Test, ospedali, scuole, tracciamento e assistenza domiciliare: la pandemia fra promesse e realtà. Ecco perché la Puglia è in affanno

Test, ospedali, scuole, tracciamento e assistenza domiciliare: la pandemia fra promesse e realtà. Ecco perché la Puglia è in affanno
di Francesco G. GIOFFREDI
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Venerdì 4 Dicembre 2020, 11:57 - Ultimo aggiornamento: 13:39

L'epilogo, quando arriverà, è purtroppo già scritto: andrà in scena un estenuante rimpiattino di colpe e responsabilità, governo e Regioni, istituzioni e medici, scuole e dipartimenti Asl. Tutti contro tutti. La seconda ondata della pandemia da coronavirus ha sfilacciato la trama, apparentemente unitaria, che aveva sorretto la prima, inattesa fase. Proprio nelle scorse ore Michele Emiliano ha mandato in onda un trailer: dito puntato contro il governo, durante una videoconferenza con i sindacati della scuola. E i camici bianchi intanto attivano l'alert: l'altroieri Filippo Anelli, presidente nazionale degli Ordini dei medici, ha invocato misure più restrittive per la Puglia, paventando il rischio implosione del sistema sanitario. Un appello, oggi, raccolto dai medici ospedalieri: «Condividiamo le parole di Anelli, la situazione negli ospedali rasenta la drammaticità. Durante la prima ondata, del resto, ci siamo salvati perché è stato chiuso tutto tempestivamente. E ci lasciano spesso perplessi le uscite dell'assessore Lopalco e del presidente Emiliano», dice Giosafatte Pallotta, segretario di Anaao-Assomed.
L'atmosfera è plumbea, in Puglia. E la tensione è alta. I numeri non perdonano: il contagio non allenta la presa, la percentuale di nuovi positivi sul totale quotidiano di tamponi resta superiore alla media nazionale (oltre il 18%, ieri), la mortalità conserva ritmi inquietanti, nonostante Rt (il tasso di trasmissibilità) sia sceso sotto 1. Il parere diffuso è il seguente: la Puglia s'è fatta trovare impreparata. Premesse e promesse estive erano ben altre.

IL GRAFICO: QP_Andamenti_04115210.pdf


Lo storico dei numeri e l'estate. Dopo un progressivo azzeramento della curva, agosto fa accendere la prima spia sul quadro comandi. Una data-campione: 25 agosto, 49 nuovi positivi su poco più di 3mila tamponi. L'estate pugliese delle porte aperte, dei lidi affollati e delle notti danzanti era quasi agli sgoccioli, ma evidentemente il virus circolava. Nel modo meno grave, ma più infido: propagando asintomatici, che sfuggono al controllo dei tamponi molecolari (che, soprattutto in Puglia, hanno una valenza perlopiù diagnostica). Dieci giorni prima, l'epidemiologo e non ancora assessore Pierluigi Lopalco aveva rassicurato: «Le discoteche all'aperto? La presenza delle persone viene comunque in qualche maniera mitigata dal fatto che all'aperto la trasmissione virale è più bassa».

Michele Emiliano alzava ulteriormente il tiro delle ambizioni: «Siamo perfettamente in sicurezza e la nostra capacità di gestire una pandemia è testata da un'esperienza lunga. Naturalmente, gli ospedali dovranno continuare a lavorare anche per la sanità ordinaria». Come non detto: il sistema andrà presto in tilt e un'ordinanza del governatore, a ottobre, stopperà l'attività ospedaliera non urgente. Uno sguardo ai numeri: a metà settembre i contagi quotidiani veleggiavano già non lontani dal centinaio. La salita sarà progressiva, fino ad oggi.


Tutti a scuola, anzi no. La Puglia, complice la due giorni elettorale, decide di far slittare l'avvio dell'anno scolastico al 24 settembre. Al trillare della campanella, il governatore e l'assessore assicurano: «Abbiamo messo in campo tutta la preparazione di cui potevamo disporre. I pediatri di libera scelta sono pronti ad affrontare i casi che inevitabilmente ci saranno. Non dobbiamo spaventarci, siamo pronti». Due giorni dopo, la Regione approva il Protocollo operativo gestionale in scuole e università: previsti i referenti scolastici presso le Asl, i tamponi molecolari «prioritari» per il personale, criteri di distribuzione dei test, ricostruzione dei contatti in caso di positività. Quasi tutto è rimasto lì, sulla carta. Per dire: la delibera che rende operative le linee guida del protocollo è del 9 novembre. Quando cioè Emiliano aveva già varato l'ordinanza hard per la didattica a distanza totale, poi bocciata dal Tar: era trascorso appena un mese da quel «non dobbiamo spaventarci». In realtà a spaventarsi è per prima la Regione, come racconta la relazione a firma Lopalco depositata al Tar: contagiati 672 studenti, 316 docenti, 67 tra il personale non docente, in quarantena rispettivamente 5.677, 1.232 e 271 persone. L'8 ottobre i contagi del giorno sono 248, il 24 settembre erano 73. Insomma: «I contagi sono ripartiti alla grande con la riapertura delle scuole», sentenzia più volte l'assessore dopo la piroetta e dopo il crash del sistema.


