Brindisi, il papà del ragazzo ucciso lo ricorda: «Terribile soccorrerlo»

Brindisi, il papà del ragazzo ucciso lo ricorda: «Terribile soccorrerlo»
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Venerdì 9 Settembre 2022, 19:02 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:01

«A tre anni da quella tragica notte, noi non dimentichiamo il nostro Giggetto». Così il padre di Giampiero Carvone (Piero, che racconta quel terribile momento) chiamava il figlio 19enne, morto nella notte tra il 9 e il 10 settembre del 2019. Oggi, alle ore 18, presso la chiesa del cimitero, il giovane sarà ricordato con una messa. Per quell’omicidio, avvenuto in via Tevere, al quartiere Perrino, lo scorso giugno è finito in carcere il presunto autore: il brindisino 26enne Giuseppe Ferrarese, arrestato dagli uomini della Squadra mobile dopo mesi di indagini che hanno scavato all’interno di una storia (che riguarda alcuni giovani di quel quartiere), lasciando emergere uno “sgarro” lavato con il sangue. 

Il movente

Il movente di questo omicidio ruoterebbe (inizialmente) intorno al furto di un’auto, una Lancia Delta, parcheggiata in Largo Amedeo Avogadro - quel 9 settembre - e ritrovata danneggiata nei pressi del cimitero comunale, qualche ora dopo. Quel furto fu addebitato a Giampiero e quello stesso pomeriggio in casa Carvone si presentarono i proprietari dell’auto, chiedendo che l’auto danneggiata venisse riparata. Di fronte alla richiesta il 19enne garantì a quel gruppo di persone che avrebbe reperito i pezzi di ricambio utili, mentre il padre si offrì di portare personalmente il veicolo da un carrozziere. Poi la tragedia.

Il delitto

Qualche ora dopo, in piena notte, il presunto omicida avrebbe organizzato un agguato (avvenuto a colpi di pistola sotto casa di Giampiero) per “lavare” l’onta di un furto fallito e l’emergere di nomi che non andavano fatti all’interno di quel gruppo poco “omertoso”.  Un dolore immenso per questa famiglia che non dimenticherà mai quel momento. Questo il racconto del padre Piero. «Da quelle notte la mia vita è cambiata. Con la morte di Giampiero ogni cosa è stata stravolta e, dopo tre anni, questo dolore ancora non passa», racconta il padre.
«Da quel momento - prosegue - ho vissuto cose che “regalano” solo la televisione e il cinema e che non immaginavo mai di vivere personalmente.

Soccorrere mio figlio, dopo essere stato sparato, è stato terribile. Una scena che mai dimenticherò. Dopo, pensavo che la giustizia avrebbe fatto immediatamente chiarezza, ma le indagini condotte all’inizio sono state un po’ complicate (ruotavano solo intorno al movente dell’omicidio con nomi che non c’entravano nulla sull’agguato) e non voglio dare colpa a nessuno di queste persone. A lungo andare, poi, la situazione è diventata molto più chiara per me e per mia moglie: tutti in città sapevano chi aveva ammazzato nostro figlio, ma il colpevole continuava a girare per Brindisi e mancavano solo sei mesi per chiudere le indagini. Era pazzesco». Quindi la svolta. 

Il racconto: «Mai smesso di combattere»

«Io e mia moglie non abbiamo mai smesso di combattere per fare emergere la verità, arrivata grazie anche al coraggio di una testimone (che non smetterò mai di ringraziare) e alla collaborazione di alcuni pentiti: tasselli che (grazie anche al prezioso lavoro svolto dalla Dda di Lecce) hanno completato la prova effettiva. Dopo la morte di Giampiero ho combattuto anche con il Comune per cambiare casa: non riuscivo più a vivere in quell’appartamento, passando per una strada che mi riportava alla mente certe immagini. Ogni volta era una pugnalata e non volevo far capire alla mia famiglia che stavo male. Ora ho finalmente cambiato abitazione, trovando anche un dialogo interiore con mio figlio, con la sua anima. Dopo quell’arresto, Giampiero riposa finalmente in pace, ma io non perdonerò mai il colpevole”. E ai giovani: «Ragazzi state attenti a quello che fate, trovate sempre una soluzione a vostri problemi: non si può morire a 19 anni».

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