Con l' alcol trasformò il padre in torcia umana: «Ma non voleva ucciderlo»

Con l' alcol trasformò il padre in torcia umana: «Ma non voleva ucciderlo»
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 7 Febbraio 2020, 07:55
Chiusa l'inchiesta, cambia l'imputazione: Vittorio Leo, 48 anni, di Collepasso, nel Salento, non risponde più di omicidio volontario ma di omicidio preterintenzionale per avere ucciso il padre Antonio, 89 anni, la mattina del 29 maggio dell'anno scorso. In altre parole, non aveva intenzione di ammazzarlo ma lo uccise comunque. Lo uccise spruzzandogli addosso dell'alcol mentre il genitore era intento a preparare il pranzo davanti ai fornelli. In un attimo l'anziano si trasformò in una torcia umana ed il figlio lo lasciò morire senza soccorrerlo, salvo poi chiamare il 112 dei carabinieri verso le quattro e mezzo di pomeriggio.

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Un comportamento - hanno detto le indagini che si sono avvalse anche delle consulenze dello psichiatra Domenico Suma e del medico legale Alberto Tortorella - dettato dai rapporti fra padre e figlio saturi ormai di rancore, indifferenza ed aridità. É giunto alla conclusione che l'intenzione non fosse quella di ammazzare il padre, ma che quell'alcol spruzzato fu solo un gesto istintivo all'ennesimo rimprovero ricevuto, il magistrato titolare del fascicolo. Il pubblico ministero Luigi Mastroniani che lo stesso giorno della tragedia interrogò Vittorio Leo nella caserma dei carabinieri di Collepasso, alla presenza degli avvocati difensori Francesca Conte e luigi Cucco: il racconto dell'indagato, nonché i risultati del sopralluogo lo hanno convinto che non avesse messo in conto della vicinanza dei fornelli accesi e del pericolo concreto che l'alcol potesse prendere fuoco.

Non solo: valutando le conclusioni dello psichiatra Suma che nell'incidente probatorio davanti al giudice per le indagini preliminari, Giovanni Gallo, ha stabilito che Vittorio Leo fosse capace di intendere e di volere nei frangenti della tragedi e che possa essere sottoposto a processo, il magistrato ha anche motivato la reazione al cospetto del genitore dilaniato dalle fiamme. Vittorio Leo fu colto da uno stato di angoscia paralizzante. L'inchiesta, dunque, ha attenuato le responsabilità dell'indagato. Tuttavia come accade anche nei casi in cui l'accusa si aggrava, non c'è nulla di definitivo: sarà il giudice dell'udienza preliminare a stabilire se e per quale ipotesi di reato mandare Vittorio Leo a processo. Al momento non ci sono parti civili che potrebbero chiedere invece di valutare l'ipotesi più grave di omicidio volontario.

Una ipotesi, quest'ultima, sostenuta dal gip Gallo nell'ordinanza di convalida dell'arresto emessa dopo l'interrogatorio in carcere: «La condotta di Leo appare chiaramente connotata dal dolo intenzionale. Diretto a cagionare la morte del padre. In tal senso depongono sia l'uso di un materiale altamente infiammabile come l'alcol, gettato addosso a una persona che in quel frangente era nei pressi di un fornello con il fuoco acceso, sia le parti vitali del corpo attinte dal getto, sia il comportamento successivo dell'indagato, il quale ometteva di prestare qualsiasi forma di soccorso al padre morente. Si tratta di elementi che rivelano chiaramente l'animus necandi di Leo».
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