Il contact tracing salta. Emiliano ha sbarrato i portoni delle scuole perché i Dipartimenti delle Asl erano e sono al collasso e non riescono a ricostruire le catene di contagio (ampie) per ciascun singolo caso. Il protocollo prevede, prima del ritorno a scuola, il certificato del pediatra o del medico di famiglia. Il punto è che nei bambini i sintomi-spia sono estremamente comuni. Il pediatra ha quindi bisogno del tampone per avere certezze, «ma in Puglia occorrono quasi due settimane per ottenere l'esito», ha spiegato un mese fa Luigi Nigri, vicepresidente nazionale e referente per la Puglia di Fimp (Federazione italiana medici pediatri). Proposte? Sì: i test rapidi antigenici per le scuole. E il potenziamento del contact tracing? La Puglia zoppica: meno di un tracciatore ogni 10mila abitanti, dicono i 21 indicatori-sentinella del ministero. La Regione proprio in queste ore busserà peraltro alla porta dei medici di medicina generale: si occuperanno, anche loro, dei tracciamenti.


La corsa ai test rapidi. La terza gamba del contrasto al virus (oltre a tamponi molecolari e tracciamento) sono i test antigenici rapidi. Anche qui però è una corsa a perdifiato per recuperare ritardi: raggiunto l'accordo, i medici di medicina generale non sono ancora partiti con le campagne di testing. «Ieri - spiega Donato Monopoli, segretario regionale Fimmg - la Regione ha inviato richiesta alle Asl circa le sedi disponibili per effettuare i tamponi rapidi, dato che non tutti i medici potranno farli nei propri studi privati». Saranno destinati ai contatti stretti asintomatici di pazienti positivi. E tutti gli altri? Solo in questi giorni potrebbe prendere forma l'accordo con le farmacie pugliesi, per la libera vendita.


Gli ospedali in affanno. Parlano i numeri di Agenas: in Puglia è occupato il 50% e 47% dei posti letto delle terapie intensive Covid e degli altri reparti destinati alla pandemia. Troppi. La disponibilità è di 263 posti nelle intensive e di 3.062 per gli altri reparti. Nastro riavvolto al 3 agosto, presentazione del piano ospedaliero: «Stiamo potenziando la rete ospedaliera con 1.255 nuovi posti letto, per un totale di 13.725 posti letto. In Puglia passeremo da 304 posti letto di terapia intensiva a 580», scandiva Emiliano. Nelle scorse settimane, la Regione è stata invece costretta a programmare l'allestimento di ospedali da campo temporanei (160 posti letto in Fiera del Levante). Non è esente da colpe, e non solo in questo caso, anche il governo: Emiliano solo a metà ottobre è stato nominato sub-commissario per la Puglia.


Il personale carente. Molto spesso però il risiko ospedaliero incontra un ostacolo quasi insormontabile: la carenza di personale. Frutto, anche, delle passate ganasce dei piani di riordino e operativo, imposti negli anni dal ministero alla Regione. Da marzo ad oggi la Puglia ha potenziato gli organici degli ospedali inserendo 2.691 operatori sanitari (numeri della Corte dei conti), ma di questi solo 530 sono medici. Il reclutamento è complesso, il Dipartimento regionale ha persino invitato le Asl a dilatare fino a tre anni i contratti a tempo determinato. E i medici in pensione sono costretti a tornare in prima linea.


L'assistenza domiciliare. In Puglia il 93,8% dei pazienti covid è a domicilio. L'assistenza porta a porta però non è mai decollata: nella seconda ondata le Usca (unità speciali di continuità assistenziali, composte da un medico e un infermiere) non sono state attivate tempestivamente, oppure sono state dirottate sul contact tracing. Solo in questi giorni sono diventate 50, rispetto alle precedenti 30. Ma in tutto dovrebbero essere 80.


La presa in carico dei pazienti e la mortalità. Secondo gli indicatori ministeriali, in Puglia il tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi è di sei giorni. Un lasso temporale che agevola paurosamente la diffusione del virus. E che, soprattutto in una popolazione anagraficamente avanzata come quella pugliese, rischia di compromettere sul nascere la presa in carico dei pazienti. E potrebbe essere questa una delle chiavi di lettura della mortalità così accentuata: 6,1 decessi ogni 100mila abitanti negli ultimi sette giorni.

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