Musumeci: «Più mezzi e personale per contrastare gli incendi»

Musumeci: «Più mezzi e personale per contrastare gli incendi»
di Massimiliano IAIA
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Mercoledì 9 Agosto 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:30
Pugno duro contro i piromani, risorse in campo a sostegno di chi interviene nelle zone colpite da calamità naturali, tutela del mare da inquinamento, la salvaguardia della risorsa marittima anche attraverso il Piano varato dal suo ministero. Il ministro della Protezione civile e delle Politiche del mare Nello Musumeci, ieri a Maruggio per inaugurare il Museo dell’Archeoplastica, fa il punto sulle emergenze e dell’estate e assicura l’impegno del governo per proteggere il territorio. 
Ministro Musumeci, l’Italia e la Puglia, anche questa estate, hanno dovuto fronteggiare l’emergenza incendi. Spesso dietro c’è la mano dell’uomo. In che modo intendete proporre un inasprimento delle pene e quale ritiene possa essere la radice di queste azioni letteralmente criminali?
«Purtroppo quella degli incendi boschivi non è più un’emergenza. O, se si preferisce, è diventata un’emergenza strutturata. Ogni anno, soprattutto nelle regioni del Sud, la stragrande maggioranza degli incendi ha origine dolosa o legata a negligenza, superficialità e menefreghismo. L’inasprimento delle pene, da me annunciato in parlamento la scorsa settimana e appena varato dal governo, può costituire un utile deterrente. Ma serve una più diffusa cultura del rischio tra la gente». 
La grande quantità di roghi è spesso difficile da gestire, anche per scarsezza di mezzi messi a disposizione delle Regioni. Nei giorni più difficili, lei faceva notare che la Puglia non si è dotata di una flotta autonoma di Canadair. C’è un piano per dotare tutti i territori, soprattutto quelli più a rischio, di un adeguato parco mezzi e di un serio Piano di Protezione civile?
«La campagna antincendi boschivi, dice la legge 353 del 2000, è di competenza di ogni Regione. Lo Stato interviene quando per la complessità dei roghi la struttura regionale si rivela insufficiente. Appare chiaro che qualcosa non funziona, in termini di risorse umane, di mezzi e di adeguate strategie. Con il nostro dipartimento stiamo organizzando un incontro a Roma nel prossimo autunno, per affrontare il tema e tentare possibili rimedi».
Il mare intanto “ha la febbre”: sale la temperatura, anche del nostro Mediterraneo, anche 28 gradi in superficie. Incidono tanti fattori, anche l’inquinamento da carburanti e le tonnellate di plastica. Lei ha già detto che “occorre occuparsene seriamente”, ma con quali azioni concrete?
«L’inquinamento del mare Mediterraneo è un tema che riguarda una quarantina di nazioni. Certo che dobbiamo occuparcene seriamente, ma serve un’azione congiunta e coordinata. Spero che l’Unione europea possa assumere in tal senso una iniziativa forte e coordinata con i Paesi del Nord Africa e del Vicino e Medio Oriente».
Anche il Sud è colpito sempre più spesso da calamità naturali legate ai cambiamenti climatici. E tutti i governi devono fare i conti con questa realtà. Con l’ausilio tra le altre cose delle risorse Pnrr, quale sostegno ulteriore si può dare in termini di contromisure. 
«Lo sconvolgimento climatico è una delle cause delle frequenti calamità nazionali, che colpiscono tanto il Sud quanto il Nord. Le altre cause sono legate a mancata programmazione, scarsa manutenzione e assenza di una diffusa prevenzione strutturale. Col Pnrr si possono finanziare solo progetti realizzabili entro il 2026. Ma le infrastrutture fluviali e idriche sono quelle che richiedono più tempo. Ci sono altre risorse: quelli della Coesione e dell’Fsc, per esempio. Oltre al denaro già stanziato negli anni per la messa in sicurezza del territorio e non ancora utilizzato».
A proposito di inquinamento da plastiche: è un problema innanzitutto culturale?
«Il Mediterraneo è invaso da una quantità impressionante di rifiuti di plastica. Ogni anno ne riceve 230mila tonnellate e l’Italia ne è responsabile per circa il 15%. Serve un nuovo approccio, anche culturale, certo. E sono perciò contento di avere inaugurato ieri a Maruggio, in provincia di Taranto, un museo dell’Archeoplastica, ad iniziativa del Comune, un luogo che invita il visitatore alla riflessione su questo incombente problema».
Il Piano del Mare appena varato dal suo ministero cosa prevede? Ci sarebbero due direttrici da conciliare: la salvaguardia della risorsa marittima, ma anche le opportunità di sviluppo che offre.
«Il Piano del mare è il primo concreto strumento di programmazione per definire finalmente una strategia di governo unitaria. L’obiettivo è salvaguardare la biodiversità e l’ecosistema marino e, al tempo stesso, consentire uno sviluppo sostenibile dell’economia del mare. In alcune filiere l’Italia è leader indiscusso, non solo in Europa».
La transizione green riguarda anche il mare, sotto due aspetti: i carburanti ecosostenibili per le navi, ma anche la presenza dei parchi eolici in mare. Sotto il primo aspetto, in che maniera intendete dare ulteriore spinta?
«L’agenda della transizione green, come si sa, è dettata da Bruxelles. Come raggiungere gli obiettivi dipende poi da ogni Stato membro. Avere navi moderne, alimentate da carburanti ecosostenibili, e utilizzare al meglio il vento, il sole e il movimento perpetuo delle onde: sono le sfide che, pubblico e privato, dovranno saper affrontare e vincere nei prossimi anni. E dal Piano del mare arrivano le giuste indicazioni».
Il mare come risorsa e come attrazione turistica. Ma il dibattito di questi giorni, non solo in Puglia a dire il vero, si concentra su presunte speculazioni sui prezzi da parte degli operatori. È davvero così e si rischia in questo modo di vanificare gli sforzi che si fanno per valorizzare il nostro mare?
«Le statistiche degli ultimi anni confermano come la Puglia e le altre regioni del Sud potrebbero fare del turismo il motore di crescita per accorciare le distanze con le più ricche regioni del Nord. In un sistema assai competitivo, non basta un’offerta turistica varia e articolata: si vince anche con la qualità dei servizi e con prezzi onesti e ragionevoli. L’operatore spregiudicato che pensa di adottare ancora la vecchia politica del “pollo da spennare” va neutralizzato, perché rischia di compromettere la credibilità e l’immagine di un intero territorio. In tale direzione il governo pensa di adottare presto misure adeguate».
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