Sanremo/ Basta dibattiti e politica, ora lasciateci cantare

Sanremo/ Basta dibattiti e politica, ora lasciateci cantare
di Vincenzo MARUCCIO
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Domenica 12 Febbraio 2023, 13:10 - Ultimo aggiornamento: 19:37

Sono solo canzonette ma ora, vi prego, lasciatele libere di volare. L’abbuffata nazional-politica a suon di polemiche è finita e, per fortuna, restano melodie, assoli rock e rime trap. Che ci accompagneranno per i mesi a venire, sotto la doccia, in coda al semaforo e negli stadi sold out. Finalmente, possiamo aggiungere, dopo questa maratona-marmellata condita da monologhi, messaggi, lettere, invettive e appelli declinati in bagarre e scontri politici.
Inevitabile, si dirà: se il Festival di Sanremo ci rappresenta, questi siamo noi e non si può far finta di nulla. Gli ascolti, d’altra parte, sono sotto gli occhi di tutti: picchi di share, Auditel alle stelle, record battuti. E non poteva essere altrimenti se per la prima volta perfino un presidente della Repubblica, vero superospite dell’Ariston, ha deciso di “benedire” la canzone popolare contestualmente alla celebrazione della Costituzione affidata a Roberto Benigni.

Le polemiche e la politica

Fiore all’occhiello di questa edizione, già materia per gli annali della storia della televisione.
Il problema è il resto. Il fiume in piena che, sempre più spesso, tracima da quel palco e si trasforma in polemiche social tra sociologi onnipresenti, botta e risposta tra partiti e dotte disquisizioni talk alle 8 e mezzo della sera: se la moda aiuta la libertà delle donne, se la fuga dalle scuole è il vero male dei nostri tempi, se questo è un Paese razzista al 20, al 50 o al 100 per cento e via di questo passo per le incertezze dei 15enni e il ripudio della guerra. Tutte questioni centrali che non vanno nascoste sotto la polvere, ci mancherebbe altro. Il dubbio è se le performance extra-concorso a cui abbiamo assistito dal palco dell’Ariston resistano davvero oltre lo spazio di una notte festivaliera e non finiscano, invece, nel tritacarne del tutti contro tutti che travolge ogni cosa quando si accende - inesorabile che accada - la miccia social libera e incontrollata.

Tanto più che certe “esibizioni” non sembrano più di tanto aver cambiato il corso dei dibattiti: sinceramente scritte di proprio pugno, certo, ma forse più adatte per aumentare legittimamente il numero dei followers che a scuotere coscienze prima di prendere sonno. E, soprattutto, troppo spesso destinate a finire in pasto alla peggior specie dello starnazzare di politici e opinionisti che ne distorcono le pur genuine intenzioni di partenza tirando acqua al proprio mulino e alimentando i mille rivoli delle infinite polemiche.


Ovviamente, tutto fa brodo e per il festival-maratona di mamma Rai è pur sempre oro che luccica: il minestrone si rimpolpa, i milioni di telespettatori “tirano” pubblicità e nel Paese non si parla d’altro se perfino ministri e sottosegretari sono costretti a inseguire riflessioni e proclami lanciati dal palco. 

Cosa resta a luci spente?


La domanda, come diceva qualcuno, sorge spontanea: ma è proprio necessario tutto questo profluvio di dibattito nato da un più o meno celebre ospite? Da questa mattina, spente le luci dell’Ariston, ne capiremo di più su libertà e diritti negati o non sarebbe meglio lasciar “parlare” solo gli artisti con le loro storie nascoste dentro una melodia o un giro di basso?
È il punto dirimente e un esempio può servire: se di violenze, di libertà sessuali, di amori “vietati” e di solitudini digitali sono ricche (per fortuna) già le canzoni in gara, c’era bisogno di un testimonial per accenderne i riflettori? Riascoltiamole e ci accorgeremo che rappresentano già quello che siamo, nel bene e nel male, vizi e virtù, i nostri sogni e le nostre disillusioni. Complici anche le felici scelte di un’offerta musicale festivaliera che già da qualche anno a questa parte rappresenta stili, gusti e tendenze con gli occhi ben aperti su ciò che cantano e suonano le nuove generazioni. “Il bene e il male” di Madame non sarà la “Via del Campo” dei nostri giorni, ma è pur sempre più autentica dell’ennesimo braccio di ferro televisivo sull’argomento. “Made in Italy” di Rosa Chemical è ben lontana dai capolavori di Renato Zero, ma è pur sempre meglio dell’eterno chiacchiericcio stop-and-go delle dichiarazioni riprese dalle agenzie stampa. “Splash” di Colapesce e Di Martino non avrà la genialità di “Musica leggerissima”, ma la preferiamo alla solita e noiosa elucubrazione degli esperti sul mondo un po’ sbandato che corre intorno.


Può essere che questa edizione 2023 non partorisca nuove star planetarie come i Maneskin nel 2021 né un pezzo già diventato un classico come “Brividi” lo scorso anno. Ma in fondo non cercavamo i capolavori sotto il cielo di Amadeus perché, si sa, i miracoli non avvengono così frequentemente: quando arrivano a cambiarci la vita - Domenico Modugno o Vasco Rossi, fate pure voi - è un dono straordinario. Volevamo solo canzoni da fischiettare, strimpellare e urlare: magari dividendoci tra Mengoni e Ultimo per la vittoria finale o tra Lazza e MrRain su Spotify. Le abbiamo ascoltate e ora possiamo dirlo: dentro non c’è solo “sole, cuore e amore”. Dentro c’è tutta la nostra vita: le lacerazioni sociali, la voglia di riscatto, i conflitti familiari, l’amore che salva. Lo specchio, questo sì, di chi siamo per davvero. Fatevi da parte, allora, voi che pontificate, dibattete e commentate. E lasciatele cantare. Almeno fino al prossimo Sanremo.

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