Inchiesta Otranto, le pressioni per il Twiga sulla comandante della Capitaneria. Ma lei denunciò

Inchiesta Otranto, le pressioni per il Twiga sulla comandante della Capitaneria. Ma lei denunciò
di Roberta GRASSI
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Martedì 13 Settembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16:26

Una donna in divisa, e una serie di presunte pressioni intorno. Conversazioni, chiamate, lamentele. Barra dritta, irremovibile, la comandante della Capitaneria di porto di Otranto, Elena Manni, ha detto no. E alla fine ha denunciato alla procura le insistenze con una serie di annotazioni varie. 

Il "Twiga" al centro delle pressioni

Il punto è il Twiga, e la cosiddetta “questione della balneabilità”. Evidente secondo l’accusa la volontà di intervenire anche «mediante pressioni mediatiche» e attraverso l’utilizzo strumentale di «asseriti numerosi frequentatori della zona», per indurla - è riportato - ad esprimersi positivamente e in tempi brevi. 
Ne parlano Luciano Cariddi e Roberto De Santis, stando alle intercettazioni telefoniche: «Perché non firma, qui ci vuole un pressing da parte del Comune, che parlassero con questa, noi dobbiamo avere svincolato tutto, il Comune deve prendere una decisione, proprio una cosa, guarda Luciano è importante per noi questa cosa». 
E ancora, sempre De Santis, avrebbe aggiunto che «appena questa toglie il divieto di balneazione», avrebbero presentato una richiesta di dissequestro.  Niente da fare.

Nessuna risposta dalla Capitaneria. 

Le pressioni sulla comandante della Capitaneria

Il 2 agosto del 2018, viene riferito, Luciano Cariddi avrebbe riferito che «la Comandante - è riassunto nel provvedimento - probabilmente intimorita dal contenuto, si stava orientando positivamente», essendo stata fatta una diffida. E proseguendo nel dialogo, aveva aggiunto che se non avesse chiuso la questione il pressing sarebbe andato avanti: «Diamo seguito alla diffida, se non la chiude. Scattano denunce, giornali, tutto il casino che tocca, stiamo programmando il ricorso al Tar se non adempie». Il 9 agosto si discute del parere negativo della Capitaneria.  «Il tutto - specifica il gip - è perfettamente coerente con quanto denunciato dalla comandante, con le annotazioni inviate all’autorità giudiziaria. Ne deriva un quadro di assoluta certezza in ordine alle condotte minatorie». La conclusione degli inquirenti, sempre in riferimento alla vicenda Twiga, è che gli imprenditori avrebbero avuto un potere contrattuale rispetto ai Cariddi, «talmente forte da imporre anche azioni nella sostanza intimidatorie nei confronti dei pubblici ufficiali, quali la comandante della capitaneria di porto di Otranto, e a concordare le strade da seguire per poter nuovamente autorizzare la struttura oggetto di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria».  Sia Manni, sia l’architetto Antonio Susini che alla fine degli anni ‘60 varò il piano regolatore di Otranto, furono ascoltati nel processo che si è appena concluso, in primo grado. 

Le tecniche per fare pressione sulla Capitaneria

Dalle intercettazioni della nuova inchiesta, è emerso qualche dettaglio in più. Un incontro, ad esempio, in cui sarebbero state affinate ulteriori strategie per intervenire sulla Capitaneria, citando contatti in Regione, e coinvolgendo anche - come tramite - l’ex assessore regionale Totò Ruggeri, insieme al quale Cariddi è coinvolto in un’altra inchiesta che tratta sì di lidi, ma soprattutto di sanità (per Ruggeri). Il no della comandante e tutto quel che è accaduto come conseguenza, sono un tassello molto importante per tratteggiare l’ultima vicenda giudiziaria. Si parte da una donna, in divisa, pronta a rivolgersi alla procura per segnalare ogni tentativo di pressione. 

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