«Scuole superiori, no al rientro in classe il 7 gennaio»: pronta la petizione con 12mila firme

«Scuole superiori, no al rientro in classe il 7 gennaio»: pronta la petizione con 12mila firme
di Maria Claudia MINERVA
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Mercoledì 30 Dicembre 2020, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 21:18

Proseguire con la Dad per qualche altra settimana, almeno per le superiori. È quanto chiede l'Unsic, che ha già raccolto quasi 12mila firme a sostegno di una petizione con cui si chiede di non riaprire le scuole il 7 gennaio, ma di prolungare la didattica a distanza fino a quando non si saprà con certezza se le feste avranno prodotto altri contagi. «Lontani da un dibattito tutto ideologico tra fautori della scuola in presenza o della didattica a distanza, noi poniamo almeno due dati di fatto - spiegano dall'organizzazione datoriale Unsic - innanzitutto riaprendo le superiori in presenza, seppure a metà, si determineranno tra studenti, docenti, familiari e utenti del trasporto pubblico non meno di sei milioni di contatti al giorno. Se l'imperativo è ridurre le occasioni di distanziamento, c'è coerenza o incoscienza in tale scelta di riaprire, tra l'altro con poche novità in termini di presidi sanitari a scuola, tracciamenti o forte potenziamento dei trasporti? - sottolineano dal sindacato -. A ciò si aggiunge un altro dato inconfutabile: lo scorso 14 settembre, alla prima campanella, in Italia erano 1.008 i nuovi casi quotidiani di Covid e 14 i decessi; il 7 gennaio, quando riapriranno le scuole, casi e decessi saranno oltre dieci volte di più. Insomma, è concreto il rischio di alimentare una terza ondata peggiore delle altre perché molti ospedali sono ancora in sofferenza, partono le influenze stagionali e si rischia di inficiare la campagna vaccinale appena cominciata».


Così è partita la petizione. «In pochi giorni abbiamo oltrepassato 12.000 adesioni alla nostra petizione limitata alla prosecuzione della Dad per le sole scuole superiori - continuano dall'organizzazione datoriale - se avessimo esteso la richiesta agli altri ordini di scuole, come ci hanno chiesto in tantissimi, quel numero sarebbe oggi più che doppio. È la conferma che una maggioranza silenziosa è preoccupata per questo rischio e vuole responsabilmente salvaguardare vite umane e attenuare le sofferenze».


Intanto, ieri, con una nota agli Uffici scolastici regionali, il capo dipartimento del ministero dell'Istruzione Marco Bruschi ha inviato l'ordinanza del ministro della Salute del 24 dicembre scorso che rimodula la partecipazione delle didattica in presenza alle superiori al 50 sino al 15 gennaio. «Ricordo che si tratta di disposizioni non derogabili», scrive il capo dipartimento del ministero, che aggiunge: «Il prezioso lavoro che tutti avete svolto per rispettare il 75% è, di fatto, rinviato per la sua attuazione».

Quindi, si torna in classe dal 7 al 15 gennaio, non c'è petizione che tenga, a meno che i dati dei primi giorni dell'anno che sta per arrivare non siano così catastrofici da indurre, ancora una volta, alla prudenza.


Proseguono, nel frattempo, i tavoli prefettizi per mettere a punto gli ultimi dettagli sul trasporto pubblico locale. Ieri sono arrivate anche le rassicurazioni del ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Paola De Micheli, «Il 7 gennaio le scuole secondarie riprendono ed è tutto è pronto. Un vestito organizzativo fatto con i prefetti che hanno organizzato i modelli di trasporto pubblico locale per riaprire la scuola fino al 75% in presenza per gli studenti - sottolinea -. Il ministro della Salute ha deciso che nella prima settimana si riaprirà fino al 50% in presenza, ma noi saremo pronti da subito al 75%. I mezzi pubblici, invece, saranno pieni al 50%». Anche la Puglia è pronta. A Lecce per il 4 gennaio è stata già fissata l'ultima riunione in prefettura sui trasporti, mentre l'altro ieri c'è stato un tavolo con l'Ufficio scolastico provinciale per decidere gli orari di ingresso e di uscita per gli studenti. Stesso copione pure nelle altre province pugliesi. E sui doppi turni infuria la polemica dei presidi pugliesi: «Così si penalizzano gli studenti, costretti a tornare a casa nel pomeriggio, e i docenti che, se hanno cattedre in comuni doversi, dovranno fare i salti mortali».

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