degli edili della Cisl aggiunge poi che in edilizia «c’è anche un problema generazionale, abbiamo bisogno di ringiovanire il settore rendendolo attrattivo e più sicuro». Tornando a tempi, progetti e realizzazione delle opere, l’analisi dei dati della Banca Mondiale consente di analizzare la performance relativa alla durata di un appalto: il confronto internazionale, basato sull’analisi dei dati relativi ai 27 paesi dell’Unione europea, è impietoso.

I tempi

In Italia occorrono in media 815 giorni, circa 2 anni e 3 mesi, per completare l’iter – successivo alle fasi preparatorie da parte dell’ente di definizione del lavoro – di un appalto che va dalla pubblicità del bando di gara al termine dei lavori, comprensivo del pagamento dell’impresa appaltatrice: tale tempistica supera del 34,7% i 605 giorni rilevati in media nell’Ue a 27 e posiziona il nostro Paese al penultimo posto in Ue davanti solo alla Grecia, dove il ciclo di vita dell’appalto in esame è pari a 1.120 giorni, quasi il doppio della media Ue. Nel dettaglio, in Italia sono necessari 320 giorni per la prima fase che va dalla pubblicità del bando di gara all’inizio dei lavori e 495 giorni per la seconda fase, che comprende l’esecuzione del lavoro e il pagamento dell’impresa appaltatrice; queste tempistiche risultano essere più lunghe rispettivamente del 25% rispetto ai 256 giorni dell’Ue e del 41,8% rispetto ai 349 giorni dell’Ue. Il Pnnr impone una sterzata.

Sempre Ance fa un altro esempio: per quanto concerne la realizzazione delle nuove scuole (216 interventi e valore medio 5,5 milioni) i tempi ordinari sono di quasi 8 anni: quelli del piano europeo pongono l’asticella entro circa 5 anni. E ancora: i tempi medi per la realizzazione dell’Alta velocità - citato l’esempio della Palermo-Catania - arrivano a 16 anni mentre il Pnrr impone l’obiettivo di 6 anni. Come detto, per questa tipologia di opere così complesse è necessario un personale altamente formato a livello tecnico. «La preoccupazione è più che legittima rispetto al gap tra Mezzogiorno e resto del Paese - spiega Francesco Bardinella, segretario degli edili della Cgil di Taranto - Il Pnrr ci dà la possibilità di ridurlo ma il rischio concreto è che si perda questa occasione. Anzi che il divario aumenti. La preoccupazione per la carenza di manodopera è la nostra anche perché per quelle infrastrutture bisogna rispettare dei tempi. Negli ultimi due anni il settore è tornato a crescere, ha superato livelli pre-covid in termini di massa salariale ma non c’è stata una regia che potesse gestire questa necessità di manodopera competente». La qualificazione delle stazioni appaltanti, chiosa Bardinella, è un requisito fondamentale «dopodiché noi siamo molto critici sulla modifica del codice degli appalti rispetto alla liberalizzazione del subappalto: c’è tanto lavoro grigio e nero, anche le imprese serie si troverebbero di fronte a una concorrenza sleale».

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