Devono restare chiuse tutte le aule, in zona rossa. Anche gli spazi degli asili nido. Il dilemma che sta dilagando tra le famiglie in queste ore punta proprio sul ritorno della didattica a distanza al 100%: non solo per le scuole superiori, come è stato fino ad oggi, ma anche per gli alunni più piccoli. Una delle maggiori novità introdotte con l'ultimo Dpcm, quello del 2 marzo scorso, riguarda proprio la chiusura delle lezioni in presenza: la “vecchia” zona rossa, quella avviata nello scorso autunno, chiudeva le classi dalla seconda media all'ultimo anno delle superiori. Solo per questi studenti, quindi, le lezioni andavano avanti online. Tutti gli altri restavano in presenza: scuole materne, elementari e classi prime delle medie.
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Le ultime disposizioni
Ora però l'allerta è cambiata: la terza ondata deve essere ridimensionata quanto prima e la presenza delle varianti, in grado di diffondersi più velocemente tra i più giovani, fa paura.
Le scuole dell'infanzia
Ma che cosa si intende per scuole dell'infanzia? Le materne comunali e statali o anche i nidi, gestiti e regolamentati dai singoli enti locali? Per individuare quali siano nella pratica i servizi educativi dell'infanzia, il Dpcm rimanda all'articolo 2 del decreto legislativo del 13 aprile del 2017, n.65, in cui si legge che i servizi educativi per l'infanzia sono articolati in nidi e micronidi che accolgono le bambine e i bambini tra tre e trentasei mesi di età, nelle sezioni primavera che accolgono bambine e bambini tra ventiquattro e trentasei mesi di eta', nella scuola dell'infanzia per i bambini di età compresa tra i tre e si sei anni di età. Quindi nelle zone rosse tutti i bambini dovranno restare a casa. E la didattica a distanza ovviamente non riuscirà a sostenere lo sviluppo dei piccoli negli asili.