Salento, la Cassazione annulla la cartella del Consorzio: «Non c'è prova dei vantaggi offerti»

Una manifestazione di protesta sui consorzi
Una manifestazione di protesta sui consorzi
di Roberta GRASSI
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Lunedì 8 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 13:38

Il principio affermato ormai è una costante: il proprietario di terreni o immobili che ricadono nel perimetro dei consorzi di bonifica deve ottenere “benefici diretti” dall’attività degli stessi, perché si ritenga giustificato il contributo richiesto e quindi anche una ingiunzione di pagamento. Stavolta, però, a esprimersi sulla questione, è stata la Corte di Cassazione. Il consorzio in questione, che non si è costituito, è l’Arneo. Citata in giudizio anche la Soget, quale società di riscossione. 
A spuntarla è stato un avvocato che ha agito in proprio, quale intestatario di un fondo all’interno dell’area di competenza del consorzio e destinatario di una cartella per contributo non versato. La Corte di giustizia territoriale (sia in primo che in secondo grado) aveva inizialmente dato ragione all’Arneo, sostenendo che il cittadino non avesse documentato il mancato beneficio ottenuto. La Cassazione ha invece specificato che spetta al consorzio provare di aver effettuato i lavori per cui si chiedono importi di vario genere ai proprietari di appezzamenti o di altro genere di beni. 

Le motivazioni

«In tema di contributi consortili, ove i fondi siano compresi nel perimetro di contribuenza, in difetto di specifica contestazione da parte del contribuente della legittimità del piano di classifica, che può ritenersi integrata unicamente dal rilievo della mancata approvazione del piano generale di bonifica, si presume che gli stessi abbiano goduto dei benefici diretti delle opere realizzate dal consorzio richiedente», scrive la Suprema Corte. Che aggiunge: «Grava sul consorzio l'onere di provare la qualità, in capo al contribuente, di proprietario di immobile sito nel comprensorio e il conseguimento da parte del bene, a causa delle opere eseguite, di concreti benefici». 
Il consorziato aveva contestato anche il piano di classifica approvato dalla Regione, sul presupposto che esso non fosse stato preceduto dalla predisposizione di un piano generale di bonifica. Anche qui, la Corte di Cassazione, ha fornito le sue precisazioni. Ritornando al principio iniziale. In qualsiasi caso sarebbe stato onere del consorzio «fornire la prova, oltre che, ovviamente, della effettività delle opere eseguite, soprattutto del vantaggio diretto e specifico che da tali opere sia derivato per il fondo del consorziato». 
Ma c’è di più: «L'obbligo di contribuire alle opere eseguite da un consorzio di bonifica e, quindi, l'assoggettamento al potere impositivo di quest'ultimo, fanno supporre che la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile tragga vantaggio, cioè un incremento di valore, da quelle opere; detto vantaggio, peraltro, deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile dal singolo fondo a causa della bonifica, cioè idoneo a tradursi in una qualità del fondo, non essendo sufficiente un beneficio relativo al complessivo territorio e meramente derivante solo per riflesso dall'inclusione in esso del bene». Insomma, il vantaggio che deriva dalle attività di bonifica deve essere diretto non all’intera area, ma proprio al fondo di chi versa denaro al consorzio. 
Il ricorso, quindi, è stato accolto.

La sentenza emessa nel 2021 e relativa a somme “dovute” nel 2014, che aveva dato torto al proprietario, è stata annullata. Dovrà tornare a esprimersi, ma sulla base di quanto enunciato dai giudici della Cassazione che hanno analizzato nel dettaglio tutte le censure proposte dal ricorrente, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia in differente composizione.

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