Enel mette in standby la centrale, pressing dei sindacati sul tavolo per la decarbonizzazione

La centrale Enel "Federico II" di Cerano
La centrale Enel "Federico II" di Cerano
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Giovedì 25 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:54

Conferma del polo di Enel Logistics, conversione a turbogas, investimenti nelle fonti rinnovabili e nell’accumulo “anche con lo sviluppo di filiere industriali innovative, così come avvenuto in altre regioni”, dissalatore, conferma della centralità del porto di Brindisi, eolico offshore, bonifiche nel Sito di interesse nazionale, idrogeno, estensione della Zona franca doganale, uso di fondi europei e ammortizzatori sociali da parte della Regione.

Le proposte

Sono queste, in breve, le linee di intervento che, per i sindacati di categoria, consentiranno di affrontare nel modo migliore possibile la decarbonizzazione, con le sue tante incognite, a cominciare dalla chiusura della centrale Enel “Federico II”. E sono stati proprio i segretari di Ficltem Cgil Antonio Frattini, Flaei Cisl Ugo Galiano e Uiltec Uil Carlo Perrucci a mettere nero su bianco queste proposte ed inviarle al tavolo regionale sulla decarbonizzazione, in particolare al presidente della Regione Michele Emiliano, all’assessore allo Sviluppo economico Alessandro Delli Noci, all’assessore al Lavoro Sebastiano Leo, al presidente dalla Task force regionale per l’occupazione Leo Caroli, al prefetto Michela La Iacona, al presidente della Provincia Toni Matarrelli ed al sindaco di Brindisi Giuseppe Marchionna, oltre che ai segretari nazionali dei rispettivi sindacati.

Lanciando l’allarme su quanto sta accadendo a Cerano.

La centrale in standby

Dopo la riunione del 6 dicembre scorso del Comitato di coordinamento per il rilancio dell’area industriale di Brindisi, come espressione del Comitato insediatosi a luglio dello scorso anno presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy, non vedendo ulteriori convocazioni e, verosimilmente, temendo che la questione venga dimenticata per troppo tempo, i segretari hanno innanzitutto evidenziato che a causa della situazione del mercato elettrico nazionale e del conseguente mancato utilizzo di tutti e tre i gruppi produttivi della centrale, Enel «ha deciso di procedere con la “messa in conservazione” delle principali apparecchiature del sito: caldaie, turbine, alternatori, eccetera. Questo per preservare al meglio le stesse e utilizzarle in futuro se Ter né chiederà la messa in servizio. La transizione energetica, dunque, sta accelerando, «con conseguenze immediate e nel breve termine sul mantenimento dei livelli occupazionali diretti e nell’indotto. Tutto questo in un territorio che sconta già diverse criticità nella tenuta produttiva e occupazionale e nel quale si sta delineando una condizione di vera e propria crisi della tenuta sociale dell’intera area brindisina».

Il grido di allarme

Da qui la lettera-appello alle istituzioni che compongono il tavolo regionale, emanazione di quello nazionale istituito grazie ad una proposta di legge dei deputati di Forza Italia Mauro D’Attis e Alessandro Battilocchio. Documento nel quale i sindacati indicano quelle che, secondo loro, sono le strade da seguire per evitare impatti deleteri, soprattutto dal punto di vista occupazionale e sociale, sul territorio. Si comincia, naturalmente, da quello che è il cavallo dei battaglia delle rivendicazioni dei sindacati di categoria: quella conversione a gas che Enel, fino ad oggi, dopo che Terna ha spiegato di non averne bisogno, non ha più voluto prendere in considerazione. Ma la società, sostengono i segretari, «va richiamata da parte di Regione e governo nazionale ad una assunzione chiara di responsabilità nei confronti del territorio brindisino». Non solo con l’investimento di Enel Logistics, «che riteniamo positivo» commentano i sindacati. Enel, aggiungono, «deve essere coinvolta e rendersi protagonista di una transizione energetica e sociale nel territorio con investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili, batterie, ma anche con lo sviluppo di filiere industriali innovative».

Il futuro di Cerano

Tutto il sito di Cerano va utilizzato, una volta smantellati gli impianti non necessari. Ma bisogna andare anche oltre il perimetro, utilizzando tutte le aree disponibili «per sviluppare iniziative imprenditoriali e contribuire alla chiusura del ciclo dei rifiuti, alla generazione di bio gas». E ancora la realizzazione del dissalatore usando la presa a mare già esistente e l’estensione della Zona franca doganale per comprendere parchi carbone e vasche di contenimento reflui di Cerano. Ma ci sono altre questioni, che non richiedono l’intervento diretto di Enel ma, invece, di Stato e Regione come la conferma della centrallità del porto di Brindisi, «assicurando investimenti per l’adeguamento delle infrastrutture portuali agli assi stradali e ferroviari di collegamento»; la realizzazione di parchi eolici offshore al largo della costa di Brindisi, con le relative filiere a terra, bonifiche e riperimetrazione dell’area Sin e creazione di connessioni «tra zona industriale e porto» con l’utilizzo delle aree retroportuali, favorendo investimenti anche grazie all’utilizzo dei fondi Fesr e Fsc.

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