Parla Massimo, il "panziente 1" pugliese: «Odiato e insultato perché avevo il Covid: se fossi stato più debole avrei fatto una schiocchezza»

Parla Massimo, il "panziente 1" pugliese: «Odiato e insultato perché avevo il Covid: se fossi stato più debole avrei fatto una schiocchezza»
di Paola COLACI
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Sabato 26 Febbraio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 15:31

«Inutile provare a dimenticare: 80 giorni di lotta contro il virus mi hanno cambiato. Quell’incubo me lo porto ancora dentro. Così come gli insulti, il fango e le minacce ricevute. Se avessi avuto meno forza d’animo forse avrei compiuto un gesto estremo, avrei commesso qualche sciocchezza. Ma la vita continua e ora ho perdonato chi voleva linciarmi». Sono passati esattamente due anni da quando a Massimo Mezzolla di Torricella, in provincia di Taranto, è stata riscontrata la positività al Covid. Il suo è stato il primo caso in Puglia.

Massimo Mezzolla, i pugliesi la conoscono ormai come il “paziente 1”. Il primo caso di Covid in regione, quando ancora lockdown, mascherine e distanziamento lontani sconosciuti. A distanza di due anni se li ricorda ancora quei giorni?
«E come potrei dimenticarli? È un incubo che mi porto ancora dentro. Ero stato a Lodi e poi a Codogno perché mia madre era ricoverata in una struttura sanitaria. Quando non ero in ospedale mi capitava di seguire il telegiornale. Si parla del virus, ma stava accadendo in Cina. Ed era così distante da noi. Non c’era motivo di preoccuparsi».
E invece?
«E invece a distanza di qualche giorno Codogno è stata dichiarata zona rossa e il timore del contagio è cresciuto. Tant’è che subito dopo essere rientrato a Torricella e prima ancora di salutare mia moglie ho chiamato il medico e ho segnalato il mio rientro alle istituzioni. Ma ancora in Puglia non era previsto un protocollo definito e si navigava a vista».
Quando ha capito di essere positivo al virus?
«La stessa notte. Ho avvertito forti brividi di freddo, nonostante la febbre non superasse i 37° e mezzo. Ho allertato i soccorsi. Sono venuti a prendermi con un’ambulanza e mi hanno ricoverato all’ospedale Moscati di Taranto. Durante le prime ore in isolamento continuavo a comunicare tramite messaggi con mia moglie. Ed è stata lei ad avvisarmi che in paese si era già scatenata una caccia all’uomo. Si parlava di me nei bar e in piazza. E si diceva che per scappare da Codogno avessi persino forzato il posto di blocco militare. Mi si paragonava al noto criminale Igor il russo. E invece io avevo semplicemente preso un aereo per rientrare a casa».
Come si è diffusa la notizia della sua positività?
«Sono stato io stesso a chiedere informazioni su Facebook, sulla pagina del mio Comune. E da lì sono partiti gli insulti. Mi accusavano di essere un untore e di mettere a rischio la vita dei pugliesi e dei miei concittadini. E invece a Torricella gli unici a essere stati contagiati siamo stati io e mia moglie che è stata anche intubata. Ma anche mio fratello e mia nipote. Solo la mia famiglia. Nonostante ciò ho dovuto subire attacchi feroci e ingiustificati. E se avessi avuto meno forza d’animo forse avrei compiuto un gesto estremo. Insomma, avrei commesso qualche sciocchezza».
Chi la insultava le ha poi chiesto scusa?
«Sa quando la macchina del fango si è trasformata in un abbraccio solidale? Quando mentre ero ancora in ospedale mi è stata comunicata la notizia della morte di mia madre. Lì ho sentito il calore della gente. E chi non mi ha chiesto scusa non ha più ragione di farlo: ormai ho perdonato».
Ora come sta? 
«Ora sto meglio ma dopo 80 giorni di contagio per un anno e mezzo ho perso l’olfatto e il gusto. Ad avere la peggio però è stata mia moglie la quale è rimasta invalida».
Si è vaccinato? Cosa risponde ai no vax e a chi nega ancora l’esistenza del virus?
«Certo, mi sono vaccinato perché credo nella scienza. A negazionisti e no vax onestamente preferisco non rispondere. Ci tengo, invece, a ringraziare ancora una volta tutto il personale sanitario che mi ha assistito e curato. Sono stati angeli».
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