Crisi di governo, gli scenari per la Puglia: a rischio miliardi, progetti e relazioni

Crisi di governo, gli scenari per la Puglia: a rischio miliardi, progetti e relazioni
di Francesco G. GIOFFREDI
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Venerdì 15 Luglio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21:04

A cascata. O a valanga. Dipende dal punto d’osservazione e dal ventaglio di priorità e timori. Di sicuro però crisi e caduta del governo Draghi scatenano effetti e ripercussioni sulla Puglia, in tripla copia: istituzionale, politica e territoriale. I dossier aperti e in divenire sull’asse Roma-Bari sono tanti, la Regione è il primo e privilegiato osservatorio, gli intrecci con Palazzo Chigi e i ministeri avvolgono il Pnrr e il Fondo sviluppo e coesione, la sanità e l’Ilva, il Just transition fund, le Zes e il Contratto istituzionale di sviluppo Brindisi-Lecce. In ballo miliardi di euro e opportunità irrinunciabili: partite in corso o appena avviate, ma che un reset di governo può ora riportare alla casella iniziale o nel porto delle nebbie. Un rischio. La corsa alla ripartenza post e anti crisi, così, diventerà rincorsa affannosa e pericolosa. Spettatori interessati sono anche i Comuni, avamposto strategico e piattaforma di progettazione, si legga per esempio alla voce Pnrr. E poi c’è la politica, luogo degli equilibri precari e mutevoli, bomba a miccia corta che esplode e scombina tutto in un attimo: i cinque stelle tornano su posizioni radicali, l’alleanza col Pd si incrina (per ora solo un po’, poi si vedrà), in Regione l’asse resta al momento saldo, ma il futuro è un’incognita. Alla lunga, il filo dem-pentastellati potrebbe logorarsi con conseguenze imprevedibili. E le elezioni autunnali obbligherebbero tutti a mosse affrettate, o persino avventate, su liste, candidati, equilibri. Senza troppe speculazioni e tatticismi.

I rapporti governo-Regione

Il clima nel palazzo regionale è di attesa e preoccupazione. «La crisi di governo è una follia»: è l’analisi - tranciante e riservata - che filtra dalle stanze della presidenza di Michele Emiliano. Questione di “calcolo” e di relazioni maturate in questi mesi con Palazzo Chigi e con i ministeri, anche grazie al ponte col pugliese Roberto Garofoli (sottosegretario a Palazzo Chigi, il fratello Paolo è peraltro direttore del Dipartimento Ambiente in Regione).

Relazioni buone, se non ottime. Quasi una rarità, almeno scorrendo lo “storico” di Emiliano, in passato spesso sul piede di guerra con governi e ministri. Il clima di pace e collaborazione istituzionale è sempre una buona notizia, per tutti. Ancora di più in una fase storica così convulsa e livida. Poi, c’è il merito dei dossier. E il timore di vedere risucchiati nel crepaccio della crisi di governo miliardi su miliardi.

La ripartizione del Fsc

 Il primo e più lampante caso è quello del Fondo sviluppo e coesione (Fsc): il negoziato tra governo e Regioni è ancora in corso, proprio di recente e da Brindisi la ministra Mara Carfagna ha garantito una rapida assegnazione delle risorse, per la Puglia si tratta di 4,7 miliardi. Manca tuttavia l’ultimo step: il decisivo passaggio al Cipess (l’ex Cipe). Le risorse non sarebbero a rischio, blindate dalla Legge di bilancio. Ma l’assegnazione rallenterebbe parecchio, e la stessa Regione Puglia starebbe già virtualmente intaccando quel tesoretto promesso col meccanismo della prededuzione (una sorta di “anticipo”). A margine: il Fsc è materia che nei giorni scorsi ha fatto litigare a distanza Raffaele Fitto ed Emiliano, secondo il presidente a Bruxelles dei Conservatori e riformisti la Puglia del “vecchio” Fsc ha speso solo una parte e ora rischia di dover restituire 1,4 miliardi. Intanto, proprio Carfagna ha recentemente assicurato che «il nostro obiettivo è giungere all’approvazione dei Piani di Sviluppo e Coesione entro la fine dell’estate», per il 2021-27 la dotazione è di quasi 56 miliardi, nei quali rientrano i 4,7 pugliesi. La «fine dell’estate» però ora coincide con il big bang politico-istituzionale e con il grande caos.

