Mobilitazione davanti al Comune di Taranto. C'è una pineta da salvare

Un momento del presidio
Un momento del presidio
di Nicola SAMMALI
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Domenica 6 Febbraio 2022, 05:00

Lo striscione esposto davanti al Palazzo di città di Taranto lo dice chiaramente: “Il turismo non è cemento nel mare ma natura da amare”. In calce c’è la firma del comitato San Francesco degli Aranci, che da anni si oppone alla realizzazione del porticciolo nell’area di Torre Blandamura, su un lembo di pineta di pino d’Aleppo, arbusti di lentisco, fiori di cisto e vegetazione alofila. Un tratto di costa dove da oltre un mese sono ripartiti i lavori di costruzione del porto turistico ricettivo con annesse strutture e servizi (e con essi le proteste). 
Il corposo gruppo di residenti della zona (e non solo) si è dato appuntamento ieri in piazza Municipio per un sit-in informativo, affinché la loro battaglia contro l’opera diventi quella della comunità. Proteggere e salvare un luogo che prima era frequentato, mentre adesso è inaccessibile. La zona è delimitata, il cantiere è in attività. Le ultime immagini postate sui social (Salviamo la nostra pineta San Francesco degli Aranci) mostrano ruspe e mezzi pesanti a pochi passi dal mare (i cui fondali sono ricchi di Posidonia), operai che brandiscono martelli pneumatici affondandoli nella scogliera.

L'incontro


Per questo nei giorni scorsi i comitati (tra cui quello per il parco regionale del mar Piccolo) hanno incontrato il commissario prefettizio del Comune di Taranto Vincenzo Cardellicchio, che ha garantito controlli approfonditi. C’è stata anche la richiesta di accesso agli atti, per avere visione di un progetto che prevede 210 posti per imbarcazioni ai moli e 90 a terra, oltre alle infrastrutture, «che porterebbe alla distruzione di tutta la vegetazione e alla cementificazione della scogliera», nonché alla temuta e contrastata «privatizzazione». Che significa accesso libero al mare negato. 
Tutto questo «a fronte di remoti vantaggi economici per i privati e la comunità, attuando ancora una volta un modello di sviluppo obsoleto ed ormai superato».

La petizione

Intanto è già partita una petizione online che ha raggiunto quota 35mila firme in pochissime settimane. La partecipazione al sit-in è stata numerosa, maggiore anche rispetto all’appuntamento di metà gennaio sulla spiaggia di Porto Cupo. Resta inoltre in piedi l’ipotesi di un esposto. 
Sotto accusa ci sono le concessioni, le autorizzazioni ai lavori, notevolmente impattanti («la realizzazione di stradine hanno determinato il taglio e lo sradicamento di vegetazione protetta»), sulle quali ci sono verifiche in corso. 
Alcuni volantini sono stati distribuiti dall’associazione culturale Gruppo Taranto, dall’associazione Italia Nostra Taranto e dal Comitato per la qualità della vita. «Nessuno tocchi Torre Blandamura». «Fermiamo questo scempio». «Fermiamo l’inciviltà».

Nell’agosto del 1987 - si legge - l’associazione culturale Gruppo Taranto organizzò un comitato cittadino e per alcuni giorni occupò la zona di Torre Blandamura per bloccare «le mire di chi voleva realizzare in questo splendido luogo il solito porticciolo turistico». Nonostante le proteste mai interrotte nel tempo, che nel 2015 portarono al sequestro dell’area da parte del Corpo forestale dello Stato, il progetto va avanti. La sentenza del Tar di Lecce del 14 febbraio 2012 ha accolto però il ricorso presentato dalla ditta per l’acquisizione in concessione dell’area. A seguito di quella sentenza ha nominato un commissario ad acta, Tommaso Blonda. Con due atti del 2014 e del 2015 Blonda rilasciava alla ditta la concessione di un’area scoperta a terra di oltre 10mila metri quadri e uno specchio acqueo che ne misura più di 22mila. Ma su questi permessi i cittadini vogliono vederci chiaro. 

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