Infermiere di famiglia novità del Patto per la Salute: chi è e cosa fa

Infermiere di famiglia novità del Patto per la Salute: chi è e che cosa fa
Infermiere di famiglia novità del Patto per la Salute: chi è e che cosa fa
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 19 Dicembre 2019, 12:01 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 00:22

Li chiamano infermiere di famiglia. È una figura professionale che deve portare più sanità sul territorio: significa evitare che pronto soccorso e ospedali vengano visti come unico punto di riferimento per i pazienti. Per patologie croniche e figure fragili, che necessitano di assistenza periodica, l'infermiere di famiglia può essere una risposta da sviluppare nel tempo, secondo quanto previsto dal patto per la salute siglato tra governo e Regioni e sostenuto dal ministro della Salute, Roberto Speranza.

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Più nel dettaglio spiegano dal Ministero, l'obiettivo è valorizzare l'assistenza infermieristica di famiglia/comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone, nell’ambito della continuità dell’assistenza, e dell’aderenza terapeutica in particolare per i soggetti più fragili. In alcune regioni ci sono già sperimentazioni, ma ovviamente l'istituzione di questo tipo di figure in forma strutturale sarà complicata, anche a causa delle carenze negli organici che si sono create negli anni anche alla voce personale infermieristico. Il patto per la salute prevede anche più risorse per le assunzioni, ma c'è ancora molto terreno da recuperare. Siega il ministro della Salute, Roberto Speranza: 
«L’infermiere di famiglia è un tassello importante della riforma dell’assistenza sul territorio che abbiamo inserito nel nuovo Patto per la Salute. Di fronte ai cambiamenti epidemiologici e demografici dei prossimi decenni dobbiamo essere sempre più vicini ai nostri anziani e ai malati cronici e questo è uno strumento chiave per le cure residenziali e per evitare che, per mancanza di risposte assistenziali, si vada nei pronto soccorso».

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Il pezzo di oggi sul Messaggero (di Mauro Evangelisti). Negli ospedali in cui mancano i medici si punterà sugli anziani e sui giovani: su base volontaria potranno restare fino a settant'anni, ma in parallelo per i laureati in medicina ci saranno contratti a tempo determinato anche dal terzo anno di specializzazione. Non solo: il nuovo patto della salute, con valenza triennale, varato ieri grazie all'accordo tra Stato e Regioni, guarda anche al rafforzamento della sanità di territorio, vale a dire fuori da pronto soccorso e ospedali. C'è ad esempio il ruolo delle farmacie dei servizi (sono 19mila in tutta Italia, forniranno anche test di prima istanza o prenotazioni di visite specialistiche) ma c'è anche quello degli infermieri di famiglia, che seguono a domicilio per particolari malattie croniche.

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IL POTENZIAMENTO
Spiegano più nel dettaglio al Ministero della Salute: «Ci sarà il potenziamento dell'assistenza domiciliare, semiresidenziale e residenziale per prevenire l'aggravamento delle patologie legate ai processi di invecchiamento della popolazione. Amplieremo la sperimentazione della Farmacia dei servizi, come presidio rilevante per la presa in carico dei pazienti ed il controllo dell'aderenza terapeutica. Verrà valorizzata l'assistenza infermieristica di famiglia-comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone, nell'ambito della continuità dell'assistenza, e dell'aderenza terapeutica in particolare per i soggetti più fragili».

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FONDI
Ma c'è un numero che pesa soprattutto in questo provvedimento: 3,5 miliardi di euro per il biennio 2020-2021. Sono le risorse aggiuntive inserite nel fondo sanitario nazionale, la torta che viene suddivisa tra le varie regioni. Ieri ha spiegato il ministro della Salute, Roberto Speranza: «Penso che questa sia la scelta giusta: grande unità e grande coesione tra lo Stato, il Governo e le Regioni. Proviamo ad investire con 2 miliardi di euro in più quest'anno e 1,5 miliardi il prossimo. Ma abbiamo un obiettivo molto più ambizioso da qui alla fine della legislatura, annunciato insieme al presidente del Consiglio Conte: 10 miliardi per la sanità». In altri termini: il fondo passa da 114.474.000.000 euro per il 2019, a 116.474.000.000 euro per il 2020 e a 117.974.000.000 euro per il 2021. Per il Lazio, significa avere a disposizione 350 milioni di euro in più da qui al 2021, che serviranno anche a coprire la carenza degli organici. Sono previste 5.000 assunzioni, il 60 per cento saranno infermieri, il 40 medici. Cambiano anche i sistemi di misurazione dei Lea (livelli essenziali di assistenza): sono le pagelle alle prestazioni sanitarie, che verranno suddivise in tre settori, offerta nella prevenzione, negli ospedali e sul territorio. Ma ieri non sono mancate le fasi di tensione, per una trattativa assai complicata, non solo perché bisognava mettere d'accordo regioni di centrodestra e di centrosinistra. In particolare, da quelle del nord sono arrivate le spinte più forti per il via libera alla permanenza in servizio dei medici ultra settantenni e per l'apertura agli specializzandi. Su questo, in fase di discussione, c'era stata una frenata di un funzionario del Mef, che ha causato, raccontano dall'entourage del ministro, una reazione di Speranza che ha battuto il pugno sul tavolo dicendo: «Il ministro della Salute sono io, spettano a me queste decisioni».

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LE ASSUNZIONI
Sul fronte degli organici ci sarà un margine superiore, dopo che per anni ci sono stati dei limiti molto rigidi: nel triennio 2020-2022 sale fino al 15 per cento, rispetto all'incremento annuale del Fondo sanitario nazionale, il budget disponibile per nuove assunzioni. Si tratta di una formula complicata che può essere sintetizzata in questo modo: le Regioni che dimostreranno di avere carenze di medici e infermieri avranno margini più ampi per correre ai ripari. Trovata l'intesa, da destra come da sinistra sono arrivati commenti positivi. Ad esempio il presidente del Veneto, Luca Zaia (Lega) ha rivendicato: «In questo documento c'è molto di Veneto, soprattutto per quanto riguarda le risorse umane e la carenza di medici, con l'inserimento nei bandi degli specializzandi dal terzo anno, la possibilità di permanenza al lavoro dei medici con 40 anni di servizio che lo desiderino, ma anche la valorizzazione complessiva del personale infermieristico, e l'inserimento di risorse aggiuntive da introdurre nella contrattazione integrativa. Siamo soddisfatti». Dall'altra parte, Nicola Zingaretti, presidente del Lazio e segretario nazionale dal Pd: «Apriamo una nuova stagione di giustizia sociale».

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