Luigi Sbarra, Cisl: «Automotive ed ex Ilva, Governo alla prova dei fatti per impedire la desertificazione del Sud»

Luigi Sbarra
Luigi Sbarra
di Alessio PIGNATELLI
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Lunedì 12 Giugno 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:20

Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl. Anche in Puglia è partita la raccolta firme per la governance d’impresa partecipata dai lavoratori, cui è dedicata la tavola rotonda di oggi a Bari, alle 15.30 al teatro di Corso Italia. Ci spiega in cosa consiste?
«Abbiamo lanciato una grande sfida. A 75 anni dalla nascita della Costituzione è arrivato il momento di dare piena attuazione all’articolo 46 che disciplina il diritto dei lavoratori a pesare di più e star dentro alle decisioni e agli utili delle imprese. Una “riforma istituzionale” per un nuovo rapporto tra capitale e lavoro. Il nostro progetto di legge contempla tutte le tipologie di partecipazione: gestionale, finanziaria, organizzativa, consultiva, delegando dinamiche e procedure alla contrattazione. L’obiettivo è avere salari più alti, maggiori investimenti, qualità e stabilità del lavoro, fermare le delocalizzazioni, maggiore produttività e controllo sulla sicurezza».

Il Pil italiano nel 2023 sale del +1,2% e rallenta a +1,1% nel 2024 secondo Istat: quali sono le prospettive economiche per il nostro Paese?
«I dati del Pil sono incoraggianti, ma le prospettive economiche rimangono di grande incertezza.

Bisogna affrontare con urgenza i nodi di una inflazione ancora molto alta, fermare la speculazione sui prezzi, attuare gli investimenti del Pnrr, riformare fisco e pensioni. Dobbiamo rinnovare i contratti pubblici e privati, detassare i frutti della contrattazione, adeguare le pensioni al costo della vita, rilanciare la sanità pubblica. Ad aprile e maggio ci siamo mobilitati in tutta Italia per riallacciare il dialogo con il Governo su questi temi. Lo aspettiamo alla prova dei fatti».

È una fase turbolenta anche per la gestione del Pnrr. Al di là delle singole polemiche, ritiene valida ancora l’impostazione del Piano per l’Italia e, in particolare, per il Sud?
«Il Pnrr, insieme alle altre dotazioni nazionali ed europee, rappresenta un’occasione imperdibile per dare gambe allo sviluppo dell’Italia e del Sud. Se c’è da rimodulare i progetti e la spesa, lo si faccia con il concorso di tutti i soggetti istituzionali e delle parti sociali. Gli obiettivi sono comuni e devono unire, non dividere: far crescere il Paese, puntare all’incremento ed al miglioramento dell’occupazione, specialmente giovanile e ancor di più femminile, sulla formazione e su leve di fiscalità di sviluppo che attirino capitali produttivi freschi, sia pubblici che privati, sul potenziamento di infrastrutture materiali, energetiche e sociali, il godimento ad ogni latitudine dei diritti di cittadinanza. Su queste basi bisogna costruire insieme un modello di sviluppo che sia più equo, inclusivo e sostenibile».

A proposito di Pnrr, accentramento o no nella gestione?
«È giusto che ci sia una cabina di regia nazionale che coordini ogni progetto in una visione organica di politica di sviluppo. In passato c’è stata troppa frammentazione nell’utilizzo dei fondi nazionali ed europei. Detto questo, la governance deve anche garantire il massimo di partecipazione dal basso, e in questo non può che partire dai territori».

Autonomia differenziata. Un folto schieramento di governatori ha bocciato il provvedimento del ministro Calderoli: è uno spauracchio per il Sud Italia?
«Non abbiamo una posizione pregiudiziale se questo significa responsabilizzare le Regioni e garantire e migliorare la qualità dei servizi, senza che questo mini in alcun modo i principi di coesione nazionale. Bisognerà partire dalla definizione condivisa dei Lep e dei relativi fabbisogni e costi standard e assicurare adeguate forme di perequazione per i territori con minore capacità fiscale. Una riforma di tale importanza deve essere attuata con il pieno coinvolgimento del Parlamento, del sistema delle autonomie locali e delle parti sociali».

