Nel 2050 in Puglia oltre il 37% dei residenti avrà più di 65 anni. Sono le previsioni di Istat, che in un report su Mezzogiorno e sfide del Pnrr ha lanciato l'allarme: il rischio è che il Sud d'Italia diventi da serbatoio di giovani (che spesso emigrano, ndr) a una landa spopolata con soli anziani a viverci. L'immagine è chiaramente eufemistica, ma in fondo a leggere i dati neppure troppo lontana dalla realtà. E il processo di invecchiamento è già partito.
Nel 2011 i residenti con almeno 65 anni in Puglia erano circa il 18%, oggi superano il 22%. Segno che in questi anni qualcosa è cambiato. E diminuiscono, invece, di due punti percentuali gli abitanti che vanno dai 15 ai 64 anni. Senza contare l'abbassamento, in termini percentuali, della quota di popolazione nell'età adolescenziale. Ma questa, forse, è un'altra storia. Una storia, cioè, che ha colpito un po' tutta Italia.
Culle vuote
Il calo delle nascite è un problema sollevato ormai da tempo anche dalla politica e non riguarda, a quanto sembra, soltanto il Meridione.
Anche questa rilevazione di Istat, legata al numero di cancellazioni dagli uffici anagrafe. Il problema principale riguarda Foggia e Taranto, ma in media le province pugliesi - come scritto ieri su queste colonne, nel dettaglio - perdono 14 ragazzi tra i 25 e i 34 anni ogni 1000 residenti. Ed è così che si può spiegare il dato per cui nel giro di quarant'anni, dal 2011 al 2050, gli anziani o comunque le persone in età pensionabile saranno più che raddoppiati. Quella di Istat è una semplice previsione, è chiaro, ma è lo stesso Istituto a lanciare l'allarme: Così - si legge nelle pieghe del rapporto - è difficile anche sostenere il welfare. Il Sud negli anni è stato una fucina di ragazzi, spesso disposti a partire e a lavorare altrove. Ma lo spopolamento a cui stiamo assistendo rischia di arrivare a un punto di non ritorno.
E in quel caso, perso il capitale umano e con una serie di problemi ormai storicizzati (quali l'occupazione giovanile che stenta a decollare e i servizi che ancora non raggiungono i livelli dell'altra parte d'Italia) il rischio è che l'economia del Meridione vada in tilt. O almeno, questo è quello che scrive Istat. La crisi delle nascite non basta a spiegare il fenomeno, c'è di più. C'è la fuga di chi decide di andare altrove per aumentare la qualità della vita (basta leggere le classifiche più o meno frequenti con i vari indicatori), e poi spesso non torna. In media circa l'85% dei ragazzi che emigrano dalle regioni del Mezzogiorno decidono di restare in Italia e spostarsi in un'altra regione, nel 2020 soltanto un migliaio di giovani ha deciso di andare all'estero per cercare fortuna.
I flussi
I flussi sono quelli degli anni 60, senza valigia di cartone ma con lo stesso magone dentro e verso città più o meno simili a quelle di allora. Cambia l'età, perché oggi - a leggere i dati - l'emigrazione avviene più spesso tra i 25 e i 30 anni e non tra i 20 e i 25. Fatta eccezione, chiaramente, per gli universitari. Un'altra chiave di lettura - evidente e urgente - dello spopolamento del Mezzogiorno. Oggi, c'è da ricordarlo, l'età media del Sud è più bassa rispetto a quella del Nord. È la grande ricchezza, a fronte del Pil e dei consumi, di questo territorio. Tanto che nel 2020 nelle regioni settentrionali aveva più di 65 anni il 24% degli abitanti, in quelle meridionali solo il 21%. Ma secondo Istat nel 2035 avverrà il sorpasso. E cioè, il Mezzogiorno diventerà più vecchio, oltre che più povero e con meno possibilità. E persa l'ultima grande ricchezza il rischio di avere davanti una landa con pochi giovani e tanti anziani è concreto. È solo una proiezione, forse c'è ancora tempo per capire come evitare tutto ciò. A partire dalla fuga.