Dal mare spunta un esemplare raro: il “pesce remo” dagli oceani in riva allo Jonio

Dal mare spunta un esemplare raro: il “pesce remo” dagli oceani in riva allo Jonio
di Raffaele CONTE
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Giovedì 18 Agosto 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 08:36

Tanti lo chiamano Re delle Aringhe, altri semplicemente “pesce remo”. Diversi lo indicano come pesce serpente o pesce sciabola; dalle parti joniche e lucane lo chiamano anche pesce cinghia. Normalmente, vive negli abissi oceanici ed è raro avvistarlo nel Mediterraneo. Sta di fatto, che, nei giorni scorsi, due appassionati di pesca, Giandomenico Capodiferro di Laterza e Giovanni Torcivia di Taranto, ne hanno catturato uno della lunghezza di due metri.

Un esemplare raro

Erano sulla battigia demaniale di Metaponto, a un tiro di schioppo da Marina di Ginosa. Con le rispettive canne, dotate di esche artificiali, si auspicavano una giornata fruttifera. All’improvviso, il filo della canna di Capodiferro si tese all’inverosimile e da qui ebbe inizio un’insolita avventura. In un primo momento entrambi ritennero che fosse un pesce cinghia, nei giorni successivi, invece, ebbero la conferma che si trattava del pesce remo. Questo pesce vive abitualmente negli abissi oceanici tra i 300 e 1000 metri.

Non se ne vedono molti in superficie; ma ogni volta che vengono avvistati lasciano dietro di sè una scia di mistero.

La forma simile a quella di un serpente marino, le grandi dimensioni e la strana pinna dorsale rossa che corre lungo tutto il corpo, lo fanno assomigliare a un animale mitologico. Deve il suo nome alle pinne, che assomigliano a remi, da cui il nome inglese "oarfish". E’ considerato uno degli ossei più lunghi al mondo, giacchè può raggiungere 17 metri. Un pesce di questa lunghezza sembra più un mostro che un pesce normale, quindi vale la pena saperlo. Non è un animale pericoloso ma, poiché rimane quasi sempre nelle profondità, non si sa molto di lui. Sono in grado di viaggiare in superficie quando sono vicini alla morte o troppo malati e sono spazzati via dalle correnti. Il suo nome scientifico è Regaleco Glenn e appartiene alla famiglia dei regalecidi.

La pesca “miracolosa”

L’esemplare abboccato all’amo della canna di Capodiferro era moribondo. Quella mattina di buon’ora il mare aveva un moto ondoso orizzontale, dovuto all’azione di una forte corrente e vento intenso che soffiava da Taranto. Da qui, inizia il racconto di Capodiferro: «Mentre avevo la canna in mano e la lenza lanciata in acqua, ho visto il filo tendersi e vibrare. Il mulinello girava per fatti suoi. Riuscii a riprendere immediatamente il controllo ed equilibrio della situazione, grazie alla collaborazione di Giovanni. Detti corda e tirando piano piano facemmo emergere la preda. Si presentava di grossa stazza e non volevamo perderla. Con l’affiorare a pelo d’acqua constatammo un’enorme massa argentea. Si dimenava, seppure con non molta forza. La tirammo a riva, trascinandola sulla spiaggia. Dopo un po’ non si mosse più. Guardandola, pensai subito al pesce cinghia. Era presente in questi mari negli anni ‘70/’80 ed i pescatori lo stonavano colpendolo con mazze».

Il giorno dopo la straordinaria pesca, però, la sorpresa. Capodiferro, fece vedere le foto della creatura ad alcuni esperti pescatori del posto. Grande sorpresa: «Si trattava - dice Capodiferro - del Pesce Remo. Un pesce che può essere trovato con relativa facilità nelle regioni tropicali degli oceani temperati». A questo punto, l’interrogativo è conseguenziale: che ci faceva quel pesce nel mar Jonio? La considerazione di primo acchito è che il clima cambia e la biologia del mare pure. V’è da aggiungere che sul Pesce Remo nei Paesi asiatici circola la leggenda popolare secondo la quale porta male. Soprattutto dopo che dozzine di queste creature furono viste in Giappone nel 2011 prima del mortale terremoto di Fukushima.

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