Tra fittiani ritorna lo scontro. Stefàno frena: non lascio Sel per il Pd

Tra fittiani ritorna lo scontro. Stefàno frena: non lascio Sel per il Pd
di Francesco G. Gioffredi
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Giovedì 3 Settembre 2015, 22:31 - Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 09:59
La tregua (apparente) post elezioni, l’approccio dialogante in Consiglio regionale, l’estate di silenzi e riflessione: tutto, o quasi tutto, è un lontano ricordo. Si riaccende lo scontro tra Forza Italia e Conservatori&Riformisti, e sembra di rivedere le fiammate della campagna elettorale. Luigi Vitali, coordinatore regionale del partito berlusconiano, minaccia addirittura espulsioni di parlamentari, amministratori e dirigenti locali ancora a metà del guado. E cioè: formalmente ancora non depennati dai quadri forzisti, e però piazzati sulla linea politica dettata da Raffaele Fitto, leader nazionale dei Conservatori&Riformisti. «Provvederò a breve - annuncia Vitali - a deferire al collegio nazionale dei probiviri quei deputati che fanno il pesce in barile. E quanto prima istituiremo il collegio regionale dei probiviri per procedere all’espulsione di sindaci, assessori, consiglieri la cui posizione non è chiara. Sto infatti raccogliendo dichiarazioni stampa e interviste in tal senso».



Guerra aperta. Nei giorni scorsi Fitto ha riunito a Roma la delegazione pugliese dei parlamentari: l’obiettivo è costituire quanto prima il gruppo dei Conservatori&Riformisti anche alla Camera (dove occorrono almeno 20 deputati), dopo la bandiera piantata al Senato. E ieri l’europarlamentare salentino ha sferrato un altro duro attacco, con una intervista a “Gazzetta del Mezzogiorno”: insistendo sul terreno delle primarie e dell’opposizione al governo Renzi, e accusando Forza Italia di «casting permanente per gettare fumo negli occhi, un ragazzo oggi, una ragazza domani, che vengono illusi e poi gettati via dopo tre settimane...siamo a X Factor».



La reazione di Vitali è immediata: «Leggere le dichiarazioni di Fitto mi fa venire in mente la fiaba della volpe e l’uva: non ci arriva a dice che è acerba. Soprattutto dopo la sua performance un po’ triste alle ultime elezioni nella sua Regione, figuriamoci nelle altre…. Forse a Fitto piacerebbe tanto non aver fatto quei passi falsi, dettati solo da un’avida ingordigia di potere e visibilità personale, che lo hanno infilato poi in un “cul de sac”. Costringendolo a fare i bagagli e lasciare il partito che tanto gli ha dato in termini di crescita politica. Lui, come tanti giovani a cui il presidente Berlusconi sta dando fiducia, ha potuto godere della vicinanza al nostro leader che, oggi come ieri, continua ad essere l’unico riferimento per tutto il popolo di centrodestra. E Fitto è bene che se ne faccia una ragione. Ci parla, con toni non troppo cortesi, di giovani selezionati come a X Factor.



La domanda sorge spontanea: quando è diventato presidente di Regione perché qualcuno ha creduto in lui, che differenza c’era? Peraltro, punta il dito contro giovani professionisti che rappresentano egregiamente i cittadini nelle istituzioni, senza cognomi altisonanti ma solo ricchi del loro impegno quotidiano. Chi è totalmente fuori fase, e in uno stato di confusione non se ne rende conto, è lui: si ispira all’inglese Cameron, che gli italiani non considerano affatto, propinando un modello che forse piace solo a lui».



La controreplica dei fittiani è al vetriolo: «Vitali ricorda quei soldati fantasma giapponesi che non si erano arresi alla fine della seconda guerra mondiale rimanendo aggrappati a un mondo passato», accusa il senatore fittiano Vittorio Zizza. «Forse Vitali - prosegue - dimentica che in questi anni Forza Italia ha perso milioni di voti e che ormai il 50% dei cittadini non va neanche più a votare. È un dato di fatto che il centrodestra va rifondato per tornare a essere credibile. Insieme con Fitto crediamo - prosegue Zizza - che le primarie siano l’unica strada valida per compiere una selezione democratica della classe dirigente, per ricostruire una coalizione vincente, per coinvolgere forze politiche, sociali e soprattutto i giovani. Noi Conservatori e Riformisti ci ispiriamo al modello vincente di Cameron che in cinque anni in Gran Bretagna ha creato più posti di lavoro che tutto il resto d'Europa e questo grazie proprio all'azione di governo liberale, riformatrice, a un netto taglio delle tasse e della spesa pubblica in eccesso». Ironico il deputato fittiano Roberto Marti: «Vitali parla di “cul de sac?”... Lui, con i disastri che ha combinato e per come ha ridotto Forza Italia in Puglia, avrà bisogno di un “sac de cul”...».



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Acqua sul fuoco, per sedare le polemiche. Anche se il nodo resta. «Ma che passaggio al Pd. Io ho solo espresso un mio punto tutto politico sulla particolarità di un dibattito che accompagna la riforma costituzionale»: parola di Dario Stefàno, senatore salentino eletto con Sel.



Nei giorni scorsi Stefàno aveva più volte posto l’accento sulla necessità di aprire in Sel un serrato dibattito sulla strada da intraprendere. La tesi del senatore è chiara: no a derive isolazioniste a sinistra, ma dialogo - lì dove possibile, come in Puglia o altre realtà territoriali - col Pd, cercando di preservare il più possibile lo schema di centrosinistra.



Tutti temi che ieri Stefàno ha toccato a margine dell’assemblea provinciale di Sel a Bari, nel corso di un confronto sul programma di lavoro della Regione Puglia, cui ha partecipato anche Sebastiano Leo, assessore regionale Formazione e Lavoro: «La particolarità del dibattito - ha detto - sta nel fatto che tutti i partiti dell’arco costituzionale chiedono a Renzi una modifica dell’Italicum in senso coalizionale mentre noi come forza politica siamo invece in silenzio, quasi soddisfatti che si attribuisca il premio ad un partito e non ad una coalizione. Io ho quindi espresso un punto politico che non significa passaggio al Pd. Il tema cioè - ha spiegato Stefàno - non è la relazione attuale con il Pd a Roma, ma è una prospettiva nella quale credo che noi dovremo sempre avere l’ambizione di un perimetro coalizionale che ci consenta di riportare il centrosinistra doc, non quello con Ncd, al governo del Paese. Credo che se la legge elettorale nazionale non consentirà un approccio coalizionale, per noi la possibilità di una discussione rimarrà preclusa in qualsiasi modo, il che non significa coalizzarsi oggi con questo Pd, con queste politiche, con questo suo approccio. Significa avere un lavoro di prospettiva ed avere - ha concluso - la possibilità di lavorare da qui a qualche hanno per poter ricostruire un perimetro politico che credo sia utile al Paese».



La ferita però non è ancora ricucita. A sinistra, nel partito vendoliano, c’è chi ritiene opportuno sposare la linea oltranzista, quella cioè del “non-rapporto” col Pd renziano. Stefàno però insiste per un confronto in Sel tale da poter disegnare una linea politica univoca, a Roma come sui livelli di governo territoriali. E l’ipotesi estrema dell’addio al partito vendoliano, per quanto smentita, resta sullosfondo come extrema ratio.
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