Sorpresa, su il Pil in Puglia. Ma il divario Nord-Sud resta

Sorpresa, su il Pil in Puglia. Ma il divario Nord-Sud resta
di Nicola QUARANTA
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Lunedì 14 Marzo 2016, 06:37 - Ultimo aggiornamento: 14:53

Povera ma in ripresa: la Puglia fotografata dall'Eurostat è una regione profondamente segnata dalla crisi, come il resto del Mezzogiorno d'Italia e come tutto il Sud d'Europa. La recessione ha intaccato ricchezza e potere di acquisto degli italiani. Eppure, leggendo i dati, spuntano percentuali che, se non altro, letti in prosettiva, sembrerebbero aprire uno spiraglio. «Il condizionale è d'obbligo e la prudenza opportuna», frenano analisti ed economisti. Ma intanto i numeri sul Pil medio pro capite: la Puglia conquista un +0,6%, in “soldoni” 100 euro, passando da 17.300 a 17.400 euro l'anno.
 
Se pensiamo che in chiave nazionale fra il 2008 e 2014 il pil pro-capite è passato da quota 27.600 a 26.500 euro, facendo segnare una flessione del 4%, il risultato fatto segnare dalla Puglia è comunque un dato (positivo) in controtedenza rispetto al resto dello Stivale viceversa segnato da un andamento contrastante con quanto nello stesso periodo succedeva in un Europa, dove in media si è assistito ad una crescita del pil pro-capite, da 26.000 a 27.500 euro (+5,7%).
Tanto appare il quadro economico del vecchio continente sotto la lente dell' Eurostat, secondo cui l'impatto della crisi si fa ancora sentire e in alcune regioni italiane più di altre, con il Mezzogiorno sempre più lontano dai valori dell'Unione Europea. Unica consolazione, per il Sud, aver resistito in questi anni meglio di alcune aree del Centro e del Nord. Morale della favola? Una grara tra poveri, con la Puglia che è riuscita a incassare un segno positivo (+0,6%) oltre alle tradizionali regioni “a statuto speciale”.

Per trovare altre regioni protagoniste del “salto in avanti” bisogna spostarsi verso il Nord. Tradotto il tutto in potere d'acquisto rispetto alla media europea, gli italiani fra 2008 e 2014 hanno perso quasi dieci punti. Le regioni più “povere” del Mezzogiorno, sul fronte del potere di acquisto sono scese a livelli drammaticamente inferiori alla media europea: la Calabria è passata da quota 65 a 59, la Sicilia da 69 a 62, la Puglia da 66 a 63, la Basilicata da 75 a 69, la Sardegna da 78 a 72, il Molise da 81 a 75.

Fotografia dell'Italia, tra crisi e ripresa, dunque. Dati che fanno il paio con altri indicatori: tutte da leggere. E da interpretare per quanto attiene il presente e il futuro del Mezzogiorno, là dove, segnala l'Istat, nel corso della crisi si sono registrate le perdite di occupazione più consistenti. Tra il 2014 e il 2015, nelle regioni meridionali il tasso di occupazione 15-64 anni cresce di 0,8 punti (+0,5 nel Centro e nel Nord), ma il livello dell’indicatore resta comunque inferiore a quello del 2008 di 3,5 punti (-2,1 punti nel Nord e -1,3 nel Centro). I divari territoriali restano pertanto accentuati: se nel Centro-nord sono occupate oltre 6 persone su 10 tra i 15 e i 64 anni, nel Mezzogiorno scendono a poco più di 4. Nel 2015 diminuisce al Mezzogiorno anche il tasso di disoccupazione (-1,3% in confronto a -0,7% nel Centro e -0,5% nel Nord). Tuttavia, le differenze territoriali rimangono elevate: l’indicatore passa dal 19,4% nel Mezzogiorno, al 10,6% nel Centro e all’8,1% nel Nord. Ma è per sempre un segnale. Il miglioramento – spiegano gli analisti - è a largo raggio. L’occupazione cresce per il secondo anno consecutivo (+186 mila, +0,8%), a ritmi più sostenuti rispetto al 2014, portando il tasso di occupazione al 56,3% (+0,6%). L’incremento del lavoro alle dipendenze (+207 mila unità, +1,2%) riguarda soprattutto gli uomini e nella metà dei casi il tempo indeterminato.

Altra radiografia nazionale, altro osservatorio (il ministero del Lavoro) che lascia intravedere la luce in fondo al tunnel: nel IV trimestre 2015, in termini assoluti, la Puglia è terza in Italia, dopo il Lazio e la Lombardia, per numero di rapporti lavorativi avviati (232.344), sebbene il valore in percentuale sia un punto in meno (6,2%) rispetto alla media nazionale, che si attesta invece al 7,2%.

Allo stesso tempo, la Puglia non vede diminuire le cessazioni, che sostanzialmente restano stabili, al punto che si attesta come l’unica regione italiana a registrare con il segno più (0,5%) e valori significativi anche sul numero medio di cessazioni per lavoratore (1,40). Ma al netto dei numeri ci sono i nodi di fondo. E divari di fondo: tra il Mezzogiorno e il Nord Italia. Tra il Sud e l'Europa.

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