Melucci, il primo anno da sindaco a Taranto:
«Tanto fango su di me, ma sono più forte»

Melucci, il primo anno da sindaco a Taranto: «Tanto fango su di me, ma sono più forte»
di Giovanni CAMARDA
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Domenica 1 Luglio 2018, 19:23 - Ultimo aggiornamento: 20:03
Rinaldo Melucci un anno dopo l'elezione a sindaco di Taranto. Meglio, un anno e un giorno. Era il 29 giugno del 2017 quando veniva ufficialmente investito del ruolo, dopo la vittoria al ballottaggio sulla candidata civica Stefania Baldassari sostenuta da una coalizione di centrodestra. Oggi l’occasione per un primo parziale bilancio, al netto di vicende di contorno sulle quali saranno altri a parlare e a giudicare. «Come è stato quest’anno? Pesante. E intenso. D’altro canto sapevo che avremmo dovuto affrontare un compito molto impegnativo dopo una lunga fase di immobilismo. Nello stesso tempo ero consapevole di dover pagare qualcosa in termini di abitudine al ruolo di personaggio pubblico».
L’Ilva è stata ed è, inevitabilmente, la madre di tutte le questioni sulla quale lei ha progressivamente mutato atteggiamento. Perché?
«Perché sono cambiate le condizioni, non io. Partivamo da una posizione di irrilevanza rispetto ai tavoli decisionali e questo mi ha spinto a uno scontro anche rude con il Mise. Poi le cose sono mutate ed è mutato il mio atteggiamento».
In che senso?
«Io chiedevo sostanzialmente due cose: di avere voce in capitolo dopo che non eravamo stati minimamente presi in considerazione, per esempio, nella scelta dell’aggiudicatario. E chiedevo anche la maggiore tutela possibile dal punto di vista ambientale. Questo era alla base del nostro ricorso al Tar, più articolato rispetto a quello della Regione, e questo era il nostro percorso al quale altri si sono accodati per fini strumentali. Quando mi sono accorto che l’atteggiamento di Roma nei nostri confronti era cambiato, ne ho preso atto».
E si è avvicinato all’ex ministro Calenda...
«È vero, con Calenda ora sono in sintonia, umana e politica. Veniamo entrambi dal mondo dell’imprenditoria, abbiamo un modo simile di ragionare sulle cose».
Per molti la mossa potrebbe essere propedeutica ad una sua scalata politica. Ci pensa davvero?
«Questa oggi non è una mia ambizione, non so se avrò un futuro politico. Mi interessa solo avere un dialogo con chi può aiutare la mia città a crescere. Non c’è altro dietro, non ci sono accordi sottobanco tra me e Calenda, è un’intesa alla luce del sole».
E con Emiliano, c’era qualcos’altro oltre alle legittime divergenze maturate sul caso Ilva?
«Per me il rispetto viene davanti a tutto, se non c’è quello non ci può essere rapporto di alcun tipo. Questa per me è stata una vicenda anche dolorosa a livello umano e politico. Non ci sono margini per ripensamenti, quindi vado avanti per la mia strada. Tra me e lui ci potrà essere solo lealtà e correttezza istituzionale».
Un anno dopo il suo insediamento, la giunta che guida è già cambiata. Cosa è successo?
«Diciamo che il cambiamento è datato, mi sono subito reso conto che la coalizione creata a tavolino dai partiti non era del tutto affine al mio modo di essere e di fare. Di conseguenza c’è stata un’evoluzione naturale che ha portato a quello che si vede oggi».
Cioè una maggioranza a 18. Non siete pochini?
«Sì, può darsi. Però almeno siamo coesi e con un programma pienamente condiviso. Non escludo che altri possano avvicinarsi a questo modello, se c’è sintonia sul programma saranno i benvenuti. E mi aspetto anche che una parte di opposizione, la più responsabile, non si tiri indietro sui temi che possono migliorare la vita dei tarantini».
Cosa non ha funzionato con il Gruppo indipendente?
«La guerra intestina è cominciata già durante il ballottaggio, non mi sentivo a mio agio per una serie di ragioni e per una concezione della politica distante da me».
In quella fase è maturata anche la rottura tra lei e Walter Musillo. Che cosa è successo?
«Non una questione personale, come qualcuno ha voluto adombrare. Solo una distanza abissale sul modo di intendere la politica: io non mi farò mai piegare da interessi particolari. Quello che vale è solo il bene della città».
Il prossimo passo sarà la sfiducia verso i tre presidenti di commissione del gruppo indipendente?
«Quella, evidentemente, è una prerogativa del consiglio comunale. E comunque sì, non lasceremo posizioni di tale importanza nelle mani di chi sta all’opposizione».
