Sos medici, in 10 anni ne mancheranno 409 «Serve una svolta»

Sos medici, in 10 anni ne mancheranno 409 «Serve una svolta»
di Maddalena MONGIò
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Lunedì 30 Dicembre 2019, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 09:10

Medici di famiglia, camici bianchi del 118, specialisti. Sempre meno e dal Salento riparte l'appello a coprire le carenze di là da venire. Tra Quota 100 e scuole di specializzazione che non coprono il reale fabbisogno la proiezione a breve e medio termine non è delle più rosee. Con l'aggravante che i laureati in Medicina non hanno la certezza di concludere il percorso di formazione e una buona parte rimane nel limbo dei cosiddetti camici grigi.

Nel giorno in cui l'Ordine di Lecce ha deciso di festeggiare la professione con tanto di cerimonia al teatro Apollo ecco che il presidente Donato De Giorgi, numeri alla mano, rilancia l'allerta. Punto primo: i pensionamenti. Quelli previsti in Puglia per i medici sono 3.292 a fronte di 2.422 neo specializzati, secondo i dati del sindacato Anao.

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Ma il buco nero è un altro. La Fimmg (Federazione Italiana Medici di famiglia) ha stimato che dal 2022 inizierà l'anno nero e, per quando riguarda l'Asl di Lecce, mancheranno all'appello 63 medici di famiglia rispetto alle esigenze stimate in base alla popolazione. L'anno successivo mancheranno 111 medici di famiglia e il gap, praticamente, non si fermerà. Fino a quando nel 2031 quando in provincia di Lecce ne mancheranno 409. Una cifra che in tutta la Puglia raggiungerà quota 1.570.

Da qui a 10 anni, stando ai dati dell'Enpam (Cassa previdenziale dei medici) il 62 per cento dei medici di famiglia andrà in pensione, mentre su base salentina la quota sale al 70 per cento. Sette su dieci, dunque. Numeri da capogiro.
Ed è anche in questo contesto che si inserisce Ars Medendi, l'evento organizzato per questa sera all'Apollo dall'Ordine dei medici per rendere omaggio alla professione medica nel Salento. E lo stesso De Giorgi spiega che anche in questa situazione ha senso festeggiare la professione: «Il significato profondo non è quello di una celebrazione, né di un rituale autocompiacimento, ma è opportunità per riflettere insieme ai cittadini della provincia di Lecce su alcuni temi, che rappresentano la centralità esistenziale della nostra azione professionale: testimonianza, coraggio e orgoglio. Essere medici oggi in un territorio difficile presuppone prima di tutto una testimonianza forte, che non è solo riscoprire le nostre radici, ma riflettere su 50 anni di storia della sanità salentina, che si è intrecciata con quella di medici che l'Ordine si onora di festeggiare nella ricorrenza delle nozze d'oro con la professione. Testimonianza di un percorso lungo, fatto di sacrifici, di successi, prestigiosi riconoscimenti o semplice gratitudine di ammalati e cittadini, ma anche difficoltà, solitudini di scelte, una storia antica, ma senza retorica sempre straordinaria che attraversa mutamenti epocali e che consegna un'eredità e una risorsa culturale enorme. Un modo e un mondo diverso, basato soprattutto sull'autorevolezza morale, culturale e sociale».

Certo, c'è tanto da correggere. E lo stesso De Giorgi analizza cause ed effetti: «Nel 2019 abbiamo registrato il maggior numero di neo iscritti nella storia del nostro Ordine, ma paradossalmente sappiamo e talvolta urliamo l'incombente minaccia di ospedali svuotati e desertificati, soprattutto quelli considerati di serie B e addirittura di serie C, e in cui la nuova rimodulazione, senza una rete con reale pari dignità, tiene lontani i medici privati di motivazioni professionali, soprattutto in alcune specializzazioni caratterizzate da grandi sacrifici e pari rischi clinici. E sull'altro fronte ci sono i colleghi di Medicina generale in numero sempre minore, oberati da una burocrazia terroristica e mutevole, pronta a competere con il tempo di cura e di ascolto, ma chiamati a competenze sempre più complesse e coinvolgenti».
Storture e non poche: questo fa capire il presidente dell'Ordine. Che poi mette il dito nella piaga facendo riferimento alla mancanza di borse di studio finanziate: «Tale paradosso è legato ad un percorso formativo asimmetrico. C'è una sorta di imbuto che impedisce a molti, dopo la laurea, il completamento necessario con la specializzazione per la concreta possibilità lavorativa. Così come sempre più spesso giovani medici formati decidono, o meglio sono costretti, di emigrare in altri Paesi o in altre regioni più accoglienti e stimolanti. Da tutto questo origina l'orgoglio di una scelta impegnativa: ristabilire un nuovo patto per la salute come paradigma di essere medici nel nostro territorio difficile, ma straordinario, proprio come la nostra professione».

La ricetta? «Il coraggio perché oggi è mutata ogni cosa.

Le conoscenze e il ruolo del medico - afferma De Giorgi - ma soprattutto il rapporto di alleanza con il paziente. La tecnologia è entrata prepotentemente nel nostro mondo, ma è necessario saperla governare per utilizzarla come straordinaria opportunità. È richiesto il coraggio di rimettersi in discussione, di aggiornarsi, di essere protagonisti del cambiamento. Coraggio per un modello diverso di medico, basato soprattutto sul saper fare e il saper essere. Se il coraggio è associato all'essere giovani, è evidente che questa nuova linfa è la speranza di un progetto, su cui dobbiamo puntare».

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