Lecce, scandalo mazzette alla Asl: condannati la funzionaria e il rappresentante di protesi: la sentenza

Lecce, scandalo mazzette alla Asl: condannati la funzionaria e il rappresentante di protesi: la sentenza
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Venerdì 5 Novembre 2021, 14:06 - Ultimo aggiornamento: 6 Novembre, 09:40

Sei anni e otto mesi di condanna per Carmen Genovasi - 47 anni, responsabile amministrativo del settore Assistenza protesica Asl - e quattro anni e sei mesi per Giuseppe Bruno, 58enne rappresentante di una ditta che realizza protesi ortopediche: è questa la decisione del giudice Cinzia Vergine, davanti alla quale si è svolto, con rito abbreviato, il primo capitolo del processo nato dall'inchiesta “Buste pulite” e riguardante il presunto sistema corruttivo che avrebbe travolto la Asl di Lecce. I due, Genovasi e Bruno, sono stati arrestati in flagranza, nel giugno 2020, dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria che hanno condotto l'inchiesta coordinata dalla Procura di Lecce.  

Le condanne hanno accolto solo parzialmente - con una riduzione di pena di circa un anno per entrambi gli imputati - le richieste presentate a metà del mese di ottobre dai pubblici ministeri Roberta Licci e Massimiliano Carducci. I due, Genovasi e Bruno, sono stati arrestati in flagranza, nel giugno 2020, dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria che hanno condotto l'inchiesta per corruzione coordinata dalla Procura di Lecce.

La giudice Vergine ha disposto anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per Genovasi, per cinque anni per Bruno, al quale saranno confiscati poi 10.800 euro. La somma confiscata su ordine dell'autorità giudiziaria alla funzionaria Asl, invece, è di 31.550. I due dovranno risarcire il danno alla parte civile - la Asl di Lecce, rappresentata in giudizio dall'avvocato Massimo Manfreda - e farsi carico sia delle spese di giudizio che di quelle di mantenimento della custodia cautelare in carcere.

L'accusa

Secondo l'accusa, Genovasi avrebbe ricevuto mazzette, sottoforma di denaro, regali e favori di vario genere, in cambio dei quali avrebbe favorito l'assegnazione degli appalti di fornitura degli ausili medici ad alcune particolari imprese, viziando il mercato e calpestando così anche il diritto di scelta dei pazienti.

A documentare gli scambi sui quali la Procura ha costruito l'impianto accusatorio, anche le immagini registrate dalle telecamere nascoste piazzate nell'ufficio della Genovasi e del rappresentante Bruno dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria. Gli occhi elettronici ripresero anche la consegna di una bustarella contenente 850 euro. 

Gli imputati

I due imputati si sono rimpallati la responsabilità dei comportamenti che li vede oggi sotto processo per corruzione. Genovasi ha sostenuto che è stato Bruno a indurla a creare un canale preferenziale con alcuni rappresentanti di articoli sanitari, giacché - questa era l'idea - “così fan tutti”. Bruno ha riferito, invece, di essere stato costretto dalla Genovasi a versare delle somme di denaro per un totale di 17mila euro, in aggiunta all'assunzione del marito, a caciotte particolari, al servizio di dog sitter, fra le altre cose. 

Per entrambi l'accusa era di corruzione, Genovasi rispondeva anche di turbativa d’asta. Bruno è difeso dagli avvocati Carlo Caracuta e Luigi Rella, Genovasi da Sabrina Conte e Stefano De Francesco. 

Per altre due persone coinvolte nell'inchiesta e nel processo, i conti con la giustizia sono già stati chiusi con un patteggiamento. Si tratta di Pietro Ivan Bonetti, 71enne leccese, legale rappresentante di una società di supporti di tipo audiometrico, e di Monica Franchini, 49 anni, collaboratrice di un’azienda. Entrambi hanno patteggiato lo scorso 10 marzo con la giudice Simona Panzera: il primo, tre anni e mezzo di reclusione, la seconda, due anni, con il beneficio della pena sospesa.

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