Siccità, la disperazione degli agricoltori per i pozzi vuoti e i terreni aridi

Un agricoltore alle prese con le difficoltà dovute alla siccità
Un agricoltore alle prese con le difficoltà dovute alla siccità
di Stefano MARTELLA
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Lunedì 1 Agosto 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:13

Nella campagna il frinire pazzo delle cicale copre ogni rumore. Il paesaggio è immobile, dalla terra color ruggine e ingiallita dall’erba secca. L’azzurro del cielo è coperto da un patina grigia, metallica, segno del pulviscolo sabbioso che l’anticiclone nord africano porta con sé, da quando il fresco anticiclone delle Azzorre ha da qualche anno spostato il suo baricentro, abbandonando il Mediterraneo dove ormai raramente riesce a fare capolino. Uno dei tanti effetti del riscaldamento globale. Pare quindi di muoversi in una bolla, mentre si gira nelle campagne di Aradeo, in Salento, alle 10.30 di un mattino di fine luglio. Qui Roberto Tramacere, 34 anni, socio della cooperativa agricola Karadrà, cammina con la fronte grondante di sudore e la maglietta zuppa. Si avvicina a un angolo della campagna, dove alcuni mattoni infilati uno sopra l’altro hanno formato un quadrato. Tira su una lastra di metallo ed esce la bocca di un pozzo. Vuoto. La cavità cilindrica scende nell’oscurità per metri e solo in fondo, molto in fondo, si intravede un po’ d’acqua, praticamente alla fine. I pozzi da dove si preleva l’acqua per le colture si stanno prosciugando. Ad Aradeo così come in molte altre località del Salento e della Puglia

GLI AGRICOLTORI


«Fino a tre anni fa l’acqua riuscivi a vederla già all’imbocco del pozzo. Adesso questa è la situazione. Non piove da mesi», dice Roberto, che fa strada in direzione di un altro pozzo più a sud dello stesso agro. Anche questo è vuoto, come tutti gli altri cinque che ricadono nella zona. Poco lontano si vede un canneto che si espande in lunghezza come una vena, al centro c’è un canale, uno dei tanti affluenti del fiume Asso, il più lungo corso d’acqua delle provincia di Lecce. Anche questo canale è completamente prosciugato. D’estate è privo di acqua ma anche d’inverno non arriva più a riempirsi. «Fino a dieci anni fa questo canale era pieno d’acqua nel periodo invernale. Da qualche tempo non è più così, che io ricordi l’abbiamo visto colmo solo un mesetto d’inverno», afferma sempre Roberto. 
Torna una folata del vento torrido che alza un odore acre di bruciato. Nella campagna vicino ha preso fuoco un grande carciofeto, uno dei tanti roghi che stanno agonizzando un territorio già desertificato dal batterio xylella e su cui sta infierendo il repentino evolversi del riscaldamento globale. Due aspetti, il batterio e il global warming, che stanno innescando un effetto domino su cui è necessaria una pianificazione rigorosa. Con i nuovi impianti intensivi di Leccino e Favolosa, le due cultivar resistenti a xylella che spesso prevedono un sesto di impianto dalle 700 alle 900 piante per ettaro, si stanno trivellando nuovi pozzi necessari a irrigare le giovani piante. Ma sta iniziando a prosciugarsi anche la falda profonda. «Nella zona di Sannicola, che si trova in una zona più alta rispetto a quella di Aradeo, le trivellazioni dei nuovi pozzi hanno trovato la vena vuota.

Cioè non hanno trovato l’acqua», continua Roberto. I numeri confermano quanto gli agricoltori stanno vivendo sul campo. La Puglia è la regione meno piovosa d’Italia. Lo evidenziano i dati raccolti dall’Ispram (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale): sul territorio pugliese piovono soltanto 641.5 millimetri medi di acqua in un anno. Numeri non sufficienti a ricaricare le falde. In Puglia, negli invasi naturali, mancano dai 70 agli 80 milioni di metri cubi di acqua. Una situazione che, stando ai numeri di Coldiretti Puglia, potrebbe produrre un danno stimabile in quasi 100 milioni di euro all’agricoltura. 

I DATI


Che il quadro sia preoccupante lo confermano studi condotti già qualche anno fa. L’acqua nel sottosuolo pugliese è un bene eccessivamente sfruttato, che va esaurendosi e di qualità non buona. Il Progetto Tiziano, un monitoraggio quantitativo e qualitativo delle acque sotterranee della Puglia attuato dalla fine del 2007 alla prima metà del 2011, ha individuato 29 corpi idrici sotterranei. Di questi 20 sono considerati “a rischio” dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Il monitoraggio Arpa condotto nel 2016 ha invece evidenziato che, fatta eccezione per i corsi d’acqua “Foce Carapelle” e “Ofanto_18” che hanno presentato stato ecologico e chimico “buono”, tutti i restanti corpi idrici monitorati sono risultati in stato di qualità (ecologico o chimico) inferiore al “buono”. In questo scenario il Salento è il territorio più esposto. Non solo perché circondato da due mari (quindi con un maggiore rischio di intrusione marina nella falda e di salinizzazione delle acque) ma anche perché qui l’acqua, distribuita da Aqp, non arriva dagli invasi (come il Pertusillo) ma viene prelevata direttamente dalla falda. Secondo quanto emerge dal Progetto Minore, che ha visto la collaborazione di Arpa e Asl, l’80% dell’acqua potabile fornita ai cittadini della provincia di Lecce proviene dalla falda profonda “che è tuttavia soggetta ad un’intensa e incontrollata attività estrattiva per esigenze industriali o agricole, talora anche in forma abusiva (con trivellazione di decine di migliaia di pozzi per uso irriguo non autorizzati dalla provincia di Lecce)”, si legge nel rapporto. Secondo lo studio il numero dei pozzi va crescendo nel tempo e oggi si contano quasi 1000 autorizzazioni rilasciate ogni anno. Attualmente sono stimati 25mila pozzi privati autorizzati, ai quali se ne devono aggiungere “almeno il triplo realizzati abusivamente e in parte utilizzati per usi impropri”. 
Intanto, nella campagna di Aradeo, il sole diventa sempre più alto e l’afa inizia a sfiancare. I passi scricchiolano su un tappeto di foglie secche e si aprono come rughe le crepe sulla terra arida. Due soci della cooperativa continuano a raccogliere pomodori, quasi incuranti. Sono appena le 11 ma il sole brucia come alla controra. Roberto si passa una mano sulla fronte umida: «Mezz’ora e ce ne andiamo, non possiamo continuare a lavorare con queste temperature». Le cicale continuano il loro canto convulso. Tutto resta immobile, immutato, mentre l’odore acre dell’incendio inizia a farsi più vicino.

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