Che cosa ha sbagliato in questo anno da sindaco?
«Credo di aver commesso errori legati soprattutto alla mia inesperienza politica, ci sono stati momenti in cui ho accusato qualche disagio per attacchi di basso profilo da parte di omuncoli senza arte né parte. Ma un anno dopo sono molto più forte da questo punto di vista. Ho una corazza che prima non avevo».
Le due municipalizzate, Amat e Amiu, sono prive di consiglio di amministrazione. E i lavoratori sono preoccupati...
«Ma ci siamo quasi. I termini del nuovo avviso si sono chiusi e nel giro di una settimana avremo una nuova governance per poter ripartire da dove ci siamo fermati».
Chiamerebbe di nuovo Fazioli per Amat?
«Assolutamente sì. È un manager di assoluta eccellenza che ha dimostrato ovunque il suo valore».
Ma ha delle vicende giudiziarie sul groppone. Non pensa ci potessero essere soluzioni più limpide da proporre e senza il rischio di complicazioni di quel tipo?
«Io non conoscevo personalmente Fazioli, sapevo e so solo che si tratta di un manager di altissimo livello che ha guidato società quotate in Borsa. E ai grillini di Taranto, che tanto lo hanno attaccato, vorrei segnalare che Fazioli è stato anche consulente di Beppe Grillo. Inoltre per uno che segue professionalmente così tante di aziende di alto livello si può mettere in conto anche di dover affrontare vicende poco piacevoli. Ma, in ogni caso, bisogna poi vedere qual è l’approdo finale di quei processi».
Riprenderebbe anche Tagliente all’Amiu?
«Sicuro. Tagliente stava lavorando benissimo, in pochissimo tempo aveva già prodotto risultati importanti. Stava mettendo mano al piano industriale, alla pianta organica, stava ridando slancio alla nostra municipalizzata per l’igiene urbana».
Ma era anche, indirettamente, dipendente di Albanese, patron della Cisa, cioè dell’azienda alla quale il Comune di Taranto si rivolge per lo smaltimento dei rifiuti. Anche questa, obiettivamente, una situazione border line. Non crede?
«No, non sono d’accordo. Intanto, se dovessimo adottare questo metro, la stragrande maggioranza dei manager italiani resterebbero a casa, considerato il sistema di corporation che regge le imprese italiane. Quando lo abbiamo preso, Tagliente non lavorava per Cisa, ma per altra azienda. In ogni caso, a me interessa solo valutare quello che un mio manager produce, se fa bene o se fa male. Invece c’è stato chi ha strumentalizzato la cosa per mero tornaconto personale, senza privilegiare l’interesse della città, cui premeva soprattutto avere un’Amiu efficiente. Come Tagliente stava dimostrando di poter fare».
Dalla sua maggioranza qualche spiffero ogni tanto arriva: non ci coinvolge, fa tutto da solo, apprendiamo le notizie dai giornali. Non li ha trattati benissimo, finora...
«Il problema, fondamentalmente, è uno: voglio fare, ho fretta di fare, non possono perdermi in bizantinismi tipicamente politici anche perché non sono un politico ma un imprenditore. Per cui, se devo stare a fare riunioni su riunioni per approdare a nulla, preferisco bypassare e andare avanti. Ora però le cose stanno cambiando perché ho attorno una maggioranza più coerente con il mio modo di pensare, quindi ci sarà sicuramente più dialogo su tutto».
Ha avuto qualche incidente di percorso anche con il mondo dell’informazione: giornalisti esclusi dalle conferenze stampa e dalla mailing list del Comune, rapporti a volte tesi, scontri ripetuti. Non pensa di aver esagerato?
«No, per niente. Io so dialogare e so accettare le critiche. Quello che non accetto è l’attacco strumentale, il gossip, la polemica fine a se stessa, la volgarità. Esigo rispetto per la mia vita privata. In un anno ho ricevuto palate di fango ed è chiaro che con questa gente non voglio avere nulla a che fare. Ovviamente, ogni mia decisione è stata correttamente comunicata all’Ordine dei Giornalisti che ha compreso la ratio di certe scelte».
Non teme che queste epurazioni possano diventare un boomerang?
«Ma no, assolutamente. Credo ci sia anzi necessità di alzare l’asticella della qualità anche nei rapporti con il mondo dell’informazione e mi rendo conto ogni giorno di più che la parte migliore della città è con me».
Se le avessero predetto come sarebbe stato, avrebbe accettato lo stesso di fare il sindaco?
«Sì, per una sola ragione: ho tre figli piccoli ai quali sento di dover dare un futuro migliore, in una città migliore».
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