Ordinanza anti caldo, l'Ance non ci sta: «Provvedimento generico e poco chiaro»

Ordinanza anti caldo, l'Ance non ci sta: «Provvedimento generico e poco chiaro»
Ordinanza anti caldo, l'Ance non ci sta: «Provvedimento generico e poco chiaro»
di Alessio PIGNATELLI
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Mercoledì 2 Agosto 2023, 05:00

La sezione tarantina di Ance, ossia l’associazione dei costruttori edili, boccia l’ordinanza “anti-caldo” del sindaco Rinaldo Melucci. Lo fa esprimendo perplessità su diversi punti - dal profilo giuridico a quello prettamente organizzativo - in una lettera diretta al primo cittadino in cui muove diversi rilievi critici. 

Un passo indietro, innanzitutto. L’ordinanza sindacale è arrivata venerdì scorso e dispone il divieto immediato di espletare attività lavorativa in condizioni di esposizione prolungata al sole sull’intero territorio comunale «nelle aree o zone interessate dallo svolgimento del lavoro all’aperto», nei momenti in cui la mappa del rischio indicata sul sito internet worklimate segnali a mezzogiorno un livello di rischio “alto”.

La lettera

Nella missiva firmata dal presidente di Ance Taranto, Fabio De Bartolomeo, si parte da una premessa: in queste giornate di afa, diversi erano stati gli incontri anche con i sindacati per affrontare la situazione.

Insomma, il problema è noto e reale ma l’associazione è in disaccordo sul metodo. «Ci misuriamo ora con il provvedimento da lei adottato che nella sua genericità e non chiara formulazione testuale interviene autoritativamente a disporre il divieto di svolgimento di tutte le attività lavorative all’aperto» dice Ance evidenziando poi come nella realtà le sole ordinanze di tal genere emanate riguardano unicamente il settore dell’agricoltura e del lavoro nei campi, con la eccezione della regione Calabria che ha aggiunto una ulteriore misura, sempre specifica e settoriale, riguardante i cantieri edili. 

«Un generale divieto - prosegue De Bartolomeo - troverebbe applicazione oltre che nei cantieri, negli altri settori (marittimo e portuale, balneare, logistica e servizi) oltre che nei grandi siti produttivi presenti sul territorio nei quali si svolgono numerose lavorazioni all’aperto, con le conseguenze facilmente prevedibili e immediatamente riscontrate con le imprese». Si creerebbe dunque un corto circuito e, «stante l’impossibilità anche giuridica di addivenire ad una sospensione forzosa generale di tutte le attività produttive comportanti lavoro prolungato all’aperto, si è prescelta ribadiamo la strada negoziale e del rafforzamento delle misure di tutela già previste nella normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro». Si rimarca, inoltre, che tutti i provvedimenti “settoriali” adottati indicano chiaramente una fascia oraria, soluzione certa sotto il profilo del diritto e che consente di procedere alla attivazione della cassa integrazione, «al contrario dell’incomprensibile riferimento ai “momenti in cui” che non consente di determinare la durata della sospensione forzata e dunque la preventiva determinazione delle ore per le quali chiedere gli ammortizzatori sociali previsti». 

C’è poi un altro aspetto che i costruttori fanno presente: il provvedimento «si basa su previsioni che, secondo la dichiarazione contenuta sullo stesso portale, sono da ritenersi “sperimentali e automatiche (non controllate)” oltre che “affette da intrinseca incertezza e possono risultare significativamente differenti dalle reali condizioni”. Tali previsioni “vanno pertanto considerate come uno strumento di supporto alle decisioni ad integrazione degli strumenti già esistenti e dell’osservazione meteo-climatica fatta direttamente sul luogo di lavoro” e come tali a nostro avviso non possono essere assunte a fondamento di un provvedimento amministrativo di portata generale sull’intero territorio comunale». Il ragionamento è quindi: tutelare la salute dei lavoratori è basilare ma è necessario «valutare gli effetti negativi di un provvedimento di sospensione forzosa e di generica formulazione» che impatta su tutti i contesti lavorativi, anche quelli nei quali l’autonomia delle parti ha già portato all’adozione di soluzioni straordinarie condivise. 

«Alla luce di tali esigenze e riflessioni - chiosa il presidente De Bartolomeo - chiediamo di valutare più compiutamente la situazione e di procedere ai necessari chiarimenti ed aggiustamenti, facendo salve le eventuali intese già assunte in sede aziendale e modificando l’attuale divieto in uno stringente richiamo ai profili e misure di tutela dei lavoratori per i rischi legati ai danni da calore di cui alle linee guida di luglio del Ministero del Lavoro».

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