"Filo di Arianna", gli sviluppi dell'inchiesta: «Smaltimento oli esausti solo con l'ok del clan»

"Filo di Arianna", gli sviluppi dell'inchiesta: «Smaltimento oli esausti solo con l'ok del clan»
di Roberta GRASSI
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Martedì 16 Maggio 2023, 20:54 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 14:20

Non solo rapporti societari in loco. Non solo contatti con la ‘Ndrangheta per l’approvvigionamento di fiumi di cocaina. Ma anche un interesse negli appalti pubblici e in particolare nello smaltimento degli oli esausti legato al nome di una ditta già conosciuta, la Soloil. Già conosciuta perché finita al centro di un’inchiesta riguardante un clan della Camorra di Afragola (Napoli). Per intenderci l’indagine che ha coinvolto, con l’accusa di corruzione con l’aggravante mafiosa l’ex assessore e attuale consigliere comunale di Lecce, Andrea Guido, attualmente libero dopo alcuni mesi ai domiciliari e da sempre fermo nell’affermare la propria estraneità a qualsiasi contesto criminale. 
“Nell’illustrare gli elementi di interesse in relazione allo smaltimento degli olii vegetali esausti – scrive il gip, Laura Liguori - il pm ha ricostruito quanto emerso nel corso delle indagini in merito ai rapporti tra la società Soloil Italia ed esponenti della pubblica amministrazione, in persona di quello che all’epoca dei fatti era l’assessore all’ambiente del Comune di Lecce Andrea Guido. Si tratta di rapporti risalenti al 2017 oggetto di altro procedimento penale e con riferimento ai quali non si ritiene ci si debba soffermare in questa sede, non essendo necessari ai fini della ricostruzione dei fatti per cui pende il presente procedimento”.

Ad ogni modo, le questioni societarie relative alla Soloil sono state ritenute di rilievo, a prescindere dal contesto Leccese, per documentare l’interesse del clan nell’economia legale. E soprattutto il ruolo del gruppo Politi nella gestione dei business di questo genere: dal caffè, all’intrattenimento. Fino alla ristorazione. Se ne parla nell’inchiesta "Filo di Arianna" che ha portato a 16 arresti su ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposti dal gip Laura Liguori su richiesta del pm Carmen Ruggiero, ed eseguiti dai carabinieri del Ros che hanno anche arrestato in flagranza due persone, tra cui un finanziere di Monteroni in servizio a Brindisi.

Durante le perquisizioni è saltata fuori droga e contanti per 300mila euro in tutto. 

Il clan finito sotto la lente degli investigatori è quello riconducibile secondo le investigazioni a Saulle Politi, con influenze principalmente su Monteroni e Carmiano, ma estensioni anche su Porto Cesareo, Gallipoli, Arnesano, San Pietro in Lama, Veglie. 

Gli indagati in tutto sono 47. E numerosi i capi d’accusa. Si parte dall’associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di droga, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto abusivo di armi e munizioni e frode fiscale, estorsione, rapina e trasferimento fraudolento di valori, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita aggravati dal metodo mafioso o dall’aver favorito i clan. 
L’organigramma è tracciato con dovizia di particolari: capo e organizzatore Gabriele Tarantino, che è ritenuto il luogotenente di Saulle Politi, attualmente detenuto. Poi Francesco Politi, che si sarebbe occupato della gestione delle attività economiche nel settore del commercio e della distribuzione del caffé (non è stato arrestato). Quindi Fernando Nocera, ritenuto il referente del clan su Carmiano. Pierpaolo Panarese, per la Procura stretto collaboratore di Tarantino. Quindi ancora Manuele Sperti, Ludovico Tarantino, Rosy Colelli, Raffaele Sperti, Giacomo Pulli, e Giovanni Parlangeli, affiliato ai Tornese ma referente per l’accusa del clan Padovano. 

Si parla di armi, di spedizioni punitive. Di fiumi di cocaina acquistati dalla Calabria, e quindi di contatti con la ‘Ndrangheta. Di estorsioni a più zeri, minacce. Spari contro le colonnine dei distributori di benzina. Intimidazioni a un consigliere comunale, a Porto Cesareo, che avrebbe voluto presentare una interrogazione sulla presenza di amministratori all’interno del ristorante Isola Beach: «Tie non sai ci simu? Dietro di me ci sono quelli di Monteroni». E poi contestazioni da colletti bianchi: autoriciclaggio, elusione delle misure patrimoniali, quote societarie intestate a prestanome, fatture false per operazioni inesistenti emesse per evadere l’Iva, anche questo reato ipotizzato con l’aggravante di aver agevolato il clan Politi. 

E si parla anche di interessi in una azienda che gestisce oli esausti. Se ne sarebbero occupati Fernando Nocera, referente secondo l’accusa dei Tornese su Carmiano e Manuele Sperti, che ne avrebbe agevolato l’attività sul territorio “intervenendo nei contrasti con imprese concorrenti e concordando le modalità di spartizione delle diverse aree”.

Dall’inchiesta emerge che la Soloil, “ha potuto operare nel settore economico dello smaltimento degli olii alimentari esausti solo ed esclusivamente in ragione dell’autorizzazione dei sodalizi mafiosi presenti sul territorio di interesse, fra i quali i gruppi federati al clan Tornese diretti da Saulle Politi e Fernando Nocera". 
E in breve tempo avrebbe acquisito nella provincia di Lecce “una consistente fetta di mercato”. La Soloil è di Francesco Di Sarno, nell’inchiesta campana era finito in carcere per presunte collusioni con il clan camorristico Moccia. 

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