"Io e papà in barca di notte, così salviamo i migranti"

"Io e papà in barca di notte, così salviamo i migranti"
di Maria Grazia Maci
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Giovedì 14 Gennaio 2016, 09:16 - Ultimo aggiornamento: 11:23
Il telefono ha squillato all'1.30 di domenica notte: a Novaglie c'è stato un sbarco, gli scafisti hanno gettato i migranti in mare e si cercano i dispersi. Michele non ci ha pensato su più di tanto, ha svegliato il padre Salvatore e insieme hanno preso la via del mare che porta da Corsano al porticciolo dove è ormeggiata la loro barca per dare il loro contributo alla macchina dei soccorsi.

Salvatore Casciaro e suo figlio Michele di 27 anni sono due pescatori che conoscono bene quel tratto di costa e le sue insidie: per questo il loro aiuto, in piena emergenza notturna, è prezioso per strappare vite umane alle onde. Dei 42 migranti somali che tre giorni fa hanno sfidato il mare del Canale d'Otranto per raggiungere le coste del Salento una di loro, Nasra, non ce l'ha fatta ed è morta prima di afferrare il suo sogno. Non è stato così per un'altra donna, sua coetanea, che ha trovato in Michele e Salvatore la sua ancora di salvezza: una barca, un salvagente, voci amiche.

«Il litorale in quel tratto è pieno di piccole insenature con acqua bassa e scogli affioranti e per i mezzi di Guardia Costiera e Finanza è impossibile avvicinarsi - racconta Michele che d'estate organizza escursioni in barca sulla costa adriatica sud salentina - abbiamo navigato per un'ora in cerca dei naufraghi e poi abbiamo avvistato una donna e l'abbiamo raggiunta: era sola, al buio, aggrappata ad uno scoglio tra Novaglie e il Ciolo. Era spaventata e infreddolita, aveva ferite ai piedi e alla testa».

Sulla barca insieme a Michele e a suo padre Salvatore c’erano anche due amici di Novaglie e militari della Guardia di Finanza. La giovane somala si è gettata in acqua e con l'aiuto di un salvagente ha raggiunto la barca. «Una volta fatta salire a bordo l'abbiamo coperta e abbiamo provato a parlarle in inglese - racconta il giovane pescatore - ma lei non capiva o era troppo sotto choc per risponderci ed è rimasta in silenzio». La giovane somala, come tanti migranti che sfidano il Mediterraneo per raggiungere l'Europa, ha visto la morte in faccia ma ha incontrato anche la mano tesa di due pescatori salentini che l'hanno strappata a un triste destino.

Non è la prima volta che Michele e Salvatore Casciaro si trovano faccia a faccia con migranti disperati che lottano contro il freddo e le onde per inseguire il sogno di una vita migliore. Salvatore, negli anni '90 ha assistito a scene crudeli e sempre uguali: in quegli anni erano i migranti albanesi ad avventurarsi sul Canale d'Otranto a bordo di carrette del mare per raggiungere l'Italia. Donne e bambini impauriti alla mercè di trafficanti di uomini che non esitavano a sparare: molte scene sono ancora vive negli occhi di Salvatore che domenica scorsa, ci confida Michele, ha avuto una piccola esitazione prima di scendere dal letto per timore di essere di nuovo travolto da quella disperazione. Ma è durato solo un attimo, poi ha prevalso in lui la solidarietà umana, quella più spontanea e preziosa.

La tragedia dei migranti è entrata a far parte della vita della famiglia Casciaro sin da quando Michele e la sorella Serena erano bambini, per questo non si sentono “eroi”. «Credo che in queste situazioni non si debba guardare solo nel proprio orticello - commenta Michele - in tanti ci chiedono perché lo facciamo senza avere nulla in cambio e la mia risposta è sempre la stessa: se tua madre o tua sorella fosse in pericolo non pregheresti che qualcuno la aiutasse? Ringraziamo Dio per aver trovato quella donna ma la cosa che mi rattrista di più e che quando eravamo piccoli mio padre veniva chiamato per “raccogliere” dal mare donne, uomini e bambini albanesi e io mi chiedo quando questo mare finirà finalmente di ingoiare persone».
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