Il calo demografico in Puglia: Foggia e Taranto le province più colpite. Cause e numeri

Il lungo "inverno" porterà in Consiglio regionale dieci rappresentanti in meno già dalla prossima legislatura

Il calo demografico in Puglia: Foggia e Taranto le province più colpite. Cause e numeri
di ​Giuseppe ANDRIANI
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Domenica 5 Febbraio 2023, 05:00

Dalla prossima legislatura, vi saranno dieci consiglieri regionali in meno. È la scure del calo demografico sui rappresentanti politici, in virtù della legge 148 del 2011, che tagliava i costi della politica e stabiliva i criteri rispetto alla popolazione e i rappresentanti istituzionali. In Puglia, una volta scesi al di sotto dei quattro milioni di abitanti, ci saranno 40 conionali (più il presidente) rispetto ai 50 attuali. La Regione, quindi, perde dieci consiglieri, così come ha perso in dieci anni circa 130.000 abitanti, a cavallo della fatidica soglia dei quattro milioni. 
È l’effetto del calo demografico, che sembra esser diventato una tendenza storicizzata, per quanto attenuato negli ultimi due anni. Non basterebbe tirar dentro la maggiore mortalità portata dalla pandemia nel 2020 e nel 2021 per leggere il trend, anche perché la discesa della curva era partita ben prima. E non basterebbe neppure spiegarsi il tutto con il minor numero di nuovi nati di questi anni. C’è una tendenza all’emigrazione tornata a colpire con forza, in particolare il Mezzogiorno. Fuga di cervelli e di braccia, soprattutto fuga di giovani. E il territorio si impoverisce. Al di là dei discorsi sul capitale umano che il territorio perde in maniera più o meno costante, le ricadute arrivano anche su settori difficili da immaginare in questo contesto, quali la politica. Gli assessori saranno otto anziché dieci, sarà ridotta quindi anche la giunta. 

L'analisi e i numeri

Ma di quanto è calata la popolazione pugliese negli ultimi anni? E soprattutto: quando è iniziata “l’emorragia”? Spulciando i dati sulla popolazione residente al primo gennaio di ogni anno, emerge come fino al 2014 vi sia stata una crescita, per quanto quasi impercettibile dall’inizio del secondo decennio di questo millennio.

Il primo segno “meno” si è registrato nel 2015, quando si arrivò a 4.090.105 residenti, esattamente 151 in meno rispetto all’anno precedente. Poi il calo, in un certo senso anche verticale: dal 2019 al 2020, ad esempio, si sono perse 22.000 persone. E l’anno dopo circa 20.000. Evidente, da questa prospettiva, la causalità solo marginale del Covid. Le culle vuote, invece, hanno un peso più che discreto sulla riduzione degli abitanti. 

Ad aver perso più residenti, per altro, sono le province nelle quali le difficoltà in termini di servizi e qualità della vita sono più evidenti: Foggia (-12mila) e Taranto (-8mila). Seguono Lecce, Brindisi e la Bat. Bari, più o meno, regge. Segno di come le grandi città, per quanto con qualche difficoltà, riescano a combattere lo spopolamento. Un esempio: Bari, inteso come capoluogo, ha perso in vent’anni appena lo 0,24% dei residenti. E i Comuni limitrofi (quelli che l’Istat definisce come appartenenti alla prima cintura) hanno lasciato pressoché invariato il dato sugli abitanti. Non è un caso se - secondo un report diffuso ieri da Istat sulle città metropolitane - tra i pochi casi di “ripopolamento” vi siano Roma, Milano, Bologna e Firenze. Innegabile il saldo migratorio in aumento dal Mezzogiorno, ma il calo demografico sembra aver investito in modo particolare i paesi delle aree interne, più che le grandi città, al netto di qualche eccezione. E, infatti, Bari regge e diventa quasi un modello in salsa pugliese. Si fugge dalla provincia, tanto che il Salento paga i numerosi comuni “periferici”, a Sud di Lecce. E a farne le spese sarà anche la politica. 

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