Il Cis Brindisi-Lecce

Firme, sorrisi, strette di mano e flash: a fine giugno il sigillo al Contratto istituzionale di sviluppo per Brindisi e Lecce, 184 milioni per 27 interventi. Ma anche qui: risorse disponibili solo dopo il disco verde del solito Cipess, che ancora non c’è, e gli altri 47 progetti - spiega il ministero del Sud - «potranno usufruire di ulteriori finanziamenti che dovessero rendersi disponibili». Insomma: cadendo il governo, il Cis potrebbe non decollare o finire in soffitta.

Le risorse per le Zes

Le Zone economiche speciali (due in Puglia: adriatica e jonica) sono una misura a lenta lievitazione. Nominati i commissari, il decreto interministeriale 492 del 2021 ha individuato le opere strategiche da realizzare nell’ambito delle Zes, ma l’inciampo è sempre lo stesso: cercasi copertura finanziaria. Potrebbe essere il già citato Fsc, i ministeri sono al lavoro, il percorso faticosamente intrapreso ora rischia d’essere stoppato di schianto. Stessa cosa, sempre in quota Zes, per il decreto attuativo che darà il via libera all’autorizzazione unica: è in capo a Palazzo Chigi.

Il Pnrr “interrotto”

E poi c’è la grande cornucopia del Piano nazionale di ripresa e resilienza da 191 miliardi, il 40% per il Sud, la regia fin qui è stata del governo Draghi. Un rilevante pezzo di futuro del Paese passa da qui. La fase è delicata perché è quella operativa, entro fine anno dovranno essere raggiunti 100 obiettivi, ne mancano ancora 55. E le risorse cominciano a "sgocciolare” sui livelli territoriali: è il caso, in Puglia, dei 650 milioni per ospedali e case di comunità; o, anche, dei 68 milioni del programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori). Senza trascurare i progetti dei Comuni già finanziati dal Pnrr, ma ancora in fase embrionale: in assenza di adeguata sponda, può crollare tutto o quasi tutto. I sindaci hanno già teoricamente in pancia milioni del Pnrr, con interventi anche ambiziosi. Ma la capacità di spesa e progettazione è insufficiente, e richiederebbe misure robuste da Roma: i Comuni aspettavano, e aspetteranno. Infine: la Puglia è tra le Regioni che, con tanto di sfilata ufficiale a Palazzo Chigi, hanno proposto e sottoscritto con Draghi progetti bandiera nell’ambito del Pnrr, nel caso pugliese ruota tutto sul polo dell’idrogeno: che fine farà?

Il Just transition fund ancora in bilico 

Sempre in chiave green, c’è poi il Fondo per la transizione equa: competenza europea, l’Italia propone il Piano territoriale per l’area industriale di Taranto da circa 800 milioni. Risorse però non ancora del tutto in cassaforte, il governo Draghi sta(va) mettendo a punto il fascicolo da presentare.

Ex Ilva, nuovo ingorgo

Taranto vuol dire anche polo siderurgico, sempre al centro degli equilibri nazionali. E sempre portatore di nodi da sciogliere. Anche per il governo Draghi. Era in agenda per il 26 luglio al Mise un nuovo vertice, con due focus: situazione finanziaria dell’azienda e gestione della cassa integrazione straordinaria, sempre più vicina al tetto dei 3mila addetti. Prorogata di due anni la piena attuazione dell’accordo tra Invitalia e ArcelorMittal, che avrebbe dovuto già portare l’azionista pubblico al 60%, l’obiettivo prioritario ora è sbloccare il prestito da 500 milioni, con la garanzia pubblica di Sace, per dare ossigeno all’azienda ripristinando una base di circolante per acquistare le materie prime e pagare fornitori e indotto. E nei giorni scorsi, in visita lampo all’ex Ilva, il ministro Daniele Franco avrebbe toccato con mano il disperato fabbisogno di liquidità, anche oltre i 500 milioni.

Il fronte energia

Il tema richiederebbe un discorso a sé, mille sfaccettature e implicazioni, molte delle quali hanno forti sfumature pugliesi, e altrettanti dossier maneggiati dal governo Draghi: gli interventi sulle bollette, la corsa allo stoccaggio di gas, l’estrazione di materia prima al largo dell’Adriatico, l’opzione del gasdotto bis con approdo nel Salento e metano da Israele e Cipro, la pianificazione degli interventi sulle rinnovabili, il via libera ai parchi eolici offshore. Tanti interrogativi, che rischiano di restare senza risposta. Inghiottiti da una crisi di governo piombata nel momento peggiore e con modalità perlomeno discutibili. Riannodare i fili dei dossier sarà opera faticosa.

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