Una vita passata a prendersi cura dei bambini: il pediatra Tramacera in pensione contro la sua volontà

Il dottor Giuseppe Tramacera mentre visita uno dei suoi piccoli pazienti
Il dottor Giuseppe Tramacera mentre visita uno dei suoi piccoli pazienti
di Antonio SOLAZZO
6 Minuti di Lettura
Domenica 27 Agosto 2023, 05:00

Non solo un “semplice” medico ma, più in generale, un vero punto di riferimento a Brindisi per generazioni e generazioni di famiglie e bambini.

Le ultime visite per l'Asl

Mercoledì 23 agosto è stato l’ultimo giorno di lavoro per il pediatra Giuseppe Tramacera che, al compimento del suo settantesimo compleanno, ha ricevuto la comunicazione della pensione dall’Asl nonostante la sua volontà di continuare a svolgere le sue mansioni per altri due anni usufruendo del decreto Milleproroghe. Una decisione forse inaspettata e che, alla luce delle difficoltà presentate soprattutto negli ultimi anni dalla sanità pubblica, risulta ancora più difficile da comprendere: si tratta di una questione prettamente burocratica che, però, si scontra fortemente con la crescente carenza di medici che da troppo tempo colpisce il territorio brindisino e pugliese.

Un riferimento per tutti

Contraddizioni, insomma, che mandano “forzatamente” in pensione una vera istituzione della medicina presente nel capoluogo adriatico, diventato un riferimento per le migliaia e migliaia di genitori grazie alla forte empatia creata con loro e con i loro figli. Sempre umile e con l’idea costante di mantenere un profilo basso, ha dichiarato a più riprese di non volere particolari celebrazioni e ringraziamenti soprattutto perché il suo operato è totalmente spassionato e spontaneo: «Pediatra si nasce.

Pediatra una volta, pediatra per sempre, sia nella testa che nel cuore», racconta ai nostri microfoni visibilmente emozionato il dottor Tramacera.

I primi passi nella professione

«La mia passione per questo lavoro nasce da mio padre che era medico: aveva lo studio sotto casa, su via Saponea, così io a quattordici anni scendevo per iniziare a capire le prime dinamiche. Intorno a quell’età ho iniziato a fare le prime medicazioni con lui, eravamo perennemente insieme e fin da subito ero davvero sicuro di voler fare il pediatra. A dimostrazione di questo, quando ero al terzo anno di medicina sono entrato come volontario in clinica pediatrica (perché all’epoca non c’erano i concorsi e si accedeva in questa maniera) per iniziare a respirare da studente quella realtà che poi sarebbe stata la mia, il mio futuro. Una volta specializzato sono stato prima in ospedale, sia a Brindisi che a Mesagne, per poi trasferirmi in ambulatorio, nel mio studio che dal 1983 è sempre stato su via Duomo. Da qui sono passate veramente generazioni e generazioni di bambini, ce ne sono per esempio diversi che sono diventati ottimi medici. Uno di questi, specializzato endocrinologo, ha sempre avuto il piacere di comunicarmi i suoi risultati universitari esame dopo esame e questa è certamente una cosa di cui vado molto fiero», prosegue.

Il periodo del Covid

L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid-19 ha messo a dura prova l’intera equipe medica e ha portato difficoltà e periodi molto bui che ora, fortunatamente, sono alle spalle: «Parto dal presupposto che la classe pediatrica di Brindisi e del brindisino, sia nel territorio che negli ospedali, è eccellente. Il nostro gruppo Fimp poi, in questo periodo di pandemia dove non c’erano regole precise, si è unito molto, siamo stati l’uno accanto all’altro a consigliarci pur senza avere nulla di chiaro a riguardo e questo è stato un immenso conforto. Non sapevamo come e cosa fare, ma ci siamo fatti forza a vicenda a riprova di come e quanto funzioni l’intera classe pediatrica locale. È una pediatria che ha sempre funzionato sia sul territorio che negli ospedali, c’è una perfetta simbiosi tra le due: è solo così che si possono raggiungere gli obiettivi», spiega commentando le pesanti difficoltà avvertite durante gli anni del Covid.

Gli altri interessi

Oltre alla medicina, nella vita del dottor Giuseppe Tramacera c’è sempre stato spazio per lo sport e per la politica. «Ho cominciato a giocare a calcio, mi sono divertito molto e me la cavavo anche: ho trasmesso questa passione ai miei figli perché uno è tifosissimo del Milan (come il padre) mentre l’altro gioca a pallanuoto. Seguo invece la pallacanestro fin da ragazzo e credo sia una cosa che dobbiamo tenerci stretta perché rappresenta una vera eccellenza presente a Brindisi. Si tratta veramente di un enorme vanto per la città, credo che la famiglia Marino stia facendo un lavoro eccezionale e spero che rimanga il più a lungo possibile al comando di questa squadra. Per quanto riguarda invece la politica, mi è dispiaciuto non averla mai potuta praticare in prima linea perché lo studio mi ha sempre impegnato tanto e tutt’ora continua a impegnarmi: la politica mi è però sempre piaciuta, era una passione dovuta all’amore che provo per questa città sotto tutti i punti di vista. Ritengo che ognuno di noi si debba impegnare per dare il proprio contributo a Brindisi, questa è un’esortazione che vorrei fare ai tantissimi bravi cittadini che non vogliono esporsi e di cui invece tutti abbiamo bisogno. Solo così c’è cambiamento, questo si può ottenere grazie alla partecipazione attiva in relazione a quanto una persona può dare per il suo territorio. L’imperativo però deve essere uno: dare senza ritorno. È la base», spiega.

I riconoscimenti

La forza del suo ambulatorio e della sua professione però, come da lui stesso sottolineato, va divisa tra tutte le componenti: «Devo dire due cose sul mio studio. È andato avanti senza dubbio per la mia presenza e per la mia dedizione, ma i meriti principali vanno a due persone: mia moglie e Renata. Mia moglie si è sempre interessata a tutto pur senza figurare mai in prima persona, con lei c’è un amore tutt’oggi molto forte e che dura da quarantatre anni, mi diceva sempre di lavorare e che a tutto il resto ci avrebbe pensato lei. Renata invece è più che un’assistente, mi ha snellito notevolmente il lavoro: con lei non c’è bisogno di parlare, basta guardarci per capire cosa fare. Questo trinomio è stato il segreto vincente del nostro studio, c’è sempre stata accoglienza, non si è fatto solamente il medico ma si parla con i pazienti, raccogliendo anche le problematiche e le situazioni di malattia di una famiglia».

Non un addio

Sul futuro, sono pochi i dubbi: «Io dico sempre una frase: quando uno fa il pediatra, lo fa per sempre. Si tratta di una specializzazione specifica per alcune persone, fare il pediatra ti resta dentro la testa e dentro al cuore. Sul futuro tengo a rimarcare che obiettivamente mi sarei aspettato qualcosa di diverso approfittando di una legge - il decreto Milleproroghe del febbraio 2023 - che permette di fare domanda per lavorare per altri due anni. L’accettazione dipendeva dalla Puglia, ma devo dire che si tratta comunque di una decisione giusta perché bisogna seguire una graduatoria regionale. Inoltre, anche io sono stato giovane, quindi è giusto dare spazio ai giovani meritevoli. Io continuerò comunque a essere qui, come ho detto a tante mamme e a tante famiglie a me care, continuerò a fare questo lavoro fino al giorno in cui mi sveglierò la mattina e penserò di non avere tanta voglia di andare in studio. Quel giorno Giuseppe Tramacera chiuderà. Ma quel giorno è ancora molto lontano.

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