Enel, l'ombra della decarbonizzazione: primo sciopero dei dipendenti della centrale “Federico II”

La centrale Enel "Federico II"
La centrale Enel "Federico II"
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Martedì 12 Dicembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 11:51

Senza un intervento del governo, Enel abbandonerà il sito di Brindisi. Ne sono convinti i sindacati che, nella prima giornata di sciopero sul futuro della centrale “Federico II” di Cerano, dopo l’assemblea generale dei lavoratori tornano a lanciare pubblicamente l’allarme.

Lo sciopero dei dipendenti Enel

Proprio nel pomeriggio di ieri, riferiscono infatti i segretari delle organizzazioni sindacali del comparto elettrico Antonio Frattini (Filctem Cgil), Ugo Galiano (Flaei Cisl) e Carlo Perrucci (Uiltec Uil), si è svolta l’assemblea generale dei lavoratori e delle lavoratrici della centrale Enel, indetta dagli stessi sindacati, durante la quale i tre segretari hanno innanzitutto relazionato riguardo all’incontro che si è tenuto nei giorni scorsi a Bari, con tutte le parti sociali ed istituzionali, per «riaprire la discussione in ambito regionale dopo l’incontro svolto a livello ministeriale». Frattini, Galiano e Perrucci «hanno motivato sulla necessità dello stato di agitazione e dello sciopero dello straordinario, che è stato ridotto a soli 8 giorni, a seguito dell’intervento della Commissione di garanzia sui servizi pubblici essenziali, che ha sancito il pieno rispetto della tregua natalizia, dal 20 dicembre al 6 gennaio, periodo nel quale viene vietato ogni possibile azione di sciopero, straordinario compreso».

Tavoli ancora inconcludenti

I rappresentanti sindacali, poi, hanno sottolineato che «malgrado la forte determinazione del presidente Michele Emiliano e dell’assessore alle Attività produttive Alessandro Delli Noci, Enel, anche, in quel contesto ha ribadito quanto già dichiarato a livello ministeriale, per Brindisi solo un piccolo impianto fotovoltaico con accumulo di energia e produzione di idrogeno verde, (bando della Regione Puglia per il riuso di aree industriali dismesse e parziale copertura con fondi Pnrr), completamento dei lavori di smontaggio totale di ogni parte infrastruttura industriale dell’area adiacente al porto, con progetto in via autorizzativa e finanziamento per destinare le aree a logistica (Enel Logistic), nessuna attività industriale».

Soluzioni insufficienti

Gli investimenti e le attività previsti in vista della decarbonizzazione, secondo i sindacati, «non garantiranno i livelli occupazionali dei diretti, dell’appalto e dell’indotto. Nella riunione svolta in Regione Puglia, Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil hanno rilanciato una transizione sociale e occupazionale che, così come previsto dal Piano nazionale integrato energia e clima del 2017, e ripreso, anche, nella revisione fatta dal governo in carica, deve accompagnare la transizione ecologica utilizzando come vettore il gas e quindi impianti dedicati. Per questo è stata ribadita l’esigenza di procedere con una chiara valutazione del governo sullo stato della transizione, gli impianti attuali e nuova valutazione di Terna, che non può solo predisporsi con nuove interconnessioni per l’importazione di energia da paesi esteri, aumentando la dipendenza dell’Italia da altri produttori. Enel con il suo piano industriale 2024-2026 ha deciso di rinunciare al ruolo di propulsore della transizione energetica, non chiarisce in alcun modo quali siano i progetti di Enel Green Power, e lo stabilimento di Catania, che doveva essere duplicato in altri territori con impianti a carbone, viene addirittura messo in vendita, e Ikea subentra con una partecipazione pari al 50%».

La richiesta della conversione a gas

L’impegno assunto dai sindacati di categoria di fronte ai lavoratori è quello di «costruire una posizione unitaria di pieno rilancio della vertenza, che deve sempre più configurarsi come una vertenza per lo sviluppo industriale del territorio, e rivendicare con forza al governo chiare politiche industriali nei vari comparti, tra questi quello energetico, con possibili azioni di orientamento delle aziende controllate, come Enel e Terna, che devono gestire da protagoniste la transizione. Senza alcun intervento del governo Enel attuerà la sua politica industriale, abbandonare Brindisi e l’intero Sud del Paese».

Il “preavviso di sfratto” del sindaco

Dopo la riunione di Bari, alla quale ha partecipato in videoconferenza, il sindaco Giuseppe Marchionna ha confermato la sua posizione, dura, rispetto al futuro della centrale: «Enel ci deve dare un piano in tempi ragionevolmente brevi. Posso capire che l’azienda abbia bisogno di riorganizzarsi, capisco il cambio di governance, la mutazione del quadro generale, con la guerra in Ucraina e quella in Medio Oriente». Ma ora, considerata la vicinanza della data fissata per il phase out dal carbone, ovvero il 31 dicembre 2025, occorre chiarezza assoluta. «Se Enel - ha concluso infatti Marchionna - pensa di poter impunemente andare via senza mostrare il minimo interesse per il destino di questa città, dopo averla occupata per 40 anni, ha sbagliato i conti. Io chiederò al governo che venga spenta la centrale di Brindisi, che venga avviato il decommissioning, smontato l’impianto e vengano bonificati i terreni».

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