Cosa pensa del nuovo Dl lavoro?
«Nel merito, è stata positiva l’operazione sul cuneo fiscale, che recepisce nostre precise richieste ma che ora va rafforzata, resa strutturale e collegata a una riforma complessiva del fisco a favore di lavoratori, pensionati, famiglie. Anche sui fringe benefit l’aumento della soglia di detassazione è opportuno, ma va garantita una soglia anche per chi non ha carichi familiari. Giusto intervenire sulle causali dei contratti a termine, ma la precarietà si combatte agendo sul piano dei costi e non delle regole. Bisogna incentivare il tempo indeterminato e dobbiamo fare in modo che i contratti a termine costino di più rispetto a quelli stabili. E quel di più deve alimentare un fondo di solidarietà nazionale per garantire pensioni dignitose ai giovani. Sbagliato l’intervento sui voucher».

Lavori precari e gig economy, tante posizioni non sono rappresentate dal sindacato: come ovviare a questa situazione?
«Tante nostre categorie si occupano già da tempo del lavoro su piattaforma e delle altre forme ibride e flessibili di occupazione. Dobbiamo dare risposte di tutela contrattuale e di vera protezione sociale a questi lavoratori, riconoscere maggiori diritti non solo sul tema di un salario dignitoso e di natura contrattuale, ma anche su previdenza, malattia, sicurezza, formazione continua, maternità, contrasto ad ogni forma di discriminazione. Bisogna fare un investimento serio nella riqualificazione professionale e nelle politiche attive per il ricollocamento ed un esercizio contrattuale che punti su welfare sociale, formazione e partecipazione».

Il bubbone Ilva è scoppiato nel 2012 e ancora oggi ci sono problemi di governance, economici e la storica diatriba ambiente-lavoro: come dare una sterzata?
«La gestione dell’impianto siderurgico non rispetta il confronto con le organizzazioni sindacali, usa unilateralmente gli ammortizzatori ma soprattutto tiene frenata e troppo bassa la produzione di acciaio arrivata al suo minimo storico. Così l’ex Ilva rischia di implodere. Al governo chiediamo di non aspettare aprile 2024, ma di portarsi subito alla maggioranza del capitale sulla base delle norme approvate e varare quel piano di rilancio produttivo che i sindacati da tempo indicano come indispensabile a partire dall’ammodernamento di Afo 5 e dalla verticalizzazione delle produzioni».

Il futuro del Siderurgico può essere gestito grazie all’idrogeno? 
«La decarbonizzazione è la strada per rendere sostenibile definitivamente la produzione di acciaio a Taranto. Ci sono stati troppi ritardi ed omissioni. Sull’idrogeno non siamo ancora giunti a tecnologie industriali valide, ma è un fronte su cui sicuramente investire».

Anche altre vertenze in campo, come l’automotive nel Barese: il 19 giugno il ministro Urso ha convocato i sindacati per una discussione generale. 
«La convocazione è positiva, ora bisogna passare da una fase di ascolto al varo concertato di politiche industriali condivise che rilancino e sostengano i settori dell’automotive, siderurgia, elettrodomestico, chimico. E poi ancora tessile e costruzioni, l’informatica e l’agroalimentare, tlc e terziario avanzato. Tutti asset strategici travolti dalla crisi e dalle transizioni gemelle, digitale ed energetica. Dinamica che, senza adeguati investimenti, rischia di precipitare il Sud nella desertificazione industriale».

Inevitabile intervenire anche sulla sicurezza con tanti casi di morti bianche anche in Puglia.
«La sicurezza sul lavoro rimane una grande emergenza nazionale: servono più controlli, prevenzione, informazione, più sanzioni per chi non rispetta le norme su sicurezza e salute, l’istituzione di una patente a punti per le imprese virtuose, eliminare il pericolo dell’amianto. Il prossimo 22 giugno ribadiremo al ministro Calderone la necessità di un sistema sanzionatorio e di vigilanza più incisivo. La sicurezza va poi inserita nei programmi scolastici. È fondamentale, che anche l’innovazione tecnologica venga messa al servizio della salute e sicurezza dei lavoratori, non soltanto dei profitti».

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