L’impatto dei metalli pesanti sullo sviluppo dei bambini di Taranto è stato oggetto di ricerca da parte dell’Università di Brescia e dell’Asl Taranto. I risultati, ancora parziali ma già significativi, sono stati diffusi in un incontro organizzato dal gruppo di ricercatori rivolto alle famiglie, ai docenti e ai dirigenti scolastici, e hanno confermato il dato più preoccupante: su 600 bambini analizzati, in dodici scuole distribuite in diversi quartieri della città, 90 presentano problemi neurocomportamentali.
Nello specifico, gli indici cognitivi (che compongono il costrutto di quoziente intellettivo) meritevoli di attenzioni cliniche, riscontrati sul campione totale, sono stati quello di “comprensione verbale” (15%); “ragionamento visuo-percettivo” (8%); memoria di lavoro (13%); velocità di elaborazione (8%).
La mappa e i punteggi
Questi punteggi sono stratificati per intensità nei quartieri Tamburi, Città Vecchia, Borgo: in queste aree l’indice cognitivo più fortemente impattato sembra essere quello della memoria di lavoro.
È stata osservata una significativa interazione tra piombo e arsenico, con un effetto sinergico dei due metalli che aumenta il rischio di problemi di attenzione, comportamento aggressivo, problemi di esternalizzazione e problemi totali. Nel complesso, i ricercatori hanno dimostrato che il piombo sanguigno più elevato, le concentrazioni di arsenico urinario e la loro interazione aumentano il rischio di problemi neurocomportamentali. Il 15.33% dei minori oggetto di indagine, nel test del quoziente intellettivo (QI) ha ottenuto punteggi meritevole di attenzione clinica. Questi aspetti sono poi stati collocati all’interno del contesto socio-economico di appartenenza, risultato più sfavorevole nelle aree più vicine dalle sorgenti di emissione.
Le analisi preliminari hanno mostrato come ci fosse una forte associazione fra QI e livello socio-economico delle famiglie di appartenenza dei soggetti. È emerso che la maggioranza delle famiglie non aveva completato alcuna istruzione post-secondaria (74,2% delle madri, 82,6% dei padri) e aveva un reddito annuo inferiore a 50mila euro (66,1%). Tra le famiglie che hanno fornito informazioni sulle occupazioni dei genitori, il 51,4% delle madri non era formalmente impiegato mentre il 47,5% dei padri svolgeva lavori che richiedevano lavoro manuale. L’Asl di Taranto, come ha riferito Dellarosa, continuerà ad avere un ruolo centrale: «Garantiremo una tempistica il più possibile puntuale per l’individuazione precoce delle situazioni che sono già diagnosticabili o di quelle che potenzialmente potrebbero esserlo, attraverso interventi di cura e di prevenzione».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Utilità Contattaci
Logout