Puglia, il Pil cresce ancora: primi segnali di ripresa

Puglia, il Pil cresce ancora: primi segnali di ripresa
di Pierangelo TEMPESTA
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Sabato 26 Agosto 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 27 Agosto, 22:51

Con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha fatto rientro a Roma dopo aver trascorso 17 giorni di vacanza a Ceglie Messapica, inizia a delinearsi l’agenda politica dell’autunno, che vedrà nella Legge di bilancio, ma anche negli interventi per il lavoro, per il caro prezzi, per l’inflazione e negli investimenti del Pnrr i nodi principali da sciogliere e i temi più caldi da affrontare. Il tutto mentre lievi segnali di ottimismo arrivano dagli ultimi dati sul Prodotto interno lordo, che vedono l’Italia registrare una crescita maggiore rispetto a Francia, Regno Unito e Germania e un Sud che cresce quattro volte di più rispetto a Francia e Germania messe insieme. L’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre evidenzia come la variazione del Pil reale nel 2023 sia del +1,1 per cento (a fronte di un +0,8 per cento della Francia, del +0,4 per cento del Regno Unito e del -0,3 per cento della Germania).

L'exploit del Sud

Le regioni del Mezzogiorno crescono dell’1 per cento, più a rilento rispetto a quelle del Centro e del Nord (che fanno registrare rispettivamente un +1,1 e un + 1,2), ma comunque più della media dell’area Euro, che si ferma a +0,9 per cento.

In Puglia, in particolare, rispetto ai livelli pre-Covid il Pil è cresciuto di 2,85 punti percentuali (dato superiore alla media nazionale, pari a 2,10 per cento), mentre per l’anno in corso l’incremento è dell’1,02 per cento. Tra il 2019 e il 2023 il Paese ha registrato un livello di crescita nettamente superiore a quello dei principali Paesi europei. Anche i dati delle singole province pugliesi inducono a un cauto ottimismo. Nella Bat la percentuale di crescita nel 2023 è dell’1,42 per cento, a Bari dell’1,38, a Taranto dell’1,21, a Foggia dell’1,08. Si scende a 0,95 a Lecce e a 0,48 a Brindisi. Anche per l’Istat il Pil italiano è atteso in crescita sia nel 2023 (+1,2 per cento), sia nel 2024 (+ 1,1 per cento). Un aumento che verrebbe sostenuto principalmente dal contributo della domanda interna al netto delle scorte e da quello più contenuto della domanda estera netta. Ci si attende, secondo l’Istituto nazionale di statistica, che i consumi delle famiglie segnino, in linea con l’andamento dell’attività economica, un aumento di mezzo punto nel 2023, che si rafforzerà nel 2024 grazie all’ulteriore riduzione dell’inflazione, a un graduale recupero delle retribuzioni e al miglioramento del mercato del lavoro. Anche gli investimenti dovrebbero mantenere ritmi di crescita elevati. E di pari passo dovrebbe crescere l’occupazione, che per l’Istat segnerà un incremento in linea con quello del Pil. Il miglioramento dell’occupazione si accompagnerà a un calo del tasso di disoccupazione al 7,9 per cento per quest’anno.

Lo scenario dell’Inps si fonda su ipotesi favorevoli sul percorso di riduzione dei prezzi nei prossimi mesi e sull’attuazione del piano di investimenti pubblici già programmati nel biennio. Il riscatto del Sud e, in generale, dell’Italia, per gli analisti della Cgia è dovuto ad almeno tre fenomeni. «Il primo riguarda l’entità degli aiuti messi in campo dagli ultimi esecutivi (Conte 2, Draghi e Meloni) per fronteggiare a livello nazionale la crisi pandemica e gli effetti del caro-energia. Tra ristori, contributi a fondo perduto, cassa integrazione, bonus economici, assunzioni nella sanità, tra il 2020 e il 2022 sono stati erogati almeno 180 miliardi di euro», a cui vanno ad aggiungersi i 91 miliardi che tra il 2022 e il 2023 hanno mitigato i rincari di luce e gas. «In quest’ultimo quadriennio lo Stato ha erogato oltre 270 miliardi di euro che sono riusciti, in buona parte, ad anestetizzare le difficoltà economiche piovute addosso agli italiani in questo inizio di decennio». Il secondo motivo, invece, riguarda la ripresa dei consumi delle famiglie e quella degli investimenti nelle costruzioni che, tra il 2021 e il 2022, hanno interessato soprattutto il Mezzogiorno. Terzo fenomeno preso in analisi dalla Cgia è l’aumento degli investimenti fissi lordi nel Sud «che, grazie anche alle risorse messe a disposizione dal Pnrr, ha interessato, in particolar modo, il comparto delle costruzioni». Ma non è tutto oro ciò che luccica. Le difficoltà, infatti, rimangono, e sono tangibili nella vita di tutti i giorni. «Come nel resto del Paese - affermano gli analisti - è in atto un forte rallentamento dell’economia che, a causa dell’inflazione e del conseguente aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce, potrebbe spingerci verso un autunno pieno di insidie». Soprattutto nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione, in special modo giovanile e femminile, resta molto alto e il livello di povertà e di esclusione sociale è preoccupante, mentre il deficit infrastrutturale «costituisce un ostacolo allo sviluppo e l’efficienza della pubblica amministrazione è tra le peggiori d’Europa». Tuttavia, è il segnale di speranza che lanciano gli esperti, «i segnali in grado di dar corpo a una svolta ci sono e potrebbero consolidarsi se nei prossimi tre anni riusciremo a spendere bene tutte le risorse che il Pnrr ha destinato al Mezzogiorno». 

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