Il monitoraggio: «Nel Salento sono presenti solo 12 lupi: non esiste un’emergenza»

Tortorella, responsabile del dipartimento di veterinaria dell’Asl, invita a non fare allarmismo. Intanto sul ritorno dell’animale nel nostro territorio oggi alle 18 un incontro alla biblioteca Bernardini

Il monitoraggio: «Nel Salento sono presenti solo 12 lupi: non esiste un’emergenza»
di Anna Manuela VINCENTI
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Mercoledì 3 Aprile 2024, 07:40

Il ritorno del lupo nel Salento, dopo secoli, fa registrare diversi attacchi e preoccupazioni tra gli allevatori, soprattutto perché che «non vengono corrisposti i giusti indennizzi». E proprio di questo predatore si parlerà oggi - 3 aprile - alle 18 alla biblioteca Bernardini di Lecce: “Il ritorno del lupo nel Salento: iniziamo a conoscerlo”. Evento organizzato da Hic Sunt Lupi, il progetto di studio, monitoraggio e gestione del lupo nel Salento, finanziato dall’assessorato all’ambiente della Regione in collaborazione con Cnr–Iret di Lecce e Università Sapienza di Roma. Dopo i saluti di Anna Grazia Maraschio, assessora all’ambiente della Regione e del sindaco di Lecce Carlo Salvemini interverranno: Paolo Ciucci, professore associato dell’Università Sapienza di Roma, Dipartimento Charles Darwin, e membro Hic Sunt Lupi; Francesco Cozzoli e Francesco De Leo, ricercatori del Cnr-Iret di Lecce e responsabili scientifici di Hic Sunt Lupi; Ruben Cataldo, archeologo e presidente Archeo-Rec.

Come convivere con la loro presenza

Il nodo è proprio questo: come convivere con il lupo, specie protetta. Tante le criticità che hanno contribuito al suo ritorno, a cominciare dallo spopolamento dei territori che ha permesso agli animali di prendere possesso di alcune aree. «Il lupo – spiega Giovanni Tortorella, responsabile del dipartimento di veterinaria dell’Asl di Lecce - non è stato reintrodotto, è ritornato perché noi ce ne siamo andati. Nel Salento stimiamo la presenza di circa tre coppie di lupi, ragionevolmente, ci saranno quindi in media 9-12 animali, tenuto conto anche dell’altissima mortalità. Un lupo in una notte è in grado di percorrere 40-50 chilometri, predando ad esempio prima a Porto Cesareo e il giorno dopo a Otranto. In un anno, nel 2023, in provincia di Lecce per attacchi di lupi abbiamo avuto 107 animali morti di cui 101 pecore e 52 feriti, su 30mila animali censiti: appena l’0,3%.

La percentuale di predazione, almeno quella ufficiale, è bassissima: quindi gridare all’emergenza per le predazioni su bestiame è sbagliato. L’impatto emotivo, invece, è un problema, come l’incapacità dei nostri allevatori di difendere il bestiame, di avere cani in grado di fare guardiania e di avere recinti elettrici per difendere il bestiame soprattutto di notte».

Agevolazioni a difesa delle imprese

Tortorella ricorda che esistono anche delle agevolazioni per difendere le aziende dalle predazioni, ammesso che siano attaccate da lupi e non da cani. «Se abbiamo – continua Tortorella - una stima per difetto di un massimo di 9-12 lupi e abbiamo solo 107 animali predati vuol dire che questi animali trovano cibo al di là della normale predazione. Predano gli animali domestici e i selvatici, questi ultimi nel Salento sono molto pochi. Ci sono gruppi di maiali selvatici di cui vengono predati abitualmente i cuccioli e le femmine giovani: i lupi contribuiscono a mantenerne la popolazione stabile. È evidente allora che i lupi mangiano da fonti umane o coscientemente messe sul territorio. Ciò che temiamo di più in assoluto in questo momento è la dispersione di alimenti spesso volontaria da parte di persone che possono attirare carnivori. Un problema sia per la tutela di questi animali che vengono mal alimentati sia perché sono bestie che non devono abituarsi alla presenza dell’uomo. I lupi trovano sostentamento anche dall’abusivo smaltimento di residui organici, macellazioni clandestine, smaltimenti di rifiuti organici di casa, di attività produttive, di macelleria che vengono rilasciate illecitamente sul territorio».

Per Tortorella «un altro degli aspetti fondamentali per evitare l’impatto emotivo sugli allevatori è quello di far avere rimborsi rapidi, efficaci che non siano bloccati da inutili burocrazie: un problema enorme in Italia. Se un animale viene predato da un cane deve pagare l’amministrazione comunale, invece se il predatore è un animale selvatico, i danni li paga l’ufficio caccia della Regione. Invece si dovrebbero indennizzare gli animali predati pagando a prescindere. Poi ci sono quelli che presentano lesioni da carnivoro date in vita e lo si paga, se l’animale, invece, è morto dopo non lo pagherà nessuno».

Una problematica questa che porta ad esasperare gli allevatori soprattutto se si considera, come specificato dal dipartimento dell’Asl, che «l’indennizzo cambia: di settimana in settimana, in relazione dell’età e della razza dell’animale. Per una pecora femmina sono corrisposte da 115 a 130 euro, mentre gli agnelli sono pagati solo se sono iscritti all’albero genealogico. Non viene però considerato il lucro cessante, cioè il profitto che l’allevatore avrebbe tratto nel tempo da quell’animale».

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