Caro-energia, Confindustria Puglia avvisa: «Serve più gas o tante imprese chiuderanno». Parla il presidente Fontana

Il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana
Il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana
di Paola ANCORA
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Venerdì 11 Febbraio 2022, 05:00

«Siamo preoccupatissimi», un superlativo assoluto a dire con esattezza la misura dell’impatto che il caro energia ha sul tessuto industriale pugliese. E se non bastassero le parole, ci sono i numeri a dare maggiore forza a quanto afferma Sergio Fontana, presidente regionale di Confindustria: «Solo la mia azienda, tanto per fare un esempio, pagava fino a pochi mesi 9mila euro mensili per l’energia elettrica. Ora la bolletta è lievitata fino a 27mila euro al mese e ci sono imprese più energivore della mia, come i pastifici, i mulini, i forni, quelle che si occupano di verniciature di materiali plastici e altre mille, che pagano molto, molto di più».

Presidente, da viale dell’Astronomia, a Roma, dove ha sede Confindustria nazionale, hanno chiarito che il caro energetico all’industria italiana costerà 37 miliardi di euro, anziché gli 8 pagati fino a oggi. Esiste una simile stima per la nostra regione?
«Non ne abbiamo una e spiace dire che la Puglia ha un numero limitato di imprese, rispetto ad altre realtà regionali italiane.

Ma anche per questo siamo preoccupatissimi. Perché quelle che resistono, che hanno investito, portato lavoro ora hanno difficoltà a immaginare un futuro a due mesi. C’è chi si chiede se valga la pena restare aperti». 

I sindacati hanno lanciato l’allarme: 4.000 posti di lavoro a rischio, se le cose non cambieranno alla svelta. Ma nel suo ultimo report pubblicato ieri, l’agenzia di rating Standard&Poor’s – a causa degli elevati costi di gas, carbone e materie prime - prevede prezzi alti almeno fino al 2023. Non proprio un orizzonte di speranza, il nostro. Quali sono le vostre richieste?
«Chiediamo allo Stato italiano una politica rapida e forte, che decida sulle attività estrattive del gas e sull’energia verde. Siamo una potenza manifatturiera, settima al mondo. Dobbiamo sapere cosa ci serve e investire su quello. Non vogliamo il nucleare, vogliamo l’idrogeno, va bene: ma quando arriverà? Non possiamo più aspettare. Abbiamo bisogno di una politica energetica nazionale». 

Ci spieghi cosa intende, cosa si aspetta.
«Dobbiamo estrarre gas, che abbiamo. Dobbiamo estrarre petrolio, che pure abbiamo. Noi pugliesi, peraltro, lo abbiamo vicino casa giacché ci sono giacimenti importanti in Basilicata che possono sicuramente essere sfruttati di più. L’alternativa è decidere di non usare energia: potremmo provare ad accendere delle candele, in casa e nelle città, vedere se funziona. Anche sul fotovoltaico, è brutto da vedere nelle campagne, sono d’accordo. Abbiamo rinunciato al rigassificatore di Brindisi, va bene, ma abbiamo rinunciato pur sapendo che se abbiamo bisogno del gas, da qualche parte dovremo pur prenderlo. Adesso i “cerotti” non bastano più. Servono aiuti immediati, che stanno arrivando sebbene non nella misura necessaria, ma servono soprattutto scelte, altrimenti chi può andrà a produrre altrove, anche in Francia dove l’energia costa meno che qui».

Presidente oggi l’Italia importa dall’estero il 94% del gas che le serve. Si punta a raddoppiare la produzione nazionale. Lei rappresenta tanto le industrie “energivore” che quelle turistiche pugliesi, che sul paesaggio hanno investito. Come si tengono insieme la necessità di una maggiore produzione nazionale di energia con la tutela del paesaggio?
«Si tengono insieme con un confronto pubblico per capire quali scelte vanno fatte. La buona politica serve a trovare compromessi, non a dire soltanto “no”. La buona politica sceglie, decide, prende posizione. A partire da un dato di realtà: le bollette le paghiamo tutti e l’energia serve a tutti. Questo non può essere ignorato». 

Con chi ce l’ha, con il Governo, con la Regione?
«Dico solo che c’è bisogno di decisioni in continuità istituzionale, frutto di un atteggiamento collaborante fra comuni, Regioni e Governo, chiamato poi a fare il “regista”. Altrimenti non se ne esce. E questo, adesso, non c’è». 

C’è chi ha avanzato - Nomisma Energia, solo per fare un esempio - la possibilità di raddoppiare la portata del gas che arriva in Italia dall’Azerbaijan tramite il Tap. Condivide?
«Da industriale del mondo farmaceutico e da imprenditore pugliese penso che tutte le fonti energetiche che ci consentano di avere maggiori vantaggi, vadano bene. Tutto quanto ci fa risparmiare ed è sostenibile dal punto di vista ambientale, va intrapreso e fatto. Ma subito».

Il raddoppio potrebbe essere realizzabile entro la fine dell’anno e anche le attività estrattive dai giacimenti di gas in Adriatico - ha chiarito il ministro Roberto Cingolani - darebbero i loro effetti in due anni, non prima. 
«Se i prezzi resteranno così elevati, tante aziende potrebbero chiudere. Siamo alla fine di una emergenza sanitaria, viviamo un quadro di grande incertezza internazionale con i conflitti in corso fra Russia e Ucraina e quello, non meno preoccupante, fra Cina e Taiwan, dove si producono la maggior parte dei microprocessori. Le nubi sul nostro futuro sono tantissime, ma ce ne sono alcune che possiamo disperdere noi e sono legate alla politica energetica. Si apra un dibattito e si decida cosa fare. Sono felice che sia il ministro Cingolani a occuparsi di questi argomenti, è uno scienziato e ha le competenze adatte. Ma deve passare dalle parole ai fatti